Famiglia

Pena di morte: l’atlante del terrore

Sempre più Paesi l'aboliscono, ma le esecuzioni raddoppiano: nel 2001 sono state infatti oltre 4.700. Il rapporto di Nessuno tocchi Caino

di Redazione

Negli ultimi 15 anni, quasi 30 paesi hanno licenziato il boia. Piu’ della meta’ delle nazioni del mondo ha abolito la pena capitale, ma nonostante questo le condanne a morte eseguite sono quasi raddoppiate rispetto al 2000. Nel 2001 sono state infatti oltre 4.700 le esecuzioni e in molti casi si e’ trattato di lapidazioni, impiccagioni, decapitazioni e fucilazioni. Questa incongruenza e’ fotografata nel rapporto annuale di ‘Nessuno tocchi Caino’ presentato oggi a Roma nella sede del Partito Radicale da Sergio D’ Elia, alla presenza del sottosegretario agli Esteri Mario Baccini. Quest’ultimo ha annunciato la volonta’ dell’Italia a farsi portavoce di una moratoria universale per i condannati a morte (bloccata nel 1999 all’Assemblea delle Nazioni Unite di New York). Sono ben seicento pagine di inquietante lettura, precedute da tre brevi scritti di Marco Pannella, Giuliano Rapetti (il paroliere Mogol) e Fernando Savater, il filosofo spagnolo molto noto in Italia per i suoi libri e i suoi interventi sui media. Il dettagliato rapporto esamina la situazione Paese per Paese: se da un lato fornisce una serie di notizie confortanti, dall’altro disegna una sorta di atlante del terrore di Stato, un campionario terribile di impiccagioni, fucilazioni, lapidazioni, torture, camere della morte e un armamentario di crudelta’ che verrebbe da definire medievali, se non appartenessero all’attualita’ politica del pianeta. Ma nessun confronto e’ possibile con la Cina, alfiere del nuovo modello di sviluppo orientale, dove la campagna statale contro la criminalita’ denominata ‘colpire duro’ (viene lanciata periodicamente ogni due-tre anni) ha portato le condanne a morte da 1.077 (dato per difetto dell’anno 2000) a 3.500 (dato realistico per il 2001): una media di dieci esecuzioni al giorno, con una giornata speciale, il 19 aprile 2001, in cui il precedente record di 89 esecuzioni e’ stato frantumato con la bellezza di 206 esecuzioni di stato. L’Iran teocratico ne ha effettuate almeno 198, quasi tutte per impiccagione anche se non viene disdegnata la lapidazione. L’Iraq di Saddam Hussein segue a ruota in questa macabra classifica avendo raggiunto quota 179; il Kenya, il Tagikistan e il Vietnam sono a 100, l’Arabia Saudita a 82, lo Yemen a 80. Gli Stati Uniti hanno effettuato 66 esecuzioni, che rappresentano il numero piu’ basso degli ultimi cinque anni. C’e’ stato anche un calo delle condanne a morte, parallelo alla diminuzione degli omicidi. Il sostegno dell’opinione pubblica alle sentenza capitali e’ sceso dall’80 per cento del ’94 al 65 per cento del 2001, soprattutto perche’ si fa largo la consapevolezza che i processi sono molto influenzati da fattori razziali. L’11 settembre potrebbe pero’ segnare un’inversione di tendenza: in vari stati ci sono proposte di norme antiterrorismo che prevedono la sentenza capitale, e in quello di New York una legge del genere e’ stata approvata a una settimana dall’attentato. Lo stesso decreto militare antiterrorismo firmato da Bush per i cittadini stranieri ha riaperto la strada a soluzioni di questo tipo. Ci sono pero’ state molte critiche, che hanno portato a correggerlo con migliori garanzie per gli imputati. Ed e’ una conferma, questa, di come la strada della democrazia, benche’ difficile e lenta, resti l’unica per sperare di poter chiudere con una pratica che, sono parole di Savater, accredita ”la morte come qualcosa di positivo”. Al contrario, ”crediamo invece che – osserva il filosofo spagnolo – ribellarsi ai disegni della morte sia il dovere principe dell’uomo e della societa’ umana”. Dei 69 paesi che mantengono la pena di morte, 56 sono regimi dittatoriali: in questi paesi la soluzione definitiva del problema, piu’ che alla lotta contro la pena morte, attiene alla lotta per la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto. Nel 2001, inoltre, sette paesi di democrazia politica, il cui sistema consente che piu’ partiti e piu’ candidati si presentino ad elezioni in partiti di opposizione, hanno effettuato 94 esecuzioni, cioe’ il 2% del totale mondiale: Stati Uniti (66); Tailandia (18); Taiwan (3), Bangladesh (2); Giappone (2), Indonesia (2), Botswana (1). Dei 69 paesi che mantengono la pena di morte, ben 56 sono governati da regimi illiberali: a cominciare dall’Iran (198 esecuzioni) per proseguire con l’Iraq (179 dichiarate), il Tagikistan (100), l’Arabia Saudita (82), lo Yemen (almeno 80), l’Afghanistan (almeno 68). Nessuna catena umanitaria ha invece potuto salvare molte donne, almeno 31, che in dieci paesi del mondo, fra cui la Cina (13), l’Iran e gli Stati Uniti (tre, tutte in Oklahoma), sono salite sul patibolo. Ma il rapporto di ‘Nessuno tocchi Caino’ non e’ solo un lungo elenco di morte: ”in questi anni – ha spiegato d’Elia – abbiamo assistitito a un progressivo rafforzamento del processo abolizionista e anche i fatti registrati nel 2001 confermano questo ‘trend’: la Repubblica federale di Jugoslavia e’ diventata totalmente abolizionista, il Cile ha abolito la pena per i crimini ordinari, l’Irlanda l’ha addirittura abolita dalla costituzione, il Burkina Faso e’ entrato a far parte del gruppo degli abolizionisti, di fatto non avendo eseguito sentenze capitali da oltre 10 anni, il Libano ha deciso di attuare una moratoria delle esecuzioni.


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