Mondo
Becchetti: «Draghi? È un civil servant prestato alla politica»
In tanti, dopo la lectio magistralis di apertura al Meeting di Rimini, guardano all'ex Bce per un futuro in politica. Ma secondo l'economista romano «svolgerà sempre il ruolo di tecnico e non di capo partito. Viene dalla scuola dei Gesuiti dove ha imparato lo spirito della “tribù”, quello di dare una mano e cercare di contribuire al progresso del Paese»
L’ex presidente della BCE, Mario Draghi, ha pronunciato martedì il discorso inaugurale al Meeting di Rimini, il tradizionale raduno estivo di Comunione e Liberazione. Ha parlato della crisi di questi mesi e di come se ne potrà uscire, tra le molte difficoltà che ci saranno, con ragionamenti e suggerimenti che sono stati molto apprezzati e commentati. In particolare, Draghi ha parlato dell’esigenza di investire nella scuola e nell’istruzione, nella formazione dei giovani: «Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani» ha detto, «è nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre». Il commento dell'economista Leonardo Becchetti.
Il discorso di Draghi è stato accolto come rivoluzionario. Il tema dei giovani e dell'istruzione però è sempre stato un classico cavallo di battaglia da campagna elettorale, ben prima della pandemia. Perché sta facendo scalpore?
Perché siamo un paese provinciale e superficiale. Che crede ancora che i problemi politici possano essere risolti dal fuoriclasse, dal deus ex machina, dall’uomo solo al comando. Draghi è un fuoriclasse e una risorsa per il paese e non finiremo mai di ringraziarlo per il famoso “whatever it takes” che fece nascere la nuova BCE che oggi tiene in piedi tutto il sistema nella crisi della pandemia. Il discorso di Draghi, non poteva essere altrimenti, è fatto di cose di buon senso ma che tutti sappiamo (la differenza tra debito buono e debito cattivo, l’importanza di investire in istruzione e infrastrutture). La vera difficoltà è governare in concreto gli italiani e provare a realizzare queste cose sotto il fuoco incrociato di opposti estremismi e una schiera di leoni da tastiera in veranda. Il caso più clamoroso sono le denunce velleitarie di opposto tenore al premier Conte e al governo sulla pandemia, che vanno da epidemia colposa a lesione dei diritti di libertà fondamentali. Le sembra possibile gestire e mettere d’accordo un Paese così? Il nostro è un paese di commissari della nazionale e di primi ministri abilissimi nella critica ma molto meno di cittadini attivi che si sporcano le mani e provano a dare una mano a cambiare.
Questa esposizione di Draghi come va letta in chiave politica?
Draghi per quello che conosco e capisco è un civil servant. Viene dalla scuola dei Gesuiti che anche io ho frequentato. Lo spirito della “tribù” è quello di dare una mano e cercare di contribuire al progresso del Paese. Per questo credo svolgerà sempre il ruolo di tecnico prestato alla politica e non di capo partito
Può essere un segnale che Giorgio Vittadini abbia detto di lui che «è un risorsa, non spetta a me dire come usarla, ma so che abbiamo un Ronaldo e non possiamo lasciarlo in panchina»?
È una buona considerazione. Non è facile trovare il ruolo ad un Ronaldo però. L’abbiamo visto nella Juventus dove tutta la squadra ruotava attorno a lui con risultati non particolarmente eccellenti nelle competizioni europee. Il problema è che ci vorrebbe un Ronaldo che si mette a disposizione di una squadra e non un Ronaldo che vuole che tutti ruotino attorno a se. Draghi ha lo spirito per farlo ma il discorso della collocazione e del ruolo non è affatto facile in questo momento.
Come anche lei ricordava Draghi ha parlato di debito buono e debito cattivo. Si sta tornando a guardare agli investimenti pubblici come a qualcosa di virtuoso dopo anni di austerity?
Il Recovery Fund (quattro volte le risorse del piano Marshall a valori attuali) è un’occasione formidabile da non sprecare. Va utilizzato per investimenti produttivi. L’indice delle nostre debolezze da questo punto di vista è lungo. Abbiamo bisogno dell’alta velocità ferroviaria al Sud, della fibra in tutto il paese (anche nelle zone meno redditizie), di aumentare l’efficienza della nostra rete idrica (che perde quasi la metà dell’acqua che trasporta). Questi sono solo alcuni esempi di investimenti produttivi in infrastrutture, di “debito buono” insomma. Ci si lavorerà con le proposte elaborate per il Recovery Fund che saranno discusse in sede interministeriale a Settembre
Il discorso sul debito cattivo riguardava i sussidi, cui Draghi ha riservato un attacco frontale. È suonato come un attacco al Governo…
Draghi è stato molto garbato ma altri nel Paese non lo sono. È facile criticare il Governo. Siamo un Paese di esperti che vogliono insegnare al calciatore professionista come si doveva tirare il calcio di rigore dopo aver visto da quale parte si è buttato il portiere. Il senso del discorso lo conosciamo bene. Non bisogna dimenticare che gli interventi di emergenza che sono stati fondamentali per tenere in piedi il Paese durante la pandemia devono essere temporanei e non strutturali. Un malato dopo un’operazione ha bisogno di antidolorifici ma man mano che il fisico torna in sesto gli antidolorifici vanno ridotti e deve iniziare a camminare sulle proprie gambe. La cosa più difficile e delicata è stabilire quando finisce il periodo di emergenza transitorio (lo stiamo vedendo con l’evoluzione delle decisioni su CIG e licenziamenti)
I critici rimproverano all'ex Bce di aver sorvolato sul tema della finanza e su quello dell’armonizzazione fiscale. Che ne pensa?
Il tema fiscale e, più in particolare, il modo in cui verrà ripagato il Recovery Fund, è quello su cui ci giochiamo il futuro. Da una parte un progetto ambizioso che condivido dove l’Unione Europea raccoglie le enormi risorse necessarie per ripagare i soldi raccolti sui mercati per finanziare il progetto sviluppando una capacità impositiva propria in tre direzioni: border carbon tax verso i prodotti che arrivano da fuori e sono sotto i nostri standard ambientali, web tax e una piccolissima tassa su tutte le transazioni finanziarie. Dall’altra il ripiegamento su se stessa e la richiesta dei soldi ai governi che darebbe fiato ai populisti che dicono che il fondo perduto (una parte importante delle risorse del Recovery Fund) non c’è ed il conto arriverà.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.