Famiglia
Pedofilia, don Di Noto «Si prendano sul serio le denunce e si agisca con fermezza»
Presentato il Report Meter 2019, bilancio di un crimine mondiale che porta a osservare come la pedopornografia online continui a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita. Rispetto al 2018, lo scorso anno sono raddoppiate le foto segnalate. «Non ci stancheremo mai di sottolineare che tutti hanno una responsabilità e che se non inizia una seria e concreta corresponsabilità, la nostra lotta sarà stata solo una corsa senza meta e senza fine: gli abusi continueranno» osserva don Fortunato Di Noto
di Redazione
Un numero inquantificabile di fotografie e video di bambini abusati. Malgrado tutto, la pedopornografia online continua a prosperare indisturbata, con profitti in costante crescita.
Il Report Meter 2019 è il bilancio di un crimine mondiale che impone di essere letto, approfondito, assimilato, compreso e non sottaciuto. Porre molta attenzione all’introduzione che chiarisce che i dati riportati non sono meri risultati statistici, numeri freddi e senza vita. Essi rappresentano un intenso e faticoso lavoro, un impegno costante per contrastare profonde azioni criminali perpetrate verso minori schiavizzati, torturati e resi oggetti erotici e sessuali.
Le cifre che il Report Meter edizione 2019 fotografa a consuntivo dell’attività annuale sono come sempre impietose: quasi 7 milioni e 100mila le foto segnalate l’anno scorso, il doppio rispetto al 2018 quando il contatore si fermò a 3 milioni e 50mila circa. Quasi stabili i video (992.300 contro 1.123.793 del 2018), in aumento le chat (323 contro 234) e solo nel 2019 abbiamo individuato 325 cartelle complesse .rar.
«Una considerazione viene spontanea e ne comprendiamo portata e significato: se le Polizie, in diversi Paesi del mondo, avessero preso sul serio le nostre denunce, forse avrebbero maggiormente contribuito alla repressione del drammatico fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori! Forse avrebbero individuato qualche vittima schiava e sottomessa (da anni), da soggetti perversi e pericolosi!» osserva don Fortunato Di Noto. Che aggiunge: «Per non parlare dei Server Provider che per una dichiarata “tutela della privacy” dei propri clienti, non hanno fornito i dati per l’individuazione dei soggetti responsabili di tale “traffico illecito” e si sono ribellati alla cancellazione dei contenuti come si trattasse di una censura. Tutto gestito burocraticamente, senza avere la percezione e la responsabilità del coinvolgimento di minori schiavizzati, torturati e resi oggetti erotici e sessuali. Non ci stancheremo mai di sottolineare che tutti hanno una responsabilità e che se non inizia una seria e concreta corresponsabilità, la nostra lotta sarà stata solo una corsa senza meta e senza fine: gli abusi continueranno».
Il Report (in allegato il testo completo) è stato presentato da don Fortunato Di Noto con una conferenza stampa web, in ritardo sui tempi ordinari della presentazione (che solitamente avviene nel mese di marzo) a causa dell’emergenza coronavirus.
Nella presentazione viene sottolineato come quello cui ci si trova davanti è un fenomeno in espansione. «Abbiamo voluto riassumere i dati del periodo 2002-2019 grazie al nostro OS.MO.CO.P. (Osservatorio Mondiale Contro la Pedofilia, ufficio altamente specializzato nella ricerca dati su Internet e nell’elaborazione dei flussi di traffico per il contrato della pedofilia e pedopornografia): in 17 anni abbiamo inviato 61.525 protocolli, con 174.731 link segnalati. I dati Osmocop sono verificati, controllati e segnalati alle Polizie e ai server provider di riferimento. Analizzandoli più in dettaglio, i numeri dicono che il nostro Centro ascolto per l’accoglienza delle vittime di abuso e in genere delle situazioni di fragilità ha trattato 1.721 casi, abbiamo ricevuto 29.996 richieste telefoniche e 17.375 segnalazioni form da utenti (dal 2007 al 2019); dal 2008 in poi i social network hanno aumentato lo spazio a disposizione dei pedofili e contiamo 8.397 segnalazioni in 17 anni per comunità e social. Per non parlare del Deep web» viene ricordato da don Fortunato.
Il Deep web è la faccia oscura della Rete che come quella della Luna tutti sanno ci sia ma nessuno ha mai visto. In 7 anni, dal 2012 a oggi, le segnalazioni sono state 47.421. Si tratta di una cifra impressionante e in aumento perché, molto semplicemente, permette una libertà di movimento che la Rete “pubblica” non offre. «È una giungla nella quale si opera e agisce nella massima libertà al punto che anche per le forze dell’Ordine non è facile intervenire e operare – si legge in una nota – . E spesso si opera tardivamente rispetto alle tecnologie usate dai cyber-pedofili. Un esempio? Un link a tempo: la collezione di foto o video con gli abusi si trova su un determinato indirizzo e sarà attivo solo 24 ore. Troppo poco perché si possa intervenire. Dal 2014 in poi il quadro dell’orrore si è fatto ancora più preciso: grazie alla nostra piattaforma per il monitoraggio della Rete abbiamo potuto potenziare la ricerca. Questo si è tradotto in 16.003.014 foto denunciate, 3.469.196 video denunciati, 12.610 mega archivi e 1.022 chat pedofile denunciate».
Sono due gli orientamenti riguardanti la pedofilia online: da una parte, si crede che i siti pedopornografici rappresentino un modo virtuale per soddisfare i propri desideri; dall’altra parte, si ritiene che sia solo un modo per spingere il pedofilo utente della rete a mettere in atto ciò che fino a quel momento era rimasto sopito. I rischi di molestia e di adescamento per i minori nelle chat rooms sono numerosi; infatti, sebbene vi sia la distanza fisica tra i due interlocutori, è possibile eliminare le differenze di età o culturali che normalmente pongono dei limiti nelle relazioni faccia a faccia tra minori e adulti. La rete telematica, spesso, rappresenta uno strumento utile per i pedofili nella fase di contatto iniziale con i minori, in quanto permette loro, senza esporsi, di attuare forme “soft” di molestia di tipo verbale o primi approcci per favorire un incontro reale con il bambino. I pericoli che la rete riserva ai più piccoli, accanto naturalmente alle meravigliose opportunità di crescita e di scoperta del mondo che li circonda, necessitano di un’attenzione particolare da parte dei genitori. È necessario che questi ultimi stiano vicini ai loro figli, che li guidino nel loro percorso all’interno della rete e che imparino a parlare il loro linguaggio, per comprendere meglio i loro interessi e il loro mondo.
La classifica dei domini (le “targhe” dei siti internet) è la seguente: al primo posto l’isola di Haiti nel mar dei Caraibi in America Centrale, con 640 link (dominio .ht); al secondo posto la Francia, con 484 link (dominio .fr); al terzo posto, con 410 link, la Nuova Zelanda (dominio .nz). Si comprende che il fenomeno è su scala mondiale, nessun continente risulta immune, 30 sono le nazioni coinvolte. Molto spesso dai link analizzati risulta che l’estensione – seppur appartenente geograficamente ad una nazione – contiene servizi forniti da server allocati in altre parti del mondo (di solito in America o in Europa), come emerge dal grafico della collocazione geografica dei server indicato nel Report (nelle immagini tratte dal Report). Ciò vuol dire – spiegano a Meter – che un utente che risiede in un continente può̀ registrare un dominio appartenente geograficamente ad uno Stato collocato in un altro continente. Risulta evidente la complessità del mondo del web e la totale libertà di azione degli utenti, che su Internet non hanno nessun vincolo geografico.
Guardando ai link monitorati e denunciati nel corso del 2019, il trend delle vittime più richieste – se si assume il fatto che la pedofilia riguardi l’abuso di bambini da pochi giorni a 13 anni – è quella 8-12 anni con 5.742.734 fotografie rilevate; seguono 3/7 anni (1.321.969), chiude 0/2 anni (7.646). Quando parliamo della fascia 0/2 anni parliamo di bambini che hanno pochi giorni di vita. È il fenomeno dell’infantofilia che Meter denuncia da molti anni.
Anche per i video il trend è lo stesso: 715.926 quelli segnalati per la fascia 8/12, a seguire 272.363 nella fascia 3/7 e a chiudere, per la fascia 0/2 parliamo di 4.006 video segnalati. C’è comunque un problema: è praticamente impossibile rilevare l’età anagrafica di alcuni bambini perché non sono ben visibili nel materiale che viene segnalato da Meter alle Polizie e ai server provider.
Il Deep Web, la punta dell’iceberg
I link del Deep web segnalati nel 2019 sono 272. Il Deep web (la parte nascosta di Internet) è lo spazio libero in cui le associazioni a delinquere di tutto il mondo espandono i loro traffici. Il fenomeno si è spostato in modo esponenziale in questa free zone incontrollabile che rende difficile l’intervento immediato delle polizie di tutto il mondo. È per questo motivo che Meter, per evitare di vedere vanificato il proprio lavoro di segnalazione, ha spostato la sua attenzione sulla ricerca e sulla catalogazione degli archivi telematici che vi si trovano. Il Deep web è una zona sommersa della Rete molto difficile da individuare ed esplorare, motivo per cui le Forze dell’ordine di tutti gli Stati dovrebbero collaborare per evitare la perdita e lo spreco di informazioni vitali per il contrasto immediato del pedo criminal web e per la liberazione immediata dei bambini coinvolti in questo turpe mercato di violenza inaudita.
Il lavoro di monitoraggio sulla pedofilia online rimane sempre argomento sottovalutato anche dalle forze politiche che non hanno interesse a mettere in agenda e in prima linea questa importante lotta alla criminalità pedofila. Tutto ciò che non si riesce a fare è sicuramente a discapito delle piccole vittime: – continuano da Meter – si rimane spesso in silenzio ad aspettare che ulteriori minori vengano coinvolti in questa atrocità, perché il web non dà tregua né tantomeno si arresta. Aspettiamo che quanti hanno responsabilità̀ di vigilanza e di giustizia si attivino affinché́ non rimanga il silenzio su ciò̀ che accade giornalmente sul web (e non solo). E la stessa sensibilità ci aspettiamo dai comuni cittadini, perché i bambini sono il futuro di tutti.
Dall’attività di monitoraggio della rete emerge un dato importante, rilevato anche gli anni precedenti. I grafici della geolocalizzazione dei server evidenziano che Europa e America sono la culla della maggior parte delle aziende che gestiscono i server che permettono il funzionamento di molti siti o piattaforme in cui si divulga materiale pedopornografico. In altre parole, per usare una metafora: le macchine (i siti) sono tutte con targhe differenti da varie parti del mondo ma in realtà, a livello fisico, si trovano prevalentemente in Europa e America.
Questo dato è interessante perché fa comprendere il meccanismo economico sottostante. Analizzando il grafico della geolocalizzazione dei server di Asia, Africa e Oceania si comprende chiaramente che è quasi irrilevante la presenza dei server in Stati appartenenti a tali continenti. L’Oceania ha azzerato i link allocati nella propria area geografica: ricordiamo il .to (dominio dell’isola di Tonga) che negli ultimi anni ha fatto registrare notevole quantità di link. Si evidenzia l’importante collaborazione nata fra l’Associazione Meter e il gestore delle estensioni di dominio delle terre situate nell’oceano Pacifico che ha generato un’importante opera di repressione e di controllo. Sarebbe auspicabile – dicono a Meter – creare una rete di collaborazioni internazionali per porre almeno un freno allo scambio di materiale pedopornografico. Ne siamo consapevoli, la pedopornografia online è una piaga enorme e sanguinante di innocenti vite, ma non possiamo accettare che non si faccia nulla o poco per arginare questo fenomeno. Dai grafici di queste pagine risulta immutato il ruolo preminente di Europa e America, continenti della ricchezza, dell’opulenza, ma anche del lucro su materiale illecito.
«Dai dati che abbiamo visto emergono quindi delle specifiche responsabilità che i colossi del web non possono eludere appellandosi ad una estrema tutela della privacy. I registri di dominio e gli amministratori dei siti, delle piattaforme di file sharing hanno la responsabilità di vigilare sul materiale che circola sotto il loro nome; se è vero che non hanno controllo sul materiale che viene caricato dai loro utenti, è vero anche che hanno il potere di far rimuovere tale materiale e, quando la legge del loro Paese lo permette, possono altresì fornire alle autorità competenti gli indirizzi IP di chi ha caricato e/o scaricato il materiale in questione. Ma ciò che più preoccupa e crea rammarico», continua don Fortunato «è la mancata azione degli organi preposti, nonostante le segnalazioni: non si assiste ad un’opera efficace di repressione. Non vengono organizzate comuni operazioni per stanare il fenomeno e, se qualche indagine viene effettuata, difficilmente si giunge all’epilogo sperato dell’individuazione dei responsabili e all’eventuale condanna. Inoltre la repressione è resa ancora più complicata, poiché molti Paesi non dispongono di una legislazione che si occupa specificamente di pedopornografia o di reati informatici legati a tale fenomeno. Lo stesso accade per l’individuazione delle vittime, che costituisce la sfida più ardua di intervento contro tale turpe fenomeno».
Meter non si occupa solo di monitoraggio e denuncia, accanto al web, infatti si occupa di accogliere chi soffre. Il Centro Ascolto e di prima accoglienza negli ultimi 17 anni ha ricevuto 10.039 telefonate e ha fornito 1.721 consulenze con presa in carico presso la sede nazionale. Nel 2019 il Centro Ascolto Meter ha accolto 142 richieste di aiuto. Coloro che si sono rivolti a Meter per essere ascoltati e orientati provengono principalmente dal territorio siciliano (96).
La rilevanza maggiore continua ad essere rappresentata dal territorio siciliano, indicativa della presenza della sede nazionale e dunque di una maggiore possibilità di incontro, seguita dal Lazio, Calabria e Lombardia. Nel 2019 è possibile osservare la presenza di nuove tipologie di disagio, una parte delle quali è legate alla sfera sessuale, in particolare la presenza di richieste d’aiuto per parenti inseriti in gruppi settari a sfondo sessuale. L’altra parte è collegata alle nuove tecnologie, in particolare al fenomeno degli hikikomori, termine riferito a ragazzi che decidono di escludersi dal mondo e di rinchiudersi nella propria camera, anche per mesi o per anni, con l’unica compagnia degli strumenti tecnologici e della rete internet.
In apertura immagine da Pixabay
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