Salute

Un quarto dei minori italiani cresce in famiglie con seri problemi psicologici. Che fare?

Il progetto del Dipartimento di Salute Mentale della Ausl modenese “Figli in Penombra”, realizzato grazie al finanziamento dalla Fondazione di Modena, «rivolto alla riduzione del rischio che minori con genitori con disagio psichico sviluppino a loro volta un disagio», spiega la coordinatrice Rosalba Di Biase

di Laura Solieri

Si stima che fino a un quarto dei minori in Italia cresca in una famiglia dove ci sono seri problemi di ordine psicologico, anche se non necessariamente psichiatrici. La prevenzione del disagio nei figli di persone con disturbo psichico rappresenta un importante obiettivo di salute, soprattutto alla luce del fatto che i servizi della Psichiatria nel nostro Paese, ad oggi, sono strutturati in modo tale da non riconoscere adeguatamente alla persona per cui è in corso un trattamento, madre o padre che sia, anche il suo ruolo genitoriale.

In questo contesto, si distingue il progetto del Dipartimento di Salute Mentale della Ausl modenese “Figli in Penombra”, realizzato grazie al finanziamento dalla Fondazione di Modena a cui aderisce anche il Consultorio diocesano di Carpi, progetto che vede Modena tra le rare realtà italiane che affrontano questo tema in maniera strutturata (se ne parlerà nella città emiliana nell’ambito di Màt, Settimana della Salute Mentale il prossimo 20 ottobre all’interno dell’appuntamento Reti reali e reti virtuali: strumenti di resilienza a favore dei figli di genitori con disagio psichico).


«Si tratta di un progetto di prevenzione del rischio ovvero rivolto alla riduzione del rischio che minori con genitori con disagio psichico sviluppino a loro volta un disagio – spiega la coordinatrice Rosalba Di Biase, psicologa – Noi intercettiamo un target specifico, quello dei minori con uno o entrambi i genitori con disagio psichico. Attraverso i servizi della salute mentale, in particolare i Csm, facciamo l’intervento in primo luogo rivolto ai genitori e poi all’intera famiglia. Il genitore, spesso, non ha le parole giuste per spiegare la propria condizione e il figlio non riesce a uscire da questa situazione di incomprensibilità: noi favoriamo questa relazione, senza sostituirci ma potenziando i genitori affinché siano loro stessi in grado di supportare i propri figli».

I dati epidemiologici e la letteratura mostrano quanto l’intervento precoce riduca significativamente il rischio di malattia nella popolazione. I dati ci dicono che la riduzione del rischio si attesta fino al 40%, tenuto conto che, ad esempio, patologie piuttosto gravi dei genitori possono comportare un rischio aumentato di 10 – 15 volte rispetto a quello che è il rischio base che chiunque ha nella vita di sviluppare una problematica di ordine psichico.

«Tra i maggiori disagi riscontrati dai minori che vivono questa situazione – prosegue Di Biase – Sul versante esterno, capita spesso che questi ragazzi si sentano diversi e non riescano a gestire questa diversità: si chiudono e finiscono in una situazione di isolamento che può portare, all’estremo, anche a situazioni di bullismo a loro carico. Sul versante interno, emotivo, prevale in loro il senso di colpa e noi lavoriamo molto sul superare la difficoltà che si crea tra il senso di colpa del ragazzo e il genitore che sente su di sé una fortissima inadeguatezza».

Da ottobre 2019, quando è stato avviato, “Figli in Penombra” ha seguito 81 genitori e 72 minori; un progetto di prevenzione di questo tipo, con metodologia scientifica validata a livello internazionale (si rifà al finlandese Family Program), a livello nazionale è più unico che raro, fatta eccezione per l’esperienza significativa portata avanti su questo tema da diversi anni dall’ospedale Niguarda di Milano. Ci sono diverse esperienze europee che non sono solo progetti ma veri e propri programmi, quello più significativo è in Finlandia ma anche i Paesi Bassi sono molto all’avanguardia; c’è poi l’Australia dove agli interventi in questo campo si aggiunge una massiccia attività di ricerca.

Con il Covid-19 si è imposto il grande tema dell’utilizzo della rete e delle sue opportunità per continuare a fornire un supporto a queste fasce vulnerabili: «Abbiamo intenzione di aprire uno sportello online per i genitori e mettere a regime anche gli interventi a distanza che abbiamo sperimentato con buoni risultati nella fase emergenziale di lockdown – afferma Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Modena (nella foto di copertina)Non solo la rete informatica ma anche la rete reale ci interessa particolarmente, specialmente il mondo del terzo settore che rappresenta un’importante realtà con cui allearsi per offrire a questi minori un sostegno a 360 gradi. Siamo in contatto con Comip, associazione italiana fatta da figli di genitori con disagio psichico e con ME-WE, progetto rivolto ai caregiver adolescenti. Sono particolarmente orgoglioso di questa attività e la volontà è quella di operare una vera e propria attivazione dell’intera comunità al fianco dell’intervento altamente specializzato dell’Ausl».

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