Non profit

Il chirurgo dei dimenticati

Così Giuseppe Meo fa le sue vacanze. Carico di pinze chirurgiche,garze e biciclette,che baratta con manodopera locale,vola verso Runbeck,nel Sud del Paese.

di Fabrizio Annaro

?Sono trent?anni che conduco questa vita. Trent?anni con bisturi e garze in giro per il mondo?. Giuseppe Meo, classe 1938, è un chirurgo anomalo. Opera presso l?ospedale di Cuneo, ma appena può prende le ferie e fa il volontario nelle zone più povere e disgraziate del pianeta. Da dieci anni ha scelto il Sudan. «Ho iniziato nel 1989 -racconta il dottor Meo- e da allora faccio la spola tra l?Italia e questo bellissimo paese».
Il Sudan è la più grande nazione dell?Africa e si trova sotto l?Egitto. È bagnato dal mar Rosso e soprattutto dal Nilo, fonte di acqua e di vita. È una terra martoriata dalla fame e dalla guerra: dal 1972 guerriglieri e governativi se ne contendono il controllo. Il dramma è che nessuno ha vinto e per di più nessuno è riuscito a trovare il modo di metterli d?accordo e far finire questa orribile guerra civile. L?Onu ha ottenuto soltanto un corridoio per gli aiuti umanitari. «Per raggiungere il Sud del Paese devo andare in Kenya, a Nairobi, da qui raggiungere un campo base Onu per poi decollare per gli ospedali dove opero», continua il dottor Meo che si occupa di chirurgia generale e offre la sua attività di volontariato all?associazione Ccm (Comitato collaborazione medica). In Sudan non solo cura ed assiste i malati, ma insegna ad altri medici l?arte di guarire con bisturi e garze. «Operiamo negli ospedali rurali, sono capanne messe in piedi dalle popolazioni locali. Qui offriamo consulenze specialistiche ai medici ed agli infermieri. La guerra civile oltre che uccidere ha distrutto il sistema di istruzione. Il nostro è un addestramento sul lavoro: insegnano il mestiere direttamente, sul campo. Molti diventano infermieri senza libri, con poca teoria ma con i ferri del mestiere in mano».
Gli ospedali rurali sono sorti lungo le sponde dei corridoi umanitari, relativamente vicini al Nilo. Il Ccm gestisce tre centri medici, tutti nel Sud del Paese, ad Adior, Billing e a Runbeck, dove un vecchio edificio è stato ristrutturato e attrezzato con sala operatoria e padiglioni medici. «Fino al ?96 -precisa il medico- avevamo finanziamenti dalla Cee e dalla Farnesina. Poi l?Ufficio umanitario della Comunità ha chiuso i rubinetti e siamo stati costretti a lasciare due ospedali. Speriamo di poter continuare la nostra attività negli altri tre, tutto dipenderà dai finanziamenti che riusciremo a trovare. La guerra ha moltiplicato esponenzialmente le spese di trasporto, per volare dal Kenya ai corridoi umanitari del Sudan paghiamo almeno 250 dollari a persona. Quando andiamo in Sudan siamo carichi di materiale sanitario, farmaci, vestiti, generi alimentari, utensili vari e biciclette, che sono molto richieste, come sale e sapone. Sì, perché in Sudan esiste ancora il baratto, lo scambio in denaro è iniziato da poco, e il personale che lavora negli ospedali è regolarmente pagato in natura. Portiamo con noi anche tantissimi vestiti usati, e trasportare tutto questo carico, medici compresi, è estremamente costoso».
Il Sudan è uno dei paesi più poveri e arretrati del pianeta, dove il commercio di schiavi è stato documentato: «La guerra civile ha fatto crescere le bande armate che vanno nei villaggi a razziare bambini e bambine per venderli come schiavi», spiega il dottor Meo. «In Svizzera è nata un?agenzia umanitaria che compra questi piccoli per restituirli alle loro famiglie. Lo stesso fa il Vescovo di Runbeck». Lo stato di povertà, aggravato dalla guerra, è aumentato dalla presenza di milioni di profughi che da Sud del Paese si riversano verso la periferia della capitale.
Come mai ha deciso di dedicare parte della sua vita al servizio dei malati del Sudan? «Ci sono persone che fanno molto più di me. In Sudan ci sono forme di volontariato che sono impressionanti, senza di cui il paese sarebbe al collasso. Gli ospedali e le piste di atterraggio, le strade e alcune scuole sono tutte opere del volontariato. Se la povertà in Sudan è grande, lo è altrettanto la dignità. Non ho mai assistiti a scene di pietismo: il silenzio e la compostezza di questa gente è un grande insegnamento.L?anno scorso c?è stata una terribile carestia che fatto strage di persone. Non potrò mai dimenticare i volti, composti e silenziosi, in cui si scolpiva quel grande dolore. Come non potrò dimenticare la preghiera di una donna detta sotto voce: perché permetti che i miei figli muoiano?».
Nel 1995 il ?chirurgo del Sudan? è stato sequestrato dalle forze armate governative. «Io e un altro medico sudanese -racconta- avevamo oltrepassato i limiti dei corridoi umanitari. L?avevamo fatto per soccorrere interi villaggi colpiti da una stranissima epidemia. Ma c?è stata un imboscata e alcuni soldati ci hanno sequestrato e portato in una caserma militare. Ho passato 50 giorni in un cortile, sempre seduto e guardato a vista, ma non ho subito torture. L?unità di crisi della Farnesina è intervenuta con tempestività. Per fortuna l?epilogo è stato felice: io e il medico sudanese siamo stati liberati in cambio di 5 ostaggi catturati dai guerriglieri».
Malgrado la terribile avventura il dottor Meo non ha perso la voglia di tornare in Sudan per curare e guarire. «Quello che mi auguro è la possibilità di poter proseguire il lavoro iniziato. Ma per continuare servono molti volontari e tante risorse finanziarie?. Chissà se quell?ospedale riuscirà a sopravvivere e con lui migliaia di innocenti che vi vengono curati?

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