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Azzardo istituzionale: il pasticcio del Ministero della Salute sui fondi

Una durissima sentenza del Tar ha bloccato i 50milioni che il Ministero della Salute doveva trasferire alle Regioni per la cura, la prevenzione e il contrasto dell'azzardo di massa. Che cosa è accaduto e che cosa accadrà domani, quando preso il Ministero si riunisce l'Osservatorio di contrasto al gioco? Il sistema vacilla e mostra le proprie incongruenze. Ma il momento è propizio per cambiare passo. Ne parliamo con Maurizio Fiasco

di Marco Dotti

Il 20 ottobre scorso, con una durissima sentenza il Tar del Lazio ha bloccato il finanziamento dei piani regionali per il contrasto al gioco d'azzardo. A istituire il Fondo di finanziamento era stata la Legge di Stabilità 2016 e a ripartirne i 50milioni doveva provvedere il Ministero della Salute con un apposito decreto.

Alla Lombardia sarebbero andati 8,22 milioni, al Lazio 4,81, alla Campania 4,65, alla Sicilia 4,2, al Veneto 4 e all'Emilia Romagna 3,7milioni di euro. Ma qualcosa non ha funzionato. Anzi, più di qualcosa se il Tar parla di un provvedimento ministeriale ictu oculi – cioè: già a un primo sguardo – incongruente. Che cosa è accaduto? Che cosa accadrà, domani, al Ministero della Salute, quando si riunirà l’Osservatorio per il contrasto e la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, che sul tema è organismo consultivo del Ministero?

Ne parliamo con il professor Maurizio Fiasco, già presidente di Alea, l’associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio, membro dell’Osservatorio.


Il TAR ha bocciato l’atto di ripartizione alle Regioni del fondo di contrasto all’azzardo…

I giudici amministrativi del Lazio hanno pronunciato una sentenza molto severa contro il ministero retto dall’on. Lorenzin: difetto grave di istruttoria, inappropiatezza della procedura seguita, permancata trasmissione dei Piani delle Regioni ai componenti dell’organismo consultivo, l’Osservatorio per il contrasto e la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.

Nel concreto, che cosa è accaduto?
Sulla base di un prospetto riassuntivo realizzato dagli uffici del dicastero, l’Osservatorio accettò la ripartizione dei fondi e espresse parere positivo sui piani delle Regioni. Senza poter prima visionare i documenti. Solo a seguito della sentenza del TAR ci perviene oggi la copia di ciascun Piano: e così il procedimento deve obbligatoriamente ripartire da capo.

Sta dicendo che i piani delle Regioni non sono stati analizzati?
Non si verificò – in modo analitico e negli interna corporis dei piani – la qualità della programmazione regionale. Per accelerare i tempi, il lavoro istruttorio fu demandato agli uffici e si ratificò il lavoro da questi svolto. I tecnici del ministero dovevanocontrollare la corrispondenza dei Piani alle finalità del Sistema Sanitario Nazionale e a quanto la Legge di Bilancio 2016 si prefisse assegnando i fondi.

Venne dunque espresso un parere consultivo senza leggere i documenti?
Di fatto, prima della sentenza del Tar, nessuno potè leggere i documenti delle singole Regioni (salvo i funzionari di alcune Regioni partecipanti all’Osservatorio, immagino).

Questo anche perché nella stragrande maggioranza dei casi i Piani Regionali non erano stati nemmeno resi pubblici né nei bollettini, né nella forma istituzionale, né sui siti internet… Ancora una volta, documenti pubblici non erano realmente pubblici… Abbiamo dunque delle scusanti per l’Osservatorio, ma non per il Ministero…
Ci sono due parziali attenuanti per l’Osservatorio. La prima è data dalla sua composizione. Dopo che nel 2015 venne trasferito dai Monopoli alla Salute, nell’organismo bizzaramente è stata prevista la presenza di un solo operatore clinico. E’ persino un eufemismo dire che la rete dei servizi del Servizio Sanitario Nazionale sia“sottorappresentata”. La seconda scusante è che i criteri per la procedura di approvazione erano stati scelti prima che a marzo di quest’anno fosse pubblicato il decreto sui Lea, i Livelli essenziali di assistenza. Includendo il Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) tra le patologie in carico al Servizio Sanitario, nel Decreto si formula il paradigma del paziente-giocatore d’azzardo e del riversarsi della sofferenza sulla famiglia. Insomma una visione complessa che l’Osservatorio fatica a rilevare, essendo stato composto prima che lo Stato italiano riconoscesse realmente il diritto del cittadino a essere curato per l’addiction da azzardo…
I Lea però non sono stati presi nemmeno a criterio, traccia, percorso procedurale, guida per la valutazione dei piani regionali di ripartizione del fondo da 50milioni di euro… Una schizofrenia evidente…

Da un punto di vista clinico-epidemiologico e di formulazione scientificamente corretta, nel Piano occorre rinvenire la precisa descrizione dei seguenti assi di intervento: prevenzione; diagnosi; presa in carico; terapia; assistenza.

Prevenzione è stata spesso la parola passepartout per pretendere di finanziare iniziative e campagne di comunicazione che poco hanno a che fare con la prevenzione stessa…

Andiamoci cauti: la prevenzione si colloca dentro un processo di presa in carico della persona con disturbo da gioco d’azzardo, della sua famiglia, della sua cerchia relazionale e del contesto sociale dove può verificarsi una contaminazione o un’esposizione al rischio. La prevenzione va intesa in senso clinico, con un criterio epidemiologico, mappando l’esposizione della persona al rischio di dipendenza patologica. E’ ovvio che la prevenzione debba essere strutturata sull’ambiente patogeno.

Quindi come potremmo agire in termini di prevenzione?

Nel caso dell’azzardo, in analogia con le addiction da sostanze tossiche, non si dà prevenzione senza distanziare la persona dai fattori che innescano la patologia, e quindi senza una protezione dai luoghi dove contrarla. La prevenzione richiede l’adozione di un Protocollo che renda effettivo il diritto costituzionale della salute. Nei documenti ufficiali è riportato con un acronimo: PDTA. “Prevenzione”, cioè distanziamento e non esposizione al rischio; “Diagnosi” significa inquadramento esatto della condizione di sofferenza del paziente; “Trattamento” implica la presa in carico non solo in vista della remissione del sintomo(astinenza dall’azzardo), ma ricerca del completo stato di benessere fisico, psichico e relazionale. Infine, “Assistenza”: affinché la persona che segue il protocollo terapeutico sia aiutata nella fase riabilitativa e di vita quotidiana nel suo contesto relazionale.

Torniamo alla valutazione dei piani regionali, per la quale lei, come membro dell’Osservatorio e come past president dell’associazione scientifica Alea, propone un modello…

La valutazione va condotta alla luce di concetti che hanno una loro coerenza e trasparenza istituzionale, scientifica, operativa e clinica. Giovandomi del prezioso contributo dei colleghi dell’Associazione consegnerò domattina un documento per aiutare tutti – Regioni, Ministero, Osservatorio, Servizi, Professionisti – a uscire dall’impasse. Il nostro documento indica un percorso irreprensibile per risolvere in positivo la questione. Insomma, offriamo una guida per tradurre l’importante conquista dei nuovi LEA in un’azione sistematica, sanitaria e sociale, nei territori delle Regioni. Anzi, di più: procederemo all’esame tecnico di ognuno dei venti piani. Saldando la cultura specialistica della clinica delle dipendenze d’azzardo con i portati dell’esperienza dei 67 professionisti che contiamo nelle nostre fila. L’approccio è multidisciplinare: procedure amministrative, modelli gestionali, metodologia di servizio, profilo dell’assistenza, linee di preparazione delle professionalità, partecipazione sociale e degli enti esponenziali del territorio, innovazione e ricerca. Insomma, vedremo se e in quale misura questi essenziali assi della programmazione si ritrovano espressi nei Piani delle Regioni. Non per censurare, ma per sostenere l’avvio – finalmente! – di una reale offerta di servizi qualitativamente adeguati alla drammatica epidemia da gioco d’azzardo patologico.

E tutto questo dopo la durissima sentenza del TAR?
Da questo male può venire un bene.

Perché può venire un bene?

Perché finalmente si possono esaminare i Piani Regionali in un modo corretto e correggere un vizio vistoso del sistema.

Quale?

Il vizio è aver messo la governance istituzionale sul gioco d’azzardo nelle mani del Ministero dell’Economia e delle Finanze. E così lo stesso Osservatorio, anche dopo la traslazione dai Monopoli di Stato al Ministero della Salute, ha mantenuto un profilo non appropriato, con la grottesca esclusione, per esempio, delle reali esperienze di presa in carico terapeutico presenti in Italia.

E dove sarebbe il “bene”?

Nel chiarimento – grazie anche alla sentenza del TAR – cheappunto la reale governance della questione innescata dall’azzardo di Stato deve passare dal MEF al Sistema Sanitario Nazionale e alle Regioni che hanno la titolarità di una coerente programmazione. L’azzardo è un problema prioritario di salute pubblica. Non è la risposta ambigua alla necessità di reperire risorse per la Pubblica Amministrazione. Insomma, anche alla luce di quanto affermano i giudici amministrativi, il baricentro di tutta la partita sul gioco d’azzardo deve passare dall’Economia alla Salute.

Ma non lo si vuol fare…

Ci sono fortissime resistenze perché le conseguenze sarebbero radicali. La prima è che si identifica una responsabilità civile per il cagionamento del danno arrecato alla persona dall’offerta pervasiva di azzardo. E infatti un profilo molto chiaro di responsabilità civile (dall’alto verso il basso, dall’amministrazione finanziaria all’ultimo esercente un punto di gioco) emergerà – in termini formali netti e difficilmente opponibili – subito dopo che il Servizio Sanitario Nazionale avrà formalizzato e reso esigibile il diritto soggettivo del cittadino a essere curato dal gioco. Con tale “diritto soggettivo” si coniugherà l’interesse legittimo delle comunità – anche e non solo per il tramite dei Comuni – a non subire danni nel loro ambiente di vita. Con delle vere azioni coordinate contro le patologie da gioco d’azzardo si incroceranno i piani della persona con quello di un’ecologia sociale, governata dalla rappresentanza del territorio.

Responsabilità civile di chi provoca danno (Concessionari di Stato e affini…), chiamata in giudizio di tutte le amministrazioni dello Stato che derogano a principi di tutela della salute deicittadini… La partita è grossa e si è aperta grazie alla sentenza del TAR.

A volerla giocare fino in fondo, questa partita, va a toccare anche l’intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato, Regioni e Enti locali. Perché nel documento non si menzionano mai i LEA, i Livelli essenziali di assistenza. Eppure dovevano (e comunque dovranno) invece essere il faro di tutta l’architettura del “riordino”.

Nel frattempo, domani 9 novembre, ci sarà una riunione dell’Osservatorio giochi… Che accadrà?
Mi auguro una discussione impegnata, aperta, libera. Alea, l’associazione scientifica che raccoglie la gran parte dei professionisti che in questi anni si sono occupati di patologie da gioco d'azzardo in Italia presenterà una vera e propria guida alla valutazione dei Piani Regionali. Ci auguriamo che altri si muovano con analogo contributo costruttivo. Ne potrebbe scaturire una sintesi per un modello istituzionale da cui partire e attraverso cui agire.

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