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Il “patto” di volontariato che fa sentire utili i migranti

A Modena sono quasi 200 i richiedenti asilo coinvolti in numerose attività lavorative (dalla pulizia alla tinteggiatura delle scuole) grazie a un protocollo tra istituzioni, associazioni e Csv. E non mancano progetti mirati di accoglienza in famiglia, come WelcHome

di Laura Solieri

«Stamattina siamo qui a pulire, con noi ci sono un sacco di altre persone, si fa qualcosa tutti insieme, per la città». Akin parla un italiano stentato ma si fa capire lo stesso: munito di scopa, guanti e ramazza, si dà da fare nel suo giubbottino arancione fosforescente insieme a tanti altri giovani, come lui di età compresa tra i 18 e i 26 anni, provenienti soprattutto da Ghana e Gambia, giunti in Italia attraverso la Libia e il Mediterraneo. Si trovano a Modena da diversi mesi, dove frequentano corsi di italiano e hanno sottoscritto un “patto” di volontariato che consente loro di allargare la rete di relazioni e li impegna nei confronti della realtà cittadina che li accoglie: nel secondo semestre del 2016 sono stati quasi 200 i rifugiati coinvolti in attività di volontariato presso associazioni e non solo. Durante l’estate 2017, diversi di loro hanno contribuito alla tinteggiatura di alcune classi di scuole modenesi e attualmente sono coinvolti nella pulizia settimanale di aree particolari della città.

Il tema dei migranti ha sempre interessato le attività istituzionali e i progetti sociali del Centro di servizio per il volontariato di Modena che ha sottoscritto, insieme a tante altre realtà del territorio tra cui prefettura, comune, diocesi e Forum terzo settore, il “Protocollo d'Intesa per la realizzazione di percorsi di socializzazione attraverso attività di volontariato sociale, ambientale e sportivo”, rivolti a persone inserite nell’ambito di programmi governativi di accoglienza per richiedenti protezione internazionale e umanitaria nel territorio modenese. Dai primi progetti finalizzati ad eventi interculturali fino al protocollo d’intesa sono passati vent’anni di servizi del CSV in questo ambito: gli orientamenti al volontariato, le consulenze, la collaborazione all’interno di progetti di rete con le scuole e con tanti altri soggetti.

Per quanto riguarda gli orientamenti al volontariato, solamente a Modena negli ultimi tre anni ne sono stati fatti ben 60 (l'attività di orientamento si sta allargando a tutto il territorio provinciale, in collaborazione con le varie realtà che gestiscono l'accoglienza); questi vengono realizzati tenendo conto delle capacità anche linguistiche delle persone che vengono a chiedere informazioni e indicazioni sulle possibilità di servizio e spesso la presenza di un mediatore linguistico culturale è indispensabile per favorire il buon esito del colloquio, nel rispetto di tutte le culture.


In questo ambito, non mancano in città esempi di altre proficue collaborazioni che oltre a premiare il confronto e il dialogo interculturali, danno vita a inediti confronti intergenerazionali: recentemente, quattro comitati Anziani e Orti dislocati sul territorio comunale di Modena (S.Agnese-S.Damaso, Buon Pastore, Madonnina e Albareto), realtà con cui da sempre il CSV collabora, hanno partecipato al bando nazionale 2017 dell'Ancescao risultando i primi classificati in Italia con il progetto “In rete con i migranti” che, come spiega Roberto Ricchetti del comitato S.Agnese-S.Damaso, «vuol contribuire all'integrazione dei migranti nella comunità locale attraverso diverse iniziative, in un'ottica di integrazione tra generazioni e culture diverse, per un arricchimento reciproco».

Il CSV collabora inoltre con il comune di Modena e l’associazionismo locale per la realizzazione di WelcHome, progetto di accoglienza in famiglia di minori stranieri non accompagnati e minori richiedenti asilo, fuggiti verso l’Italia a causa di difficili esperienze migratorie. «In passato, abbiamo trascorso molti anni in Australia e conosciamo bene le difficoltà dei migranti a integrarsi in una realtà diversa, – raccontano ad esempio Edoardo e Pierina Burani, che hanno deciso di aprire le porte di casa a questa esperienza. – Per questo ci siamo sentiti da subito vicini al progetto e da diversi mesi ospitiamo in casa nostra Hadi, un ragazzo afgano di 17 anni che frequenta un corso di italiano al Cpia, è inserito in una polisportiva cittadina, frequenta i laboratori scolastici all'Ipsia Corni e fa volontariato».

WelcHome è aperto a qualunque famiglia, anche composta da una sola persona, e prevede un periodo minimo di accoglienza di sei mesi. Durante l'intero percorso sono previsti un contributo economico, supporto formativo, informativo e relazionale dalla rete organizzativa, costituita dalle famiglie stesse, dalle istituzioni e dalle associazioni.


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