Famiglia

Ragazzi, una risata vi risorger

La storia dei Barabba’s clown. Giuseppe e Angela Giuggioli hanno una casa famiglia ad Arese. Qui i ragazzi arrivano e imparano a fare i pagliacci. Con risultati magnifici

di Redazione

L?inizio è stato traumatico. «Quando telefonavo alla mamma dicevo che in comunità non ci volevo stare, mi sentivo preso in giro dall?assistente sociale perché mi aveva detto ?scegli tu? e invece poi aveva scelto lei». Roberto aveva 14 anni, una famiglia resa fragile da problemi psichici, tre bocciature alle spalle, un carattere insolente e aggressivo. Passava interi pomeriggi sulla strada, ma non era un violento, al contrario di altri ragazzi affidati, come lui, al Centro salesiano san Domenico Savio di Arese, alle porte di Milano. Allora non si giocava a calcio, non c?era il cinema, tanto meno si imparava a fare il clown. E proprio quest?attività teatrale, inaugurata all?inizio degli anni 80, è diventata la chiave per dialogare con adolescenti ai margini. La clownerie ha salvato dalla confusione Roberto. Oggi ha 31 anni, è sposato e lavora per una fondazione che fa spettacoli per bambini in ospedale. La clownerie ha strappato dalla depressione Marco, che aveva visto il padre uccidere la madre. La clownerie ha restituito voglia di vivere a Giuseppe, figlio di padre ignoto e di una donna ritardata, parcheggiato in casa di uno zio. I Barabba?s clowns nella zona li conoscono tutti. Con i loro spettacoli, a metà strada fra il circo, la pantomima e il teatro sono riusciti a far dimenticare che qui, dai Salesiani di Arese, ci arrivi perché sei una ?mela marcia? che contagia le altre. «Lavorare su un palco ha dato a ognuno un ruolo, un?originalità. I giovani non si sentono più diversi», spiega Massimo Giuggioli, l?educatore che, con la moglie Angela, gestisce la casa-famiglia del centro. Sei anni fa ha trasformato i Barabba?s clown in un?associazione che fa spettacoli e raccoglie fondi per le missioni in Ruanda. Giuggioli ha appena pubblicato Capriole tra le stelle (edizione Monti, prefazione di Dario Fo, il ricavato per le missioni in Ruanda), storia dei ragazzi attraverso i loro diari e le sue digressioni pedagogiche, che scandagliano le potenzialità educative della clownerie. «Che non è per sua natura terapeutica», chiarisce, «ma lo diventa perché apre a esperienze nuove. La fiducia, per esempio. Cadere, sapendo che il compagno ti sorreggerà. L?organizzazione e la progettualità, assenti in giovani abituati a vivere alla giornata. E poi i progetti di solidarietà. Loro, spesso con grandi difficoltà economiche, si sono ritrovati a fare qualcosa di utile. Questo li ha fatti sentire importanti». Fare piroette e dare schiaffi finti fa imparare a gestire la propria fisicità. Una conquista che rende l?adolescenza meno traumatica: «I ragazzi attraverso il corpo hanno manifestato disagio», chiarisce Giuggioli, «e con il corpo devono ritrovare equilibrio, sicurezza, capacità di sdrammatizzare. Nello stile del clown, che sorride ma racconta anche se stesso». I Barabba?s clowns partecipano a festival di teatro, recitano in scuole e ospedali e sono impegnati in attività di prevenzione del disagio giovanile con il Caravan clown: un camper che gira l?Italia e incontra ragazzi che si annoiano in piazza, sorprendendoli con spettacoli improvvisati per poi riuscire a farsi raccontare storie e stati d?animo. Come aiutarli I Barabba?s clown sostengono le missioni in Ruanda, dove sono stati come volontari. Nel villaggio di San Kisito a Musha, per esempio, che grazie ai fondi raccolti con gli spettacoli dà accoglienza ai ragazzi di strada. In estate, 20 di loro verranno in Italia con uno spettacolo e, per sostenere le spese, i Barabba?s cercano sponsor: tel. 02.93585644 clown@barabbas.it


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