Economia
Non c’è Pil senza comunità
Uno stralcio dell'editoriale che apre il magazine in distribuzione firmato dal direttore di Aiccon: "Il territorio esiste nella misura in cui esistono relazioni, scambi, qualcuno disposto a dargli identità e valore. Non è un giacimento da cui estrarre valore, ma richiede cura e consapevolezza che la cooperazione è un atto di mutuo interesse. Senza tutto ciò il rischio è il fallimento, perché anche i territori, come Stato e il Mercato, possono fallire"
Abbiamo bisogno di ridisegnare il campo di gioco, l’arena dentro cui economia, politica e società operano. Può sembrare un gioco di parole ma in fondo, le crisi non sono altro che cambiamenti che domandano, sollecitano un cambiamento: più la crisi è profonda e più la domanda sul cambiamento atteso e agito deve essere radicale. Una radicalità da perseguire “insieme”, un processo che non può essere appannaggio di fughe solitarie e separate (il Terzo settore da una parte, l’impresa for profit dall’altra; il mercato da un lato e la comunità dall’altro), perché la crescente vulnerabilità e la prospettiva di uno sviluppo diverso, ossia più inclusivo, richiedono di mettere a valore una maggiore e più autentica interdipendenza, una nuova ecologia capace di alimentare contemporaneamente inclusione e competitività. Dentro il dramma dell’emergenza sanitaria questa naturale propensione a cooperare si è mobilitata in maniera potente, costruendo soluzioni di mutualismo comunitario e d’innovazione sociale stupefacenti. Le reti di volontario informale aggregate tramite una app, la riconversione delle filiere d’inserimento lavorativo per la produzione di mascherine, le collaborazioni inattese fra makers e ospedali, la dedizione della cooperazione sociale nel rendere esplicita la sua “funzione pubblica” garantendo la cura anche quando non era nelle condizioni di sicurezza. Questa eccedenza è frutto di un’alchimia su cui occorre riflettere, che non possiamo permetterci di perdere. Dai territori non è emersa appena una risposta emergenziale, ma la genesi di nuove istituzioni, imprese, reti e governance sperimentali che intorno ad una ritrovata coscienza di luogo hanno messo in campo le proprie risorse, competenze. Il vero fattore di resilienza non è stato appena la responsabilità nel seguire delle regole, ma l’attivazione di un’intelligenza collettiva il sentirsi soggetto comunitario. I territori sono infatti diventati delle “learning communities” ossia piattaforme che hanno fatto della creazione e della condivisione di conoscenza il proprio fattore di vantaggio comparato, facendo leva sulle motivazioni intrinseche e il senso di appartenenza. In altri termini, è emerso il DNA di un territorio: il suo capitale sociale e culturale nonché il suo “capitale connettivo”.
È stato uno spettacolo veder convergere “la comunità della cura” con “la comunità operosa” (A. Bonomi) in maniera intenzionale, senza dover sottoscrivere contratti ma basandosi su patti e reciprocità, così come ha stupito non poco l’impegno delle imprese che, superando le secche della tradizionale visione della CSR, hanno investito sul proprio territorio sostenendo gli ospedali e la protezione civile, da azionisti, consapevoli che il bene (comune) del territorio sia la modalità più adeguata per coltivare la propria competitività. Una responsabilità civile che si traduce nel riconoscersi “abitanti”: sono infatti i territori competitivi a fare le imprese competitive e non il contrario.
Ma cos’è il territorio? Non è appena una dimensione geografica, ma una dimensione “vivente”, frutto della conversazione fra il capitale naturale e quello socio-economico, è un “soggetto” in costante cambiamento. Il territorio esiste nella misura in cui esistono relazioni, scambi, qualcuno disposto a dargli identità e valore, Non è un giacimento da cui estrarre valore, ma richiede cura e consapevolezza che la cooperazione è un atto di mutuo interesse. Senza tutto ciò il rischio è il fallimento, perché anche i territori, come Stato e il Mercato, possono fallire. Questa crisi sanitaria e il conseguente shock che ha generato per la prima volta…(per continuare a leggere clicca qui)
Credit foto: Mauro Pagnano
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