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Accogliere nella fede: la Dichiarazione ecumenica di Lampedusa

La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) e la Conferenza delle chiese europee (KEK) hanno reso pubblico un documento che ribadisce come «la protezione e l’accoglienza di migranti e rifugiati è al centro della nostra fede» e fa appello a governi e istituzioni internazionali affinché garantiscano protezione, passaggi sicuri e corridoi umanitari ai profughi

di Marco Dotti

Che cos'è

La Dichiarazione ecumenica di Lampedusa è un documento programmatico- congiunto di esponenti e leader protestanti, cattolici e ortodossi che, dal 30 settembre al 2 ottobre 2017, si sono riuniti a Palermo in un convegno internazionale ( «Vivere e testimoniare la frontiera») dedicato a migrazioni, confini e accoglienza. La Dichiarazione congiunta è stata firmata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (CCME) e dalla Conferenza delle chiese europee (CEC).

La Dichiarazione congiunta di Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) e Conferenza delle chiese europee (KEK) ricorda come la «protezione e l’accoglienza di migranti e rifugiati è al centro della nostra fede in Cristo” e fa appello a governi e istituzioni internazionali affinché garantiscano protezione, passaggi sicuri e corridoi umanitari ai profughi, ai richiedenti asilo e a quanti vivono in condizioni di vulnerabilità e di rischio per la propria vita».


Il testo della Dichiarazione ecumenica di Lampedusa

«Noi, cristiani di diversa tradizione provenienti dall'Europa e dagli Stati Uniti, ci siamo incontrati a Palermo dal 30 settembre al 2 ottobre 2017 per riaffermare il nostro impegno nell’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo. Cattolici, ortodossi e protestanti, lo abbiamo fatto ecumenicamente, attenti alle considerazioni e alle proposte avanzate da esperti e da esponenti della società civile che hanno contribuito alla nostra riflessione.

Il 3 ottobre ci siamo recati a Lampedusa per fare memoria della tragedia del 3 ottobre del 2013 quando, a poche miglia dall'isola, morirono 368 migranti. A conclusione di questi incontri e di questa commemorazione, rivolgiamo alle nostre chiese e agli organismi ecumenici in cui siamo impegnati il seguente appello.

Sorelle e fratelli, ricordiamoci sempre che la tutela del migrante e l'accoglienza del profugo e del perseguitato sono al centro della nostra fede in Cristo e dell'amore cristiano che siamo chiamati a predicare e a annunciare. Ricordiamoci che il messaggio biblico che nutre la nostra fede, riconosce al migrante e al profugo che vive in mezzo a noi diritti fondamentali che non possono essere limitati o negati per le nostre convenienze o nel nome dei nostri interessi nazionali.

Ricordiamoci che ogni muro che ci separa dal nostro prossimo e ferma chi fugge da persecuzioni e violenze, ci allontana dall'amore di Dio e dalla sua vocazione ad accogliere e proteggere, così come Lui ci ha accolto e protetto. Fratelli e sorelle, oggi noi rinnoviamo il nostro impegno a provvedere spazi di accoglienza e aiuto, spazi di sicurezza e speranza affinché le persone possano ricostruire le loro vite dopo aver sofferto le ferite della guerra, della sofferenza e della fame. Invitiamo anche i migranti a portare i loro doni, esperienze e voci per rendere più aperte e attente a tutti e tutte le nostre chiese.

Per questo ci opponiamo a ogni politica di chiusura o di spostamento dei confini per prevenire o negare l'accesso a uomini e donne che avrebbero diritto alla protezione internazionale. Per questo oggi rivolgiamo un appello ai nostri governi e alle istituzioni internazionali perché garantiscano passaggi sicuri e corridoi umanitari ai profughi, ai richiedenti asilo e a quanti vivono in condizioni di vulnerabilità e di rischio per la propria vita. Ai decisori politici chiediamo di prendere coscienza dei nuovi fattori economici, politici, militari ed ambientali che spingono alla fuga verso paesi più stabili e ricchi, e di garantire una più ampia e inclusiva interpretazione del diritto alla protezione internazionale e all’asilo.

Per questo esprimiamo il nostro sostegno a politiche di stabilizzazione e di sostegno economico a paesi che oggi non sono in grado di garantire la sopravvivenza e la crescita di tanti loro cittadini. E per questo vogliamo sollecitare le nostre chiese perché premano sui governi e le autorità per promuovere politiche più umane e aperte per i rifugiati, per costruire ponti come strumenti di solidarietà e segnali di speranza. Per questo invochiamo l'aiuto di Dio perché ci aiuti e ci sostenga nel servizio al nostro prossimo che bussa alle nostre frontiere».

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