Cultura
Il Festival di Berlino diventa gender neutral
Per la prima volta un festival cinematografico assegnerà premi «alla miglior interpretazione protagonista e non-protagonista» senza distinzioni di genere. «Non separare più i premi nella professione di attore secondo il genere sessuale è un segnale verso una maggiore consapevolezza di genere nell'industria cinematografica», hanno spiegato i curatori del festival Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian; è davvero così?
di Luca Cereda
Svolta no gender per il Festival di Berlino: dalla prossima edizione saranno aboliti i premi al migliore attore e alla migliore attrice per sostituirli con migliore ruolo protagonista e migliore ruolo secondario, assegnati ciascuno su base neutra rispetto al genere. È la prima volta assoluta che succede in un festival cinematografico. «Non separare più i premi nella professione di attore secondo il genere sessuale è un segnale verso una maggiore consapevolezza di genere nell'industria cinematografica», hanno spiegato i curatori del festival Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian.
«È una decisione storica: finalmente si abbattono le barriere di genere, uguale riconoscimento per tutti. Ma è davvero così?», si chiede Nicole Miglio, dottoranda in filosofia presso Università Vita-Salute San Raffaele in collaborazione Università degli Studi di Milano e affiliata all’Interfaculty centre for gender studies (Unisr).
La Berlinale 2021 fa la storia, come leggere la decisione?
Questa novità della Berlinale 2021, che si terrà in presenza dall’11 al 21 febbraio dell’anno prossimo con speciali misure di sicurezza dovute alla pandemia di coronavirus. Tra i premi ci sarà anche un nuovo riconoscimento, l’Orso d’argento Premio della giuria. La Giuria Internazionale del concorso assegnerà quindi i seguenti otto premi: Orso d’oro per il miglior film (assegnato ai produttori del film), il Gran Premio della Giuria dell’Orso d’Argento, l’Orso d’argento per il miglior regista, il Premio della giuria Orso d’argento, l’Orso d’argento per la migliore interpretazione protagonista, l’Orso d’argento per la migliore interpretazione non protagonista, l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura e infine l’Orso d’argento per l’eccezionale contributo artistico.
«La doppia categoria (sia per gli attori e le attrici protagonisti che non protagonisti, n.d.r.) obbligava a riconoscere almeno un protagonista donna», sottolinea la dottoressa Quella del cinema è un’industria in cui la disparità tra uomo e donna è ancora un tema, come in quasi tutti gli ambiti della produzione artistica e del lavoro in generale. «Viene da chiedersi allora: è davvero una mossa sensata instaurare la categoria gender neutral? A chi giova»?
Così si annulla la disparità tra uomo e donna nel mondo del cinema?
Se sulla carta questa scelta del prestigioso festival del cinema sembra una passo avanti verso un riconoscimento paritario della performance “in sè” slegandola dal genere, al vaglio dei fatti «molte analisi mostrano che le cose non stanno proprio così. Le condizioni materiali modificano la possibilità di lavoro, le discriminazioni di genere sono una triste realtà, l’appartenenza a un genere – o a un altro – influisce sulle chances di successo», spiega Miglio, che è anche membro del seminario e collettivo transfemminista queer CONTRA/dizioni (Unimi).
Un caso-studio lo fornisce la pandemia: le selezioni 2020 alle ENS (ècoles normales supérieures) hanno visto decollare (con punte del +10%) la schiera delle candidate ammesse: «Cosa è successo? Quest’anno, causa covid-19, niente esami orali. Le prove anonime e scritte hanno modificato il rapporto tra le donne e gli uomini ammessi. È giusto garantire per regolamento che non-uomini debbano vincere? Sì, lo è. Perché troppo spesso succede che le donne siano un po’ meno degli uomini: un po’ meno brave, un po’ meno pagate, un po’ in numero minore».
Abolire il genere non elimina le disparità esistente tra uomo e donna
Quella di genere, infatti, è una categoria potenzialmente liberatoria ma al contempo difficile da maneggiare: «È una categoria esplosiva, che potrebbe sì rivoluzionare il nostro modo di vivere la nostra vita e il nostro corpo, ma anche scoppiarci tra le mani e riportarci esattamente al punto in cui il neutro è identificato, surrettiziamente, tacitamente e implicitamente, con l’uomo cisessuale (La cisessualità si ha quando il sesso nel quale una persona si identifica coincide con il suo sesso biologico, quello che si ha nel momento della nascita, n.d.r.)».
Obbligare una giuria a riconoscere l’eccellenza di almeno una candidata donna è ancora una mossa necessaria per garantire la visibilità e il riconoscimento del lavoro femminile. Ne dobbiamo essere soddisfatti? «No. Ed è da ingenui sostenere che sussiste una reale parità di genere. Quindi sì, abbiamo ancora bisogno delle "quote rosa". Anche nel cinema», conclude Miglio che lancia anche un suggestione e perché no, una proposta: «Questo non deve naturalmente portare a una marginalizzazione di individui che non si riconoscono nel binarismo di genere. Semmai, un’autentica inclusione dovrebbe darsi nel proliferare delle possibilità, e non nel restringimento delle risorse: perché non aprire una terza categoria gender neutral?».
foto: Getty
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