Mondo

La lezione di Divine. Salvato in mare da un’Ong

Fra le oltre 39 mila persone salvate o assistite da MOAS dalla sua prima missione in mare nel 2014 c'è anche questo bambino nigeriano. Con la sua mamma. E i ricordi del suo terribile viaggio

di Regina Catrambone

“Se puoi sognarlo, puoi farlo” (Walt Disney)

Divine (in foto) viene dalla Nigeria ed è sopravvissuto ad un terribile viaggio in mare su un barcone che gli sembrava brutto, ma di cui non aveva paura. Viaggiava insieme alla madre ed è stato salvato dall’equipaggio MOAS che ha fatto tutto il possibile per assistere le persone che si trovavano a bordo insieme a lui.

Divine sa volare e da grande vuole diventare come superman per poter salvare sua madre e chiunque nel mondo si trovi in una situazione disperata come la sua. Una volta a bordo, sorride e conquista tutti con le sue imitazioni del supereroe del cuore: gli basta una busta di plastica e una mascherina per diventare un supereroe. Il suo sorriso e i suoi sogni ingenui di bambino basterebbero da soli a farci rimanere in mare per non far affondare i sorrisi e i sogni di tanti altri bambini e bambine come lui che hanno avuto la sfortuna di nascere in posti dove la pace e la felicità sono un’utopia. La pace, anche se troppo spesso lo dimentichiamo, è un obiettivo da raggiungere e una condizione da salvaguardare cui sono stati dedicati trattati, convenzioni, articoli di costituzioni nazionali per non scivolare nell’incubo della guerra.

La felicità, invece, sembra essere diventata un privilegio, quasi un lusso o un accessorio di poca importanza. Una prerogativa esclusiva per chi nasce nel posto giusto al momento giusto. La stabilità politica, la disoccupazione con relativo peggioramento delle condizioni di vita, la corruzione e le questioni legate alla salute occupano un posto di rilievo fra i fattori che concorrono a determinare la felicità.

Il 19 Luglio 2011 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione dal titolo “Felicità: verso un approccio olistico allo sviluppo” con riferimento ai principi espressi nella Carta delle NU per la promozione dello sviluppo economico e del benessere sociale di tutti i popoli. L’anno seguente ha istituito una giornata internazionale della felicità. In un’ottica di miglioramento generale si è deciso di riconoscere “il perseguimento della felicità come un diritto umano fondamentale” e gli Stati Membri sono stati invitati a presentare le proprie proposte per riconoscere e valorizzare l’importanza della felicità e del benessere come principi guida delle proprie politiche nazionali.

Ma come possiamo conciliare questo diritto con l’attuale crisi migratoria e le morti in mare che, oltre al sorriso, spesso cancellano intere esistenze di persone desiderose di avere una vita migliore?

Come possiamo accettare che a milioni di bambini a livello mondiale sia negato il diritto a un’infanzia felice che per tanti è scontato, trovandosi nel posto giusto al momento giusto? “I sogni son desideri di felicità”… Questa canzone la cantavo da bambina, l’ho cantata a mia figlia e continuo a cantarla in nave a tutti i bambini che salviamo.

Non è necessario essere bambini per sognare ed essere felici. Basta vivere in pace, al riparo dalla violenza, lontano dalle bombe, al sicuro dalle persecuzioni. Basta non dover aver paura di morire di fame o sete, non dover guardar morire i propri cari o bruciare la propria casa per mano di terribili aguzzini. È impossibile considerare la propria felicità come un diritto e quella degli altri come una trascurabile eventualità.


Fra le oltre 39 mila persone salvate o assistite da MOAS dalla sua prima missione in mare nel 2014 sono stati in tanti ad averci raccontato i propri sogni, le proprie aspettative e il desiderio di poter essere felici. E non credo che questo desiderio, questo diritto sia meno importante del diritto alla vita stessa.

Il semplice fatto che il piccolo Divine, sopravvissuto a un terribile viaggio dalla Nigeria attraverso il deserto passando per la Libia e superando il mare, riesca ancora a sognare di diventare un supereroe mi dà la speranza per credere che un futuro più giusto sia ancora possibile. Nessun bambino dovrebbe doversi preoccupare per l’incolumità della propria madre, ma la sua ingenua voglia di salvare lei e chiunque al mondo viva la sua stessa condizione dà a noi del MOAS la motivazione necessaria per intensificare la nostra presenza in mare.

Affinché quanto sancito dalla Risoluzione della NU non rimanga lettera morta, dobbiamo impegnarci singolarmente e collettivamente a ripristinare il valore personale e sociale della felicità. Nessuna felicità autentica umilia o svilisce altri esseri umani, ma ci può restituire a una dimensione più profondamente umana.

Nessuno di noi può considerarsi veramente felice fin quando ci sarà anche una sola persona intrappolata in una prigione libica dove lo stato di diritto non esiste. Nessuno di noi può dirsi autenticamente felice finché adulti o bambini saranno costretti a salire su imbarcazioni precarie alimentando il business della morte in cerca di una vita migliore.

Per questo da quasi un anno stiamo lavorando concretamente per l’apertura di canali sicuri e legali per chi si trova intrappolato in Libia.


L'autrice è Co-Fondatrice e Direttrice MOAS

foto Jason Florio/MOAS.eu

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