Welfare

Immigrazione story/1. Laureati &extracomunitari

Il 20% degli stranieri arrivati a lavorare in Italia ha completato gli studi nel suo paese. Sono i risultati sorprendenti di una ricerca realizzata a Firenze

di Barbara Fabiani

Sei ingegnere? Avvita la lampadina Il ?dr Gwende?, costaivoriano di buona famiglia, si è appena laureato in ingegneria all?università di Abidjan, e in meno di due anni avrà ottenuto anche un master all?università di Parigi. A quel punto sarà pronto per la carriera di operaio verniciatore in una fabbrichetta del Nord-Est. L?istruzione universitaria non è un privilegio riservato agli abitanti del Nord del mondo. Secondo l?Organizzazione internazionale per le migrazioni, solo nel 2000 un milione e mezzo di cittadini dei Paesi in via di sviluppo dotati di almeno un diploma (spesso di una laurea) è emigrato verso i Paesi sviluppati, costituendo una vera ?emorragia di saperi?. Ma, nella maggioranza dei casi, varcare i nostri confini, per gli immigrati laureati, significa avviare un processo di dequalificazione. I pochi studi sull?immigrazione qualificata in Italia stimano un 25-30% di laureati tra gli extracomunitari. Una ricerca condotta dal gruppo Cerfe nel 1998 ha ricavato i caratteri salienti dell?immigrato qualificato. Il ?dr Gwende? e la ?d.ssa Da Silva? provengono da famiglie del ceto medio o alto, sono cittadini di grossi centri urbani, e per loro solo marginalmente la decisione di emigrare nasce da ragioni di tipo economico. Anzi, il 65% degli intervistati aveva un lavoro nel proprio Paese di origine. La spinta ad emigrare è nata dal desiderio di impegnarsi in carriere appaganti (22%), dalla scarsa fiducia nelle istituzioni locali (per il 33% di chi proviene dai Paesi dell?Est Europa e il Nord Africa) e per la ricerca di maggiore libertà personale (20%). Per chi ha conseguito la laurea all?estero lo scoglio maggiore è il riconoscimento del titolo di studio in Italia. Sembra oltretutto che la recente legge Bossi-Fini andrà stringendo le maglie anche in questa direzione, e che non a tutti i diplomati all?estero sarà possibile iscriversi alle università italiane. In termini più generali, il 77% delle donne e il 66% dei uomini una volta in Italia è costretto ad accettare lavori al di sotto delle proprie competenze, e solo il 23% delle donne e il 34% degli uomini riesce a percorrere un processo di riqualificazione. «In tre anni non abbiamo mai ricevuto neanche una richiesta per un laureato, soltanto operai o adetti alle pulizie. Per le qualifiche più alte si rivolgono alle agenzie interinali», racconta Kibi Kaloba, mediatore per lo sviluppo presso Extrapoint, sportello avviato dall?Unione industriali di Padova, che contiene 350 curricula (di cui il 25% di laureati). Kaloba è testimone di un fenomeno che fa pensare: «C?è chi ci chiede di omettere il fatto di essere ?dottore? per ottenere il lavoro da operaio». «Se dicevo che in Russia ero assistente universitaria nessuno mi prendeva come domestica», confessa Ivana K. da quattro anni ?badante? in una famiglia romana. Anche per chi ?ce la fa?, esiste comunque un processo di ?etnicizzazione?. Danilo Rocca, avvocato peruviano con una seconda laurea in Scienze politiche presso l?università di Firenze, ha accettato il compromesso di essere uno ?straniero che di occupa di stranieri?, prima di essere impiegato al Comune. «È quasi un percorso obbligato quello del mediatore culturale o del sindacalista per lavoratori immigrati. Altre offerte non te ne fanno». Kaloba ricorda il caso di un ingegnere elettrico congolese. Disoccupato da oltre un anno a Roma, si era rivolto a Extrapoint nella speranza che nel Nordest ci fosse lavoro. L?unica cosa che Kaloba potè fare, fu inviargli un?offerta come ?installatore di quadri elettrici?.


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