Welfare
3mila detenuti in più rispetto al 2016
Il pre-rapporto di Antigone per il 2017 lancia l’allarme rosso: il tasso di sovraffollamento nei penitenziari è arrivato al 113,2%. Se non cambierà alla fine del 2020 si tornerà alla situazione di "emergenza" del 2010
Più di 350 mila processi dalla durata irragionevole, quasi 3 mila detenuti in più negli ultimi 12 mesi, troppa custodia cautelare nonostante le nuove leggi, 15 mila detenuti che potrebbero andare in misura alternativa e 61 morti dall’inizio dell’anno, di cui 27 suicidi. Sono i dati aggiornati sul carcere contenuti nel Pre-Rapporto 2017 (scaricabile in allegato) sulle carceri di Antigone.
Dati aggiornati, rispetto all’ultimo rapporto presentato dall’associazione qualche mese fa, che mostrano ancora una volta un sistema penale italiano in difficoltà. A iniziare dal numero dei processi penali pendenti che al 31 marzo del 2017 erano 1.547.630, mentre dal 1992 a oggi, sono circa 25 mila casi di ingiusta detenzione che complessivamente sono costati allo stato 630 milioni di euro. Per questo, spiega Antigone, “più che intervenire sull’allungamento dei tempi di prescrizione bisognerebbe ridurre il numero di reati con una massiccia depenalizzazione, a partire dalla questione droghe. Ciò, liberando energie e risorse umane, aiuterebbe il contrasto alla criminalità organizzata e ai crimini dei potenti”.
Secondo Antigone, “cresce pericolosamente il numero dei detenuti” nelle carceri italiane: oggi sono 56.817 i detenuti, con un tasso di sovraffollamento del 113,2 per cento e una crescita di circa 3 mila detenuti solo nell’ultimo anno. “Con un tasso di crescita simile – spiega Antigone – alla fine del 2020 torneremo ai numeri della dichiarazione dello stato di emergenza del 2010, mentre la capienza del nostro sistema penitenziario resta sostanzialmente stabile (50.241 posti al 30 giugno 2017. Erano 49.659 al 31 luglio 2016)”. Troppo alti anche i numeri della custodia cautelare, la cui percentuale è del 34,6 per cento . “Nonostante i positivi cambiamenti legislativi è in aumento l’uso del carcere prima della condanna definitiva – spiega l’Associazione -. Purtroppo è l’effetto di pratiche di Polizia e giurisdizionali, a loro volta effetto della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti”.
Misure cautelari che hanno percentuali diverse se si parla di detenuti italiani o stranieri. Nonostante questi ultimi siano meno di quanti ce ne fossero nelle carceri dieci anni fa, i numeri dell’Amministrazione penitenziaria evidenziano un maggiore utilizzo della custodia cautelare nei loro confronti, più che per gli italiani. “Il tasso di custodia cautelare per gli stranieri è del 41,4 per cento – si legge nel rapporto -. Il tasso di detenuti in custodia cautelare per gli italiani è del 32,5 per cento. Il dato è ulteriormente confermato da quello sugli ingressi dalla libertà. Nel primo semestre del 2017 sono entrati in carcere complessivamente 25.144 persone di cui gli stranieri sono ben il 45,8 per cento, ossia una percentuale molto superiore a quella dei detenuti stranieri in generale presenti. Ciò significa che sono più facilmente condotti in carcere anche senza motivo che porta a una condanna”.
In prigione si va quasi sempre per i soliti motivi, spiega il dossier. In cima alla lista ci sono i reati contro il patrimonio (31.883 detenuti sono dentro anche per questo motivo, di cui 8.929 stranieri), contro la persona (22.609 di cui 7.006 stranieri), violazione della legge sulle droghe (19.752 di cui 7.386 stranieri), violazione di quella sulle armi (10.072), reati contro la pubblica amministrazione (7.854), associazione a delinquere di stampo mafioso (7.048, di cui soli 95 stranieri). Tra i detenuti, sono circa 15mila quelli che devono scontare una pena residua inferiore ai tre anni e che potrebbero acceder a una misura alternativa, “se non ci fossero paletti normativi e ostruzioni della magistratura di sorveglianza”, sottolinea l’associazione. Intanto, al 30 giugno 2017, secondo Antigone “sono 42 mila circa i detenuti in misura alternativa alla detenzione o sottoposta a misura diversa da quella carceraria”. Tra questi quasi 14 mila quelli in affidamento in prova al servizio sociale, 10 mila circa in detenzione domiciliare e soli 808 in semilibertà. Ben 9.678, infine, sono sottoposti alla messa alla prova.
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