Politica

Una vocazione: guardare al mondo. Bergamo città aperta

Giro d’Italia. Il volontariato, provincia per provincia/3. Bergamo (di Andrea Vallesini)

di Redazione

La secolarizzazione che avanza investe anche Bergamo, provincia cattolica per tradizione. Ma l?educazione cristiana ha seminato bene e sono visibili i frutti di una presenza storica vivace, con influssi in quel mondo che pure ci tiene a definirsi laico e che non frequenta le parrocchie. Il volontariato bergamasco è ricco e politicamente trasversale. C?è però un fatto che più di altri lo connota: l?attenzione a ciò che accade nel mondo. «Non c?è famiglia che non abbia un emigrante nel proprio albero genealogico: questa vocazione nasce anche da qui», sottolinea con malcelato orgoglio Valerio Bettoni, presidente della Provincia. Un emigrante per famiglia, ma non è raro nemmeno trovare chi ha per parente un missionario (oggi sono 800 i sacerdoti bergamaschi nel mondo). La Caritas diocesana così non risponde solo alle povertà locali ma è presente anche in Sudamerica, Africa e Balcani con progetti gestiti in prima persona per le emergenze e, per quelli a più lungo termine, collaborando con diverse ong tra cui la bergamasca Celim. «Progetti che raccolgono sempre un ampio sostegno sia di volontari pronti a partire che economico», ricorda il vicedirettore della Caritas, don Claudio Visconti. Dal volontariato laico è nata invece un?esperienza come quella del Cesvi, ong fondata nel 1985, che è presente all?estero con una trentina di sedi e riceve donazioni da 60mila sostenitori privati. Numeri che fanno della ong una realtà di fama nazionale. «La vitalità del mondo cattolico», riconosce il presidente Maurizio Carrara, «ha costituito in qualche modo uno stimolo per i laici a organizzarsi». E poi ricorda come di fronte alle emergenze, come può esserlo una guerra, l?associazionismo bergamasco riesce a dimenticare per un po? i campanilismi e gli steccati che lo contraddistinguono: è successo prima in Bosnia e poi in Kosovo, quando una trentina tra associazioni, sindacati ed enti locali si sono messi insieme e, ognuno nel suo campo, hanno dato risposta alle domande d?aiuto che arrivavano, dall?assistenza ai profughi fino alla ricostruzione nel dopoguerra. Bergamo ?città chiusa? così è riuscita a far ottenere dall?Onu lo status di ?città aperta?, per tutte le etnie, a Kakanj (50 km da Sarajevo) che per una decina di anni è stata destinataria di un progetto di cooperazione decentrata. Il caso della Belli Lo spontaneismo è un?altra caratteristica del non profit locale. Ma in qualche caso il piccolo gruppo cresce e diventa una realtà solida. è il caso dell?Associazione Paolo Belli lotta alla leucemia, che ha compiuto dieci anni. Paolo Belli era un giocatore di pallacanestro, ucciso a 24 anni dalla malattia del sangue. I compagni di squadra e il suo allenatore Silvano Manzoni pochi giorni dopo il funerale di Paolo organizzarono un torneo di basket. Era il 1991. «All?ingresso della palestra», ricorda Manzoni, «mettemmo una cassetta per raccogliere fondi, senza sapere bene cosa ne avremmo fatto. Alla fine del torneo c?erano 15 milioni di vecchie lire». Quei 15 milioni servirono a finanziare una borsa di studio per la ricerca. In questi anni la Paolo Belli ha realizzato laboratori di ricerca e un reparto sterile alla divisione di Ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, un centro d?accoglienza e ha continuato a sostenere la ricerca. Cooperazione boom La scelta di mettersi insieme per rispondere meglio alle domande caratterizza anche la cooperazione sociale. Qui la parte del colosso la gioca il consorzio Sol.co. Nato nel 1989 dopo che le realtà storiche del settore avevano deciso di aggregarsi per scambiare esperienze e coordinarsi fra loro, oggi il Sol.co. raggruppa 32 cooperative sociali (sono un centinaio in Bergamasca), conta 1.300 dipendenti e nel 2001 ha fatturato 9 milioni di euro (che diventano 36 milioni se si conta anche il fatturato aggregato delle coop). Per il presidente del consorzio, Daniele Rota, «all?origine c?è anche lo stimolo di poter essere imprenditori di se stessi». Rota ha avviato la suddivisione in quattro consorzi territoriali «per essere più vicini alle esigenze delle diverse zone della provincia». E i numeri? Oltre il 70% delle 905 associazioni di volontariato bergamasche iscritte nel registro regionale operano nell?ambito socio sanitario. Ma è eccezionale la presenza pure sul fronte della protezione civile, grazie agli alpini ma non solo. Il sito del Centro servizi di Bergamo è www.csvbg.org Andrea Vallesini


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