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Terzo settore, la Toscana fa da apripista

Palazzo del Pegaso ha approvato la prima legge di attuazione “complessiva” del Codice del Terzo settore. Si tratta di un segnale importante, sul piano politico ed istituzionale. Ecco perché

di Luciano Gallo* e Luca Gori

La Regione Toscana ha approvato la prima legge di attuazione “complessiva” del Codice del Terzo settore (n. 65 del 2020, Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore toscano).

Si tratta di un segnale importante, sul piano politico ed istituzionale, che indica come la riforma del Terzo settore inizi a farsi prassi dentro i territori regionali ed a prendere vita dentro le amministrazioni territoriali. La legge regionale ha avuto un iter abbastanza lungo: annunciata dal Presidente della Regione in occasione della Conferenza regionale del Terzo settore nel febbraio 2019, il disegno di legge è stato presentato dalla Giunta in Consiglio regionale nel settembre 2019 ed è stato oggetto di una vivace discussione con le rappresentanze del Terzo settore, delle parti economiche e sociali, degli enti locali. L’approvazione, infine, è avvenuta il 14 luglio 2020 – dopo l’emergenza Covid, proprio sul finire della legislatura – con alcuni importanti emendamenti da parte del Consiglio regionale.

La legge è stata promulgata all’indomani dell’importante sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020.

Diversi i temi di interesse affrontati. Ci limitiamo ad indicare i più rilevanti.

L’iniziativa della Regione Toscana si è distinta, sin dalla sua presentazione, per il tentativo di affermare una possibile lettura del rapporto fra P.A. e Terzo settore, diversa rispetto a quella proposta dal Consiglio di Stato con il noto parere n. 2052 del 2018. Già nel 2018, in realtà, la Toscana era intervenuta con una nuova legge sulle cooperative sociali (n. 58 del 2018) e, in quella sede, aveva già recepito le novità di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento, come scandite dal Codice del Terzo settore.

Per rafforzare questa impostazione, la legge regionale individua oggi con chiarezza i presupposti in presenza dei quali Terzo settore e P.A. debbono impostare i propri rapporti lungo la direttrice rappresentata dal Codice dei contratti pubblici (se la P.A. intende «procedere all’affidamento di servizi mediante esternalizzazione e con riconoscimento di un corrispettivo, si applica la disciplina in materia di contratti pubblici»: art. 12) ed i casi in cui, invece, si deve ricorrere alle nuove forme di «amministrazione condivisa». La legge toscana, in particolare, configura il ricorso alla co-programmazione e co-progettazione come le modalità fisiologiche di relazione fra P.A. e terzo settore e richiede all’amministrazione di motivare i casi in cui ciò non sia possibile da realizzare. In tema di co-progettazione, inoltre, la legge precisa che essa può essere attivata anche «a seguito di iniziativa di uno o più enti del Terzo settore». Da sottolineare come la norma richiami l’intero spettro delle attività di interesse generale definite dalla legge statale.

La legge regionale, inoltre, al fine di favorire il ricorso alle convenzioni, chiarisce anche come intendere la sibillina espressione del Codice del Terzo settore secondo la quale è possibile ricorrere alle convenzioni con ODV e APS solo «se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato». Il maggior favore rispetto al mercato è valutato, non solo con riferimento alla convenienza economica, ma «anche in relazione ai maggiori benefici conseguibili per la collettività in termini di maggior attitudine del sistema a realizzare i principi di sussidiarietà, universalità, solidarietà, accessibilità, adeguatezza» (art. 15, c.2). Una precisazione, quest’ultima, destinata a far discutere ma che si inscrive perfettamente nella traiettoria delineata dalla Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 131/2020.

Nel complesso, quindi, la legge regionale completa la trama di regole definite dal Codice del Terzo settore, chiarendo le “connessioni” con il Codice dei contratti pubblici e precisando le nozioni ed i procedimenti di co-programmazione e co-progettazione, inserendosi nello scenario delineato dalla Corte costituzionale. Nelle difficoltà dell’ANAC di rilasciare nuove Linee guida per l’affidamento di servizi sociali, è l’iniziativa regionale che sta definendo un possibile scenario interpretativo ed attuativo: la legge toscana, infatti, non è destinata a rimanere isolata.

La legge regionale, inoltre, si caratterizza per l’attenzione rivolta al rapporto esistente fra enti del terzo settore ed altri enti senza fine di lucro, non iscritti al RUNTS (art. 4). Si manifesta così l’esigenza di non creare dei «compartimenti stagni», ma di consentire alle diverse espressioni del pluralismo sociale di creare reti e collaborazioni, pur nel rispetto dei diversi regimi giuridici dettati dal legislatore statale.

Uno sguardo è poi rivolto alle nuove forme di impegno volontario. A partire dalle discussioni sull’ammissibilità del volontariato individuale, realizzato cioè al di fuori di enti, la legge regionale codifica una serie di condizioni per lo svolgimento di questa forma di volontariato a favore degli enti pubblici, incentivando in ogni caso «la collaborazione fra il volontariato individuale ed il volontariato organizzato» e impegnandosi per favorire il consolidamento delle attività di volontariato come espressione di un ente (e non solo della volontà dei singoli). Vi è, quindi, una scelta politica di fondo – il volontariato come attività svolta essenzialmente dentro un’organizzazione – ed, allo stesso tempo, una presa d’atto delle mutevoli espressioni del volontariato del nostro tempo.

Assai rilevante è la disciplina del raccordo fra Terzo settore e Regione, attraverso l’istituzione della Consulta regionale del Terzo settore (artt. 6 e 7). Ne fanno parte i rappresentanti di organizzazioni di volontariato, di associazioni di promozione sociale, delle organizzazioni di rappresentanza della cooperazione sociale, del Forum del Terzo settore della Toscana, del CSV, dell’ANCI, delle fondazioni di origine bancaria ed altri rappresentanti degli altri enti del Terzo settore nominati dalla Giunta regionale. La Consulta svolge principalmente funzioni consultive nei confronti di Giunta e Consiglio regionale, promuove ricerche ed indagini sul Terzo settore, monitora l’attuazione della normativa in tema di Terzo settore e di rapporti fra il Terzo settore e le pubbliche amministrazioni e, infine, promuove, in accordo con la Giunta regionale, occasioni periodiche di confronto e consultazione, anche su specifiche tematiche, con gli enti del Terzo settore e le altre formazioni sociali.

L’iniziativa toscana è destinata a fare da apripista per i successivi interventi regionali e susciterà un dibattito. Sarà interessante, in particolare, seguire le vicende attuative nella nuova legislatura regionale, misurandone la capacità di trasformare sia l’operato delle amministrazioni regionali e locali sia di mutare l’orientamento del Terzo settore verso nuove forme di collaborazione.

* Avvocato, esperto di rapporti Terzo settore e pubblica amministrazione

** Ricercatore Scuola Superiore Sant’Anna – Centro di ricerca “Maria Eletta Martini”.

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