Non profit

La criptovaluta del Terzo settore che rivoluzionerà le donazioni

Si chiama AidCoin è targata CharityStars e ha già fruttato tramite il pre-sale (Initial Coin Offering) 4 milioni di dollari. L'obbiettivo è creare una propria blockchain, una "rete" dove raccogliere e tracciare le donazioni in modo trasparente e senza intermediazioni. L'intervista al CEO della società Francesco Nazari Fusetti

di Lorenzo Maria Alvaro

Ad ottobre scorso una ragazza americana si è aggiudicata un faccia a faccia con Cristiano Ronaldo grazie ad un’asta di beneficenza organizzata da Charity Stars. Costo dell'operazione 55mila euro. O meglio 7 bitcoin. Questo per capire quanto siano d'attualità le criptovalute, anche nell'ambito non profit. E infatti anche il Terzo settore da oggi ne ha una propria. A lanciarla proprio CharityStars, si chiama AidCoin ed è stata messa in vendita con un'Ico (Initial Coin Offering): i donatori hanno versato bitcoin ed ether in cambio di un gettone digitale che potrà essere usato per partecipare in futuro alle aste della piattaforma.

E, in prospettiva, a qualsiasi sistema che sostenga il terzo settore. In cambio, CharityStars ha, subito, risorse fresche per crescere. E ne ha raccolte tante: in pochi giorni 4 milioni di dollari. Sono state infatti trecento le persone che hanno acquistato i gettoni tramite l'app Eidoo. Le risorse raccolte serviranno per sostenere i costi operativi ed espandere il team, ad aumentare il numero di non profit e organizzazioni di fundraising che accetteranno il token come metodo di donazione e a sviluppare nuovi servizi. L'obiettivo, infatti, non è solo una propria moneta ma anche una propria blockchain, cioè una “rete” dedicata al terzo settore dove raccogliere e tracciare le donazioni in modo trasparente e senza intermediazioni. Ne abbiamo parlato con Francesco Nazari Fusetti, fondatore e Ceo di Charity Stars.



Partiamo dal principio, com'è nata l'idea di creare una moneta virtuale?
È nata da una congiuntura di fattori diversi. In primo luogo questa estate mi trovavo a Los Angeles e ho potuto vedere questo fenomeno in anticipo. Il secondo fattore è stato leggere il bestseller di Amazon “Blockchain Revolution: How the Technology Behind Bitcoin Is Changing Money, Business, and the World” in cui ho trovato vari capitoli dedicati al non profit. A quel punto ho fatto un po' di ricerche e per tre mesi ho girato il mondo per incontrare i porgetti più importanti in questo ambito. A quel punto abbiamo capito di essere in grado di poter fare anche noi un progetto perché ne avevamo le competenze e le conoscenze. È così che abbiamo deciso di essere i pionieri italiani di questo settore.

Qual è il modello di business di AidCoin?
Come tutte le start up sarà una continua evoluzione. Quindi ciò che oggi è certezza fra un mese potrebbe non esserlo più. In ogni caso ci sarà una piccola quota sulle transazioni finanziarie che andrà a noi e, superato un certo volume di transazioni, potremmo introdurre un costo di iscrizione.

Perché il donatore dovrebbe preferire voi ai canali tradizionali?
Perché AidChain, il nostra blockchain, può esser visto come un registro pubblico rintracciabile sul web dove ogni transazione è visibile e verificabile online da chiunque. Contrariamente ad un conto corrente che è visibile al solo intestatario noi rendiamo tutto il sistema donativo trasparente

In cosa consisterà AidChain?
Sarà un interfaccia molto intuitivo e semplice, al contrario delle blockchain dedicate ai professionisti. Sarà quindi facilmente comprensibile e utilizzabile sia dai donatori che dalle piccole associazioni. Su questo interfaccia ciascuno potrà donare e ricevere donazioni. Ma anche controllare dove e come sia stata utilizzata ogni singola donazione.

Si parla anche di AidPay, che cos'è?
È uno strumento per il pagamento online. Se AidChain possiamo intenderlo come una sorta di Ebay della donazione AidPay è una PayPall dedicato alle criptovalute e al Terzo settore. Attraverso questo strumento le associazioni potranno accettare donazioni e i donatori inviare il proprio contributo.

Qualche giorno fa, parlando della crisi degli sms solidali, in un'intervista con il fundraiser Massimo Coen Cagli, veniva evidenziato come uno dei limiti più grandi delle donazioni oggi è proprio la trasparenza e il calo di fiducia. Può essere questa la risposta della tecnologia per ovviare al problema?
Noi ne siamo convinti: immaginiamo un sistema in cui una volta mandato l'sms non solo si possa vedere il percorso del denaro ma anche sapere esattamente in che progetto è stato impiegato e, step by step, a che punto della realizzazione quel progetto sia.

Fra cinque anni come immaginate sarà il vostro progetto?
Immaginiamo di essere riusciti a creare un nuovo standard. Aver in qualche modo rivoluzionato le donazioni e averle traghettate in una nuova dimensione. Pensiamo che fra cinque anni ogni associaizone oltre ad attivare un Iban e un conto corrente attiverà anche questo strumento. E poi immaginiamo tanti nuovi strumenti che abbiamo già in mente.

Ce ne può dire uno?
Certo, gli Smart Contract. Si tratta di contratti della blockchain che permettono di eseguire alcune attività se particolari parametri vengono rispettati. Per fare un esempio: immaginiamo che un'associazione abbia bisogno di 100mila euro per costruire una scuola ma, attraverso il crowdfunding, riesca a raccoglierne solo 15mila. A quel punto con uno Smart Contract si può stabilire preventivamente o che i soldi tornino immediatamente ai donatori oppure che vengano destinato ad un altra progettualità. Immaginiamo l'imòatto che un sistema come questo potrebbe avere anche nelle raccolte fondi per le grandi emergenze.


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