Leggi

Vi propongo: siate osservatori di pace

"Voglio proporre al governo di inviare in Kosovo ad aiutare il rientro dei profughi chi ha aderito alla marcia pacifica su Pristina"

di Gabriella Meroni

"I o vado a Pristina e a Belgrado?piace anche al governo. Forse non vedremo mai Massimo D?Alema marciare con noi in Kosovo, ma di certo un buon gruppo di componenti del suo esecutivo è dalla nostra parte. I capigruppo della Commissione Esteri della Camera, ad esempio, ci hanno voluto comunicare il loro sostegno con un messaggio esplicito: «Come deputati della Commissione Esteri e come membri del Parlamento italiano», scrivono gli onorevoli Pezzoni (Ds), Bianchi (Ppi), Niccolini (Fi), Danielli (Democratici), Brunetti (Comunisti), Leccese (Verdi), «esprimiamo il nostro più convinto sostegno all?iniziativa, perché ne condividiamo gli obiettivi». E il sottosegretario agli Esteri, la senatrice Patrizia Toia, si spinge ancora più in là. «È ragionevole ipotizzare che la vostra marcia di pace non finisca il 20 giugno. Anzi. A mio avviso la vera iniziativa comincerà dopo, a guerra finita. Ho già un?idea…».

<b>Quale, senatrice?</b>
Istituire un Corpo di pace composto da civili, volontari, persone comuni che appositamente formate si rechino nelle zone devastate dalla guerra per osservare, riscostruire e riconciliare. E sto pensando proprio ad alcuni degli aderenti a ?Io vado a Pristina e a Belgrado?.

<b>Nascerà quindi un Corpo di osservatori di pace molto speciali. È solo un?idea o qualcosa di più concreto?</b>
È una legge dello Stato, anche se poco conosciuta e poco utilizzata. E spiace dirlo, anche poco finanziata. Ma c?è e prevede appunto la possibilità per forze civili addestrate di svolgere compiti di ?facilitatori? alla convivenza. Penso nel caso del Kosovo al delicato momento in cui i profughi dovranno rientrare nelle loro case e tornare dalla vita dei campi a quella dei villaggi. Un progetto di questo genere, se ben approntato, potrebbe essere realizzato e finanziato in collaborazione con il ministero e darebbe un notevole segnale di civiltà nel solco della tradizione che vuole l?Italia in prima linea negli interventi umanitari. Spero di poterla mettere in pratica presto. Un ingrediente c?è, e siete voi, cioè tutti i partecipanti alla marcia. La pace invece, che è l?altro ingrediente fondamentale, non c?è ancora.

<b>L?Italia, e in particolare il ministero degli Esteri con la cooperazione, aveva fatto molto per l?area dei Balcani. Non sentite i vostri sforzi frustrati, se non vanificati da questa guerra?</b>
Sì, in particolare per quel che riguarda l?Albania. Era in atto da un paio d?anni, dopo la rivolta del 1997, un difficile processo di ricostruzione della società civile albanese, dell?amministrazione dei servizi, della macchina della giustizia, di tutto ciò che caratterizza una Stato che funziona. Era un grande sforzo che stavamo mettendo in campo in prima persona che però è stato, speriamo momentaneamente, travolto dall?esigenza di aiutare i profughi. L?Albania ha dato grande prova di tenuta sociale, ma il problema è rimasto, la situazione è congelata ma sarà aggravata ulteriormente quando l?emergenza finirà e si dovrà affrontare ciò che resta dell?Albania. E lo stesso potrei dire per il Kosovo, la Macedonia e il Montenegro.

<b>Come risponde a chi accusa il nostro governo di ambiguità, da un lato bombarda e dall?altro aiuta? </b>
A mio avviso non è giusto domandarsi perché abbiamo cominciato a bombardare, dal momento che lo sappiamo tutti benissimo, ma se le bombe servono davvero a conseguire gli scopi che l?azione Nato si prefiggeva: la fine della persecuzione dei civili kosovari ad opera dei serbi. In altre parole, il fatto che la guerra sia stata inevitabile non significa che non ci si chieda se così otterremo lo scopo finale. In questo senso vanno letti i tentativi italiani di arrivare al più presto a un intervento dell?Onu. L?autorità che anche il vostro appello chiama in causa e che speriamo si accorga che la sua assenza sta facendo più danni delle stesse armi.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.