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Mille campanili in aiuto del mondo

Il sostegno allo sviluppo non sarà più monopolio dello Stato. Che dicono Ong e associazioni? C’è chi lo considera una grande occasione, ma anche chi teme la nascita di tante piccole Farnesine.

di Paolo Giovannelli

Dove andrà la cooperazione decentrata italiana, da un decennio presentata quale terza via di cooperazione allo sviluppo fra quella governativa e quella delle Ong? Quale ruolo, nel coordinare le forze della società civile, l?associazionismo, il volontariato d?impresa, le università, spetterà agli enti locali e in primo luogo alle Regioni e ai Comuni? Il dibattito è caldo, specie adesso che la legge di riforma della cooperazione italiana sembra in dirittura d?arrivo. Al punto che di cooperazione decentrata si è parlato a Palazzo Madama, giusto qualche giorno fa, in un megaconvegno nazionale promosso dall?Osservatorio interregionale sulla cooperazione allo sviluppo (Oics), d?intesa con la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari Esteri e patrocinato dal Senato . Il direttore generale dell?Oics, Gildo Baraldi, esprime la sua soddisfazione: «Oggi, nel testo unificato della proposta di legge di riforma, la cooperazione decentrata ha un ruolo molto ampio, perché diventa un reale soggetto aggiuntivo capace di costruire sinergie positive con la cooperazione governativa». Per Baraldi va superata la concezione della cooperazione come un dovere-potere dello Stato ?donatore?, che esclude la società civile, il volontariato dell?impresa sociale, le università, il mondo imprenditoriale, quello finanziario e le comunità degli immigrati. «La cooperazione decentrata», continua Baraldi, «non deve risolversi nello stanziamento da parte di qualche amministrazione pubblica a favore dei progetti delle Ong, né va intesa come un via libera alle Regioni e ai Comuni per creare una propria piccola direzione generale per la cooperazione ricalcata sul modello Farnesina. Sarebbe il caos». Invece Rosario Lembo, della rappresentanza unitaria delle Ong italiane, frena sul nuovo genere di cooperazione: «Bisogna intendersi bene sul significato di cooperazione decentrata. Se l?intenzione è quella di rappresentare una volontà di approccio, di solidarietà e di cooperazione allo sviluppo che vuole riconoscere il ruolo essenziale della società civile, allora è opportuno ricordare che le Ong hanno sempre sostenuto tale decentramento verso il territorio». Lembo, citando una ricerca di imminente pubblicazione riferita agli anni 1995-98, promossa da una delle tre federazioni di Ong italiane, il Cipsi, elenca poi i limiti dell?attuale cooperazione decentrata italiana: «Coinvolge poco tutte le componenti della società civile e si svolge molto fra gli addetti ai lavori. Esistono troppi contrasti fra enti locali e fra questi e le associazioni di solidarietà, specie sui criteri di erogazione dei finanziamenti che ha creato un notevole livello di competizione anche fra le stesse associazioni». Decisamente qualche chance in più alla crescita della cooperazione decentrata viene riconosciuta dal segretario generale del Terzo settore, Nuccio Iovene: «La cooperazione decentrata», afferma Iovene, «non ha ancora i giusti riconoscimenti istituzionali ma, nel nostro Paese, è già una realtà molto diffusa a testimonianza di come la società civile, le comunità e le istituzioni locali, hanno saputo rispondere ai problemi dei Paesi del Sud del mondo dopo la malacooperazione degli anni ?80. Ma per iniziare a valorizzare la cooperazione decentrata italiana serve una legge che la riconosca». La legge, dunque, prima di tutto. L?attuale testo unificato degli 11 disegni di legge (presentati da tutte le forze politiche) sulla riforma della cooperazione italiana, ora alla commissione Esteri del Senato (relatore il senatore Stefano Boco), tratta in particolare all?articolo 20 delle iniziative di cooperazione decentrata. «Questa settimana», è proprio Boco a parlare, «chiuderemo la votazione sui primi cinque articoli. Il lavoro è ormai di tipo quantitativo dato che sono stati presentati oltre 200 emendamenti. La Commissione, al massimo fra 5 settimane, consegnerà il testo unificato all?aula. Sicuramente prima della pausa estiva».


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