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Msf: «Le accuse alle ong? Le stesse che hanno fatto chiudere Mare nostrum»
Intervista a Marco Bertotto, responsabile Advocacy di Medici senza frontiere dopo il suo intervento al Parlamento europeo con il capo dell'Agenzia Ue Frontex, Guardia costiera e Human rights watch e un incontro diretto con Luigi Di Maio e due eurodeputati del M5S. "Possibile che regolamentare le ong sia la vera priorità degli Stati sul tema dei morti in mare anziché riformare il Regolamento di Dublino, far funzionare i ricollocamenti e istituire corridoi umanitari?"
“Frontex critica noi ong che salviamo vite in mare? La storia si ripete, tre anni dopo avere fatto lo stesso con Mare nostrum. E, soprattutto, migliaia di morti dopo”. Sono parole nette quelle di Marco Bertotto, responsabile Advocacy dell’organizzazione non governativa Medici senza frontiere, presente oggi nel Mar Mediterraneo con due imbarcazioni in coordinamento proprio con l’agenzia europea Frontex e la Guardia Costiera italiana e in procinto di sbarcare entrambe, domani 14 luglio, nei porti di Salerno e Brindisi con rispettivamente, 935 e 860 migranti, 1.795 totali. Parole che Bertotto rivolge a Vita.it dopo averle dette direttamente al Parlamento europeo di Bruxelles la mattina del 12 luglio 2017, davanti ai parlamentari della Commissione Libe, al capo di Frontex Fabrice Leggeri e a un rappresentante della Guardia costiera. “Le critiche a Mare nostrum – e i motivi per cui poi è stata fatta chiudere – sono le stesse che ci vengono rivolte ora: essere con la nostra presenza un pull factor, fattore di attrazione, influenzando le scelte dei trafficanti e spostando l’asse dei salvataggi troppo vicino alla Libia”. Scelta legittima quella di allora? “Se si vede l’enorme tragedia umana dei mesi successivi, in particolare i 1200 morti di due naufragi dell’aprile 2015, che ha poi portato proprio all’apertura dell’operazione Triton della stessa Frontex, le conseguenze di tale scelta sono state oltremodo pesanti”.
E ora? “Togliere di mezzo le ong dal mare significa tornare a quel punto. Ma noi non ci stiamo e non arretriamo di un passo, la nostra scelta di essere nel mare, come abbiamo detto più volte, è salvare vite umane denunciando apertamente il fatto che i governi europei stanno fallendo in uno dei loro valori fondanti, la solidarietà”, sottolinea Bertotto. Mesi e mesi di campagna contro le ong in mare da parte di politici italiani ma anche testate giornalistiche si sono condensate ora in una nuova fase che in un escalation di sgomento per gli addetti ai lavori ha portato a incontri di alto livello – compreso quello di ieri tra i primi ministri di Italia, Germania e Francia – che si sono concentrate sul ruolo delle ong e sulla proposta del governo italiano di un codice di condotta che probabilmente vedrà la luce in modo ufficiale nelle prossime ore. “Chiedo alla politica: davvero pensano che la priorità in tema di morti in mare sia quella di regolamentare le ong? I ricollocamenti, la modifica del Regolamento di Dublino, l’istituzione di corridoi umanitari non sono temi molto più urgenti?”. Quello che Bertotto vede davanti a sé è un “mondo alla rovescia dove domina un’ipocrisia di fondo: noi che cerchiamo di mettere una pezza alle tragedie in mare siamo diventati il problema, quando fino a pochi mesi fa venivamo addirittura osannati per la nostra opera, tra l’altro a volte anche in modo esagerato dato che il nostro è un mandato umanitario e non siamo per nulla degli eroi”.
Nel suo intervento del 12 luglio al Parlamento Ue, il capo di Frontex ha declamato numeri straordinari nei salvataggi, con 16mila persone recuperate da gennaio 2017 dal sistema Triton, compresi quelli della Guardia costiera. A lui ha replicato poco dopo lo stesso Bertotto: “16mila è lo stesso numero di persone che nello stesso periodo hanno salvato complessivamente le nostre due navi, Prudence e Acquarius”. La realtà, ci aggiunge il reponsabile Advocacy di Msf, “è che Frontex è meno presente in mare non avendo come obiettivo il soccorso ma il controllo delle frontiere, e se anche noi dovessimo andare via da lì lasceremmo la Guardia costiera, che coordina ogni imbarcazione in mare, molto più da sola rispetto a oggi”.
Rimane l’imminente codice di condotta. “Ne parlano tutti, mass media e opinione pubblica, ma a noi che dovremmo sottoscriverlo o comunque attenerci non è ancora arrivato nulla. Quando ci informerà il ministro dell’Interno?”, chiede Bertotto. Nel frattempo la politica continua la sua bagarre: è di ieri sera un video del vicepresidente della Camera Luigi di Maio, del Movimento Cinque Stelle, che con l’ardore di “scoprire” cose già note (la missione Triton può fare sbarcare persone solo in Italia, come da accordi iniziali), attacca l’esecutivo su temi che partono dagli sbarchi ma poi toccano le manovre economiche del precedente governo Renzi. Lo stesso di Maio che era presente a fianco degli europarlamentari alla seduta della Commissione Libe e poi in incontri privati sia con Leggeri che con Bertotto. “Mi ha chiesto parecchie cose nel merito ed è stato un incontro di scambio di informazioni”. Le dichiarazioni successive alla stampa del leader del M5S hanno poi tralasciato perlopiù la questione ong per concentrarsi sulla politica governativa. “In politica il dibattito è influenzato dal clima già pre-elettorale. È un peccato perché un tema complesso come questo andrebbe affrontato più nel dettaglio, senza scontri e veleni incrociati tra partiti. Bisognerebbe interrogarsi di più sui principi, tenendo alto il principio chiave della legge del mare che vuole che chiunque sia salvato”, conclude Bertotto. “Discutiamo dell’accoglienza, di quello che non va e va cambiato, ma non del salvataggio, perché rimane un argomento facile preda di strumentalizzazioni che non fanno il bene di nessuno”.
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