Politica

Da noi le task force a Parigi la Convention Citoyenne sur le Climat

Sono stati 150 partecipanti - un campione estratto a sorte, statisticamente rappresentativo della popolazione francese che sono giunti a elaborare ben 149 proposte che toccano tutti gli ambiti essenziali il contenimento delle emissioni: dall’abitare all’alimentazione, dal lavoro ai trasporti, fino ai consumi.

di Agnese Bertello

Il 29 giugno 2020, Emmanuel Macron ha accolto all’Eliseo 150 cittadini francesi. Erano i protagonisti della Convention Citoyenne pour le Climat (CCC), un’esperienza di democrazia deliberativa, curata dal CESE (Conseil Economique Social et Environnemental), che aveva come obiettivo l’elaborazione di proposte concrete per ridurre almeno del 40% le emissioni climalteranti della nazione entro il 2030. Non solo, le proposte avrebbero dovuto puntare a coniugare transizione ecologica e giustizia sociale: proprio questo era il tema che i Gilet Jaunes avevano posto al paese, già nel 2018, e a cui il Governo ha voluto rispondere lanciando questa iniziativa.

Nell’arco dei 9 mesi di lavoro, i 150 partecipanti – un campione estratto a sorte, statisticamente rappresentativo della popolazione francese e dunque estremamente eterogeneo anche per competenze e sensibilità verso il tema – sono giunti a elaborare ben 149 proposte che toccano tutti gli ambiti essenziali il contenimento delle emissioni: dall’abitare all’alimentazione, dal lavoro ai trasporti, fino ai consumi.


Tra ottobre 2019 e giugno 2020, si sono svolti sette incontri, ciascuno della durata di 2 o 3 giorni, a cui hanno partecipato tutti e 150 i cittadini. Un gruppo di facilitatori esperti coordinava i momenti di discussione nei piccoli gruppi, consentendo a tutti di esprimersi e favorendo l’ascolto della pluralità dei punti di vista; proposte e temi venivano poi ridiscussi in plenaria. Nella fase iniziale, i partecipanti hanno avuto la possibilità di esplorare i vari temi connessi al cambiamento climatico, interrogando direttamente gli esperti (scienziati, economisti, sociologi), dedicando spazio e tempo all’analisi di aspetti controversi, anche grazie al contributo dei fact checker, a disposizione per ulteriori ricerche: una fase di messa a fuoco condivisa del tema, in cui sapere tecnico e sapere non tecnico dialogano, che è cruciale per approdare a una vera co-progettazione, per individuare le priorità, abbozzare e affinare le proposte. Il processo ha portato a un insieme di proposte coerenti intorno a cui si è creato un consenso molto ampio: nella votazione finale, la maggior parte di queste è stata approvata quasi all’unanimità. Le proposte, alcune delle quali riguardano la Costituzione, saranno sottoposte tal quali a referendum o alla discussione in parlamento. I protagonisti di questa esperienza, intanto, si sono riuniti in un’associazione – “I 150” – che vuole diffondere informazioni e saperi e favorire una presa di coscienza sull’urgenza della questione climatica.

Ad aprile, i lavori della Convenzione sono migrati sulle piattaforme e l’emergenza sanitaria è entrata di diritto nei lavori della Convenzione, come un tassello in più di un puzzle già complesso. In quello stesso periodo, in Italia, è successo qualcosa di diametralmente opposto: sotto i nostri occhi abbiamo visto nascere e moltiplicarsi task force di ogni tipo, composte esclusivamente da esperti. Come cittadini siamo stati completamente tenuti fuori da questo processo decisionale strategico per il futuro del paese. I casi in cui si è voluto consultare i cittadini, che è cosa ancora diversa da coinvolgerli, sono rarissimi: penso per esempio alla città di Milano, che ha lanciato una consultazione on line sul futuro della città, “Milano 2020”.

Quale sia l’esito di tutte queste task force non è chiarissimo, mi sembra difficile che possano raggiungere la coerenza e l’ampio consenso ottenuto dalla Convention Citoyenne pour le Climat.

*facilitatrice, esperta di progettazione partecipata, Ascolto Attivo srl

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