Welfare

Quando l’autismo esce dal buio attraverso le parole scritte. Storia di Manuel Sirianni

“Il bambino irraggiungibile” edito da Bompiani è il libro scritto da un «un ragazzo autistico non verbale ma pensante». Uno strumento eccezionale per sconvolgere e rovesciare la nostra visione delle cose. Una lettura quanto mai attuale in occasione, il 3 dicembre, della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità

di Massimo Iiritano

«Tanti pensano che parlare e capire sono la stessa cosa, perciò ho pensato di scrivere questo libro, per far comprendere al mondo che NON PARLARE VUOL DIRE ESSERE ANIME IMPROGIONATE NEL PROPRIO PENSIERO, non significa non capire ma al contrario CAPIRE PIU’ DEGLI ALTRI E NON POTERLO URLARE ma subire ingiuste condanne fatte contro chi non si può DIFENDERE ma deve solo SUBIRE».


L’uso eccessivo del maiuscolo non è un errore. E non è neanche una discutibile scelta stilistica di un qualche raffinato narratore contemporaneo. Si tratta del gesto preciso, consapevole e determinato, di chi ha fatto della tastiera di un PC la sua unica preziosissima voce, e insieme l’arma potentissima per difendere tutti coloro che, come lui, altra voce non hanno.

«Questi caratteri maiuscoli devono servire a cambiare la vostra visione del mondo, devono farvi comprendere che il reale non è ciò che appare ma ciò che È» (p. 27).

Si tratta di Manuel Sirianni, “ragazzo autistico non verbale”; o meglio, ragazzo che ha imparato a salvare sé stesso da quella categoria omnicomprensiva che è diventata oggi la parola “autismo”, per rifugiarsi invece in quella più disperatamente precisa di “non verbale”. Manuel ha imparato ad esprimersi attraverso l’uso della tecnica della Comunicazione Facilitata, ossia appunto grazie all’uso di una tastiera e ad una “guida” che lo accompagna nel digitare: dapprima con la mano sulla mano, poi sul braccio, infine sulla spalla.

E così è nato il suo esordio letterario: “Il bambino irraggiungibile. Storia di un ragazzo autistico non verbale ma pensante”, edito da Bompiani.

Un prodigio veramente straordinario che si palesa ogni volta che Manuel “interviene” alla presentazione del suo libro, o quando, ancora prima, qualche anno fa, interveniva alle presentazioni dei libri altrui, scrivendo le proprie originalissime “recensioni”.

Ma non basta. Ciò che colpisce e sconvolge, letteralmente, nella lettura di questo preziosissimo libretto, è l’emergere deciso di una libera e determinata vocazione letteraria: Manuel ha deciso di essere scrittore, si esprime con una raffinatezza originalissima nel lessico e nella forma, ha un programma ben preciso da portare avanti: dare voce a chi voce non ce l’ha e «cambiare la nostra visione del mondo». Proprio perché, come ci ha insegnato la filosofia, «il reale non è ciò che appare ma ciò che È», il libro ha il potere di sconvolgere e rovesciare la nostra visione delle cose: laddove credevamo fosse silenzio e nulla, si agita un abisso profondissimo di sensibilità, pensieri, emozioni, che una misteriosa «prigione della volontà» costringe ad un disperato mutismo. Un muro invalicabile laddove si infrangono, come descrive lo stesso autore, tutti i suoi tentativi di urlare al mondo le proprie parole irraggiungibili.

Autismo diviene allora la parola vuota che tenta inutilmente di calare il velo sul mistero profondo della natura umana. E narrando le varie fasi del suo drammatico rivelarsi al mondo, da un’infanzia quantomai amara ad una adolescenza ancora per niente “sazia” di luce, Manuel riesce a rivolgersi ai lettori nel tono struggente della preghiera o in quello veramente toccante dell’esortazione:

«Penso che l’affetto e la cura siano l’unico balsamo di guarigione, per cui sono stato sempre desideroso di coccole e attenzioni che aiutano anima e corpo. Credo che tutti amino queste cose anche se non sempre lo ammettono, il problema sta nella difficoltà di esprimere le proprie emozioni. Se non le provassimo saremmo dei minerali, perciò non dobbiamo avvertire disagio ad esprimerle in presenza di altri. IL mondo delle emozioni è un abisso inesplorato di cui si ha paura perché attiene ad una sfera a noi ignota, immateriale. Impariamo a riconoscerle e a comunicarle! Vivremmo meglio…» (p. 123).

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