Non profit

Flavio, Gianluca e una domanda: dove va oggi un ragazzo minorenne un sabato sera senza consumare qualcosa?

Nella loro tragedia non sussistono «responsabilità genitoriali», ha detto il procuratore di Terni, i due giovanissimi erano ragazzi amati e accompagnati in modo presente dalle loro rispettive famiglie. Resta la domanda: come può un ragazzo, in balìa di un disagio adolescenziale da gestire, rispecchiarsi e trovare le vere risposte nei modelli veicolati dal trap, o da youtuber famosi, influencer, ospiti di reality e salotti televisiv?

di Simone Feder

Due amici giovanissimi Flavio e Gianluca, morti nel sonno dopo aver assunto una qualche sostanza (nella foto il funerale). Amici per sempre, che se ne sono andati e non torneranno più, rapiti da una curiosità per il proibito che ha spezzato per sempre le loro giovani esistenze. Una curiosità priva delle necessarie malizie, dei fondamentali parametri di conservazione della specie, di paletti che stabilissero il confine entro il quale spingersi.

Stroncati da una sostanza sconosciuta che nemmeno cercavano, inconsapevoli dei rischi e della spregiudicatezza di un mondo che non guarda in faccia a nessuno, che non fa prigionieri ma solo vittime.

Sono stati molti gli opinionisti che in questi giorni si sono espressi, diffondendo qua e là alcuni loro pensieri, inevitabile chiedersi se basati su esperienze, riflessioni, incontri oppure su inviti, richieste, gettoni di presenza e necessità di apparire… In pochi hanno però ragionato cercando di guardare oltre, alzando l’asticella senza limitarsi a giudizi ma cercando di addentrarsi nella necessaria profondità per capire.

Come ben sottolineato dal procuratore di Terni, in questa tragedia non sussistono «responsabilità genitoriali», i due giovanissimi erano ragazzi amati e accompagnati in modo presente dalle loro rispettive famiglie, appartenenti a contesti sociali stimolanti e cresciuti con valori profondi. La mamma di Gianluca, riferendosi al giovane pusher indagato per la morte del figlio, ha pubblicamente ammesso: «Cristianamente, lo perdono».

Questi giovani sono figli di questo mondo, dei nostri tempi, di una società costruita negli anni che dovrebbe prima di tutto tutelarli e dar loro solide basi valoriali e positivi modelli a cui aspirare, con cui confrontarsi nel difficile periodo dell’adolescenza.

Si è molto parlato di questo genere musicale tanto in voga negli ultimi anni, la trap, che spopola nella playlist giovanili, e non solo, ingannando i nostri ragazzi con promesse irreali di successo facile e immediato accompagnato spesso dall’uso di droghe come correttivo ad un disagio sociale e personale evidente e continuo. È spesso questo che attira i giovani fruitori di questa musica, l’enfatizzazione della trasgressione come unica risposta ad un mondo ingiusto e ostile, la rabbia per la pesantezza del proprio contesto sociale e per le difficoltà personali spesso vissute come ingiuste e insormontabili. Tutto questo accompagnato dalla celebrazione del consumismo fine a se stesso, di un lusso fatto di brand e serate estreme, dell’ignoranza ostentata e portata come stile di vita da seguire.

È uno stile di vita spesso ripreso anche da youtuber famosi, influencer, ospiti di reality e salotti televisivi: vuoto, superficiale, effimero, senza nessuna previsionalità futura o progettazione a medio/lungo termine, costellato di relazioni che durano il tempo di un’estate e di ricerca di un’immagine fisica modificata e lontana da ogni realtà.

Come può un ragazzo, in balìa di un disagio adolescenziale da gestire, rispecchiarsi e trovare le vere risposte in questi modelli, in questa proposta di vita così banalizzante e irreale? Sempre più oggi i giovani cercano di rispondere ai loro malesseri, piccoli e grandi che siano, staccando la spina da un mondo che non sa offrire risposte valide e credibili, percorribili e risolutive. Li accusiamo di non voler far fatica, di non saper affrontare la vita, ma quali proposte reali offre questa società? E soprattutto, chi si impegna oggi a non focalizzarsi sul malessere ma si sforza di cercarne ed affrontarne i sintomi?

Nelle nostre città, che apparentemente sembrano tranquille, i morti per droga continuano a crescere, mentre diminuisce l’età delle vittime. La disperazione e le fatiche dei giovani non possono non aprire gli occhi verso una responsabilità collettiva, dobbiamo obbligarci a farlo, a non girare la testa dall’altra parte. Nelle nostre strutture accogliamo persone sempre più giovani devastati da sostanze, da alcuni anni alla Casa del Giovane abbiamo dovuto creare una comunità terapeutica che potesse accogliere minori polidipendenti, con un progetto di recupero costruito sulle loro esigenze e sui veri bisogni di questo delicato target. Purtroppo non basta, questa struttura è sempre piena e giornaliere sono le richieste di genitori disperati a cui non riusciamo a dare risposte concrete.

I finanziamenti e le attenzioni politiche sono spesso lontane dai giovani e dai loro stili di vita, perché richiedono una messa in discussione globale della realtà che abbiamo costruito loro intorno, prendersi carico di loro richiede prese di posizioni forti, spesso scomode e lontane dalle leggi di potere che spesso guidano l’agire decisionale di chi governa.

Dove va oggi un ragazzo minorenne un sabato sera senza consumare qualcosa? Quali alternative permette la burocrazia nella costruzione di percorsi personalizzati che sappiano rispondere veramente al disagio di ognuno? Mancano servizi e offerte veramente calibrati su un’utenza giovanile ben lontana da quella di dieci anni fa, c’è necessità di spazi aggregativi coinvolgenti dove possano coltivare relazioni sociali e amicali profonde e di spessore. Quale concetto di amicizia stiamo insegnando a vivere oggi ai giovani? Quale tipologia di rapporto con l’adulto proponiamo e ricerchiamo? Che valori stiamo vivendo e trasmettendo loro?

Solo dando risposta a queste domande credo potremo seriamente trovare la motivazione di certi gesti che ci sembrano inspiegabili. Solo mettendo seriamente in discussione il nostro ruolo di adulti e le nostre modalità di accompagnamento potremo offrire ai nostri ragazzi alternative valide e promozionali. Solo costruendo nuove proposte di senso per i nostri giovani potremo sperare che tutto questo non accada mai più.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.