Non profit

Un “Faro” illumina il cielo di Roma

Una Fondazione che ha come scopo aiutare i ragazzi difficili, ma con potenzialità. Intervista esclusiva alla presidente, Susanna Agnelli e alla direttrice, Tiziana Fattori

di Paolo Manzo

Tiziana Fattori è la direttrice della Fondazione Il Faro. Un paradiso di 4mila metri quadri nel cuore verde di Roma, una struttura creata nel 1997, che dà l?opportunità a centinaia di ragazzi con vocazioni di farle crescere, e che offre loro l?opportunità d?imparare un mestiere. Eliminando i rischi in cui possono incorrere, dato che provengono tutti da contesti sociali, famigliari o politici difficili e che hanno alle spalle storie spesso tristi. Perciò la Agnelli ha voluto far nascere la Fondazione Il Faro al cui interno vengono insegnate tutta una serie di arti e mestieri. Quelli che sempre meno piacciono agli italiani, ma che sempre sono richiesti dal mercato. All?interno della struttura c?è un laboratorio di sartoria, uno di falegnameria, uno di tappezzeria. Senza tralasciare la serigrafia, le decorazioni murali, il laboratorio di parruccheria, la scuola cucina, la pizzeria, la cioccolateria, la pasticceria e, dulcis in fundo, la gelateria. Qui dentro è davvero difficile che un ragazzo non trovi la sua strada. Chiediamo lumi a Tiziana, Susanna Agnelli, presidente della Fondazione, è un?insuperabile cicerone. Vita: Come selezionate i ragazzi del Faro? Tiziana Fattori: Abbiamo i nostri canali. I ragazzi italiani (che vengono da contesti famigliari difficili) sono segnalati da case famiglia, da altri istituti o da assistenti sociali. Sono giovani che hanno interrotto il loro ciclo scolastico, a rischio dispersione. Arrivano qui dove c’è una squadra di persone che gli fa orientamento. Poi abbiamo gli stranieri (il 70% sul totale), che ci sono segnalati da altri istituti. Funziona molto anche il passaparola tra i ragazzi e, spesso, qualcuno porta gli amici. Sanno che qui s’impara a fare il pizzaiolo, o il cuoco. E, infine, abbiamo i canali internazionali. Vita: Accogliete anche i rifugiati politici? Fattori: Certo, sono tante le tante persone che restano in Italia perché non possono rientrare in patria. Un esempio splendido è Sina, un rifugiato politico iraniano. Ho notato subito che aveva una manualità rarissima ed è stato inserito nel laboratorio di falegnameria. Ma lo stesso docente si è reso conto che aveva delle qualità su cui puntare e, così, una benefattrice gli ha pagato una borsa di studio a Venezia dove il ragazzo ha fatto un corso d’incisione. Ora è tornato e sta facendo l’aiuto docente nel laboratorio di falegnameria. È un ragazzo di grosse potenzialità. Incontriamo Sina mentre è al lavoro con un tavolo intarsiato. Lui, gentile, interrompe la sua opera artigianale e si racconta: “Sono stato tre mesi sull’isola di San Servolo, presso il Centro Europeo dei mestieri e della conservazione del patrimonio architettonico. Avevo maestri da tutto il mondo: francesi, tedeschi, italiani, inglesi. Lì ho imparato un sacco di cose da culture diverse dalla mia. Per me è stata una gran esperienza. Adesso intaglio, intarsio, faccio bassorilievi. E il mio sogno è trasmettere agli altri quello che ho imparato in Italia”. Torniamo da Tiziana. Vita: Come fate con il fundraising? Fattori: Ciò che stiamo tentando è una ristrutturazione della Fondazione. Ci siamo resi conto che, dalle istituzioni pubbliche, oltre agli apprezzamenti non abbiamo mai ricevuto finanziamenti. Perciò abbiamo deciso di rivolgerci al mondo delle imprese, anche perché sono quelle che poi assumeranno i “nostri” ragazzi. L’obiettivo è fare di ogni laboratorio un’unità indipendente. Con il laboratorio di sartoria, per esempio, abbiamo appena messo a punto un progetto che sarà sostenuto dagli imprenditori tessili campani, alla disperata ricerca di personale da assumere. Gli imprenditori offriranno le borse di studio, noi recluteremo dei ragazzi interessati ad apprendere la professione della sartoria che frequenteranno da noi un corso di 4 mesi. Poi andranno in stage e, infine, saranno assunti dalle aziende campane al termine del corso. Non vogliamo coinvolgere le imprese solo nella passiva erogazione di fondi, ma farle diventare attori attivi del Faro. Vita: E i docenti? Fattori: Ci piace molto l’idea che i nostri insegnanti siano artigiani e professionisti appena andati in pensione e che, quindi, hanno competenze aggiornate. E che vogliono sentirsi ancora attivi. Vita: Altre idee per il futuro? Fattori: Abbiamo tutta un’altra metà della struttura che vogliamo usare per raccogliere fondi e per il mantenimento della struttura: un teatro totalmente arredato, una sala musica, un cinema, un anfiteatro, i campi sportivi e la palestra. Organizzeremo dei corsi e delle attività che permetteranno anche di avvicinarci alla gente di questo quartiere. Altra idea è quella di organizzare un corso d’introduzione all’informatica e alla navigazione online, nel nostro ampio laboratorio. Per farci conoscere e finanziarsi. Vita: Quanti siete al Faro? Fattori: Una decina di dipendenti, altrettanti docenti. Poi abbiamo due gruppi di ragazzi. Uno in diurna, che frequenta i nostri corsi e che non si ferma a dormire. In tutto sono una cinquantina. L’altro gruppo si ferma nella nostra residenza ed è attualmente composto nella quasi totalità da ragazzi argentini. Vita: Prego? Fattori: Sì. È un progetto bellissimo secondo me. L’idea è nata dalla signora Agnelli, che per motivi personali è molto legata all’Argentina. Difficile, ma reso possibile grazie all’apporto di molte persone. Un perfetto lavoro in team. Ci sono stati ragazzi che hanno organizzato un apposito corso di formazione. Autogrill che ha deciso di assumerli per sei mesi, avendo sempre il grosso problema di reperimento delle risorse. La Croce Rossa che offre il servizio di sorveglianza notturna gratuitamente. Il Pio Albergo Triulzio che li ospita gratuitamente a Milano per sei mesi. Alitalia che ci ha dato una mano per farli arrivare in gruppi omogenei. In tutto saranno 100 ragazzi italo-argentini. I primi 10 sono già arrivati a Milano e anche il ministro Tremaglia ci ha dato un grande aiuto. Vita: In che senso? Fattori: Abbiamo scoperto, proprio mentre stavamo per imbarcare a Baires, che essendo mediamente di età tra i 20 e 25 anni, tutti quelli di sesso maschile erano in obbligo di leva. E allora il ministro Tremaglia ha fatto fare un provvedimento di esenzione dal servizio di leva che poi è stato esteso, non solo a questi ragazzi ma a tutti gli italiani nati all’estero e che vogliano rientrare in Italia. Insomma un bellissimo lavoro d’equipe. Certo sarebbe bello trovare altre aziende disposte a fare quello che fa Autogrill, magari in altri ambiti, offrendo l’opportunità a ad altri gruppi di ragazzi. Vita: Come avviene la selezione? Fattori: C’è un referente della signora Agnelli, a Buenos Aires e provincia, che provvede alla selezione. Vita: Cosa l’ha più colpita di questi ragazzi? Fattori: In primis la grandissima dignità. All’interno del primo gruppo d’argentini c’erano ragazzi che avevano frequentato l’università e che provenivano da famiglie della classe medio-alta. Mi ha colpito la grande dignità con cui si sono infilati il cappellino bianco, si sono messi l’uniforme e hanno iniziato a “studiare” a fare la pizza. Con grandissima dignità, ripeto. E con un grande spirito di auto-ironia. Credo che per loro sia anche un modo per allontanarsi da molti problemi. Mi diceva uno di loro: “Finalmente adesso cammino per Milano e non penso più al cambio del peso contro il dollaro”. Insomma, sono un po’ più sereni. Certo per molti la vocazione non sarà lavorare a vita in Autogrill, però gli abbiamo offerto un modo per staccare la spina. Facciamo un giro. L’intera struttura è stata ridisegnata da Renzo Piano. All’interno c’è una sala stampa con tutti i giornali e, ogni mattina, un gruppo di volontari europei legge i giornali coi ragazzi del Faro. Sulla sinistra c’è un Internet café, e gli stranieri si precipitano a frotte per mandare e-mail a casa. C’è anche una sala musica, con gli orchestrali che stanno provando proprio mentre ci passo davanti. Pochi passi ancora e mi trovo davanti alla sala mensa e ad un annuncio che pubblicizza “corsi di tango argentino per gli abitanti del quartiere”. Sotto un cinema bellissimo, donato da Dino De Laurentis. Ogni sera per gli ospiti un film italiano. Per farli entrare nella nostra cultura. E, a seguire, una cappella cattolica e uno spazio di preghiera per i musulmani. Sotto la palestra, completamente attrezzata e, nel laboratorio tessile, una moltitudine di opere prodotte dai ragazzi. Arte grafica e molte serigrafie, che riproducono su tessuti quadri celebri e molte foto, che ha fatto la signora Agnelli durante i suoi viaggi. Che mi si avvicina e mi stringe la mano. Col sorriso. E inizia a parlare di questa “sua creatura”. l’intervista a Susanna Agnelli sul numero di Vita, in edicola da venerdì 28 giugno


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