Volontariato

Disabilità e comunicazione: un rapporto da costruire

Il gruppo speciale di lavoro "Comunicazione" del Ministero della Sanità suggerisce come la tv dovrebbe rappresentare la condizione della disabilità. Ulteriori stimoli per il contratto di

di Barbara Fabiani

E’ in via di ridefinizione il contratto di servizio Rai per un nuovo patto triennale tra azienda pubblica e utenti. Ma TUTTI gli utenti, viene ricordato da più parti. Anche dal Ministero della Sanità dove un gruppo speciale di lavoro “comunicazione” all’interno della Commissione per le politiche sanitarie in materia di disabilità, ha redatto un documento su come la tv dovrebbe rappresentare la condizione della disabilità. A questo proposito, dice il documento, la comunicazione televisiva ha più di un limite e a diversi livelli: Non riesce a “legittimare” la disabilità come una condizione possibile e reale della vita, perché la “vita televisiva” veicola soprattutto “sogni”; Non permette all’opinione pubblica di “memorizzare” tale condizione, anzi la oscura o relega in contesti specialistici, mentre basterebbe che tra il pubblico presente a un telequiz ci fosse un comune spettatore in sedia a rotelle, ad esempio. Si continua a descrivere la disabilità come un “mondo a sé” (con codici che vanno dal pietismo all’eroismo) invece che una condizione legata ad un particolare stato di salute, che in alcuni può insorgere alla nascita ed in molti altri nella terza età. E’, cioè, parte della vita comune e potenzialmente di tutti. Errori di fondo che la comunicazione televisiva commette dimenticando che, mette in risalto il documento, si tratta di “assumersi la responsabilità” – sia Rai che Mediaset– “di fronte alla rappresentazione del pluralismo, a partire da quello sociale”. “(…) le grandi querelle politiche avanzate recentemente sulla tenuta democratica del pluralismo radiotelevisivo- si legge nelle tre pagine scritte dal gruppo speciale Comunicazione – hanno totalmente ignorato che esiste tuttora, e da molto tempo, un pesante oscuramento del pluralismo sociale effettivo, che non pare per nulla intaccato dal minimo di vincoli normativi esistenti”. A questo riguardo la proposta operativa rispetto al contratto di servizio Rai è di una riscrittura concreta dell’articolo di riferimento sugli obblighi della concessionaria circa i temi della disabilità, obblighi attualmente limitati ad un approccio tecnico di fruizione (ad esempio sottotitoli o commenti via radio dei film) inserendo un vincolo riguardo ad una rappresentazione adeguata della disabilità. Altro suggerimento è un nuovo patto tra utenti di pubblicità e Agenzie di comunicazione : “Siamo consapevoli che vendere dei prodotti spesso significa vendere attraverso un immaginario in cui la disabilità potrebbe non essere la chiave più adatta – ammette Renato Salvicchi, coordinatore del gruppo di lavoro e già autore di programmi radio e tv – Ma sono più che sufficienti segnali indiretti e singoli elementi, in alcune possibili occasioni, per far passare all’opinione pubblica un’idea profondamente differente della disabilità”. Un esempio da cui partire per elaborare questa strategia è una nota pubblicità di un automobile di lusso la cui perfezione era sottolineata accostandola a piccoli difetti fisici di, per altro, belle modelle. “E’ un modo ironico ed efficace per far passare anche l’idea che la bellezza contempla anche i difetti e che la perfezione non “umana””, conclude Salvicchi.


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