Famiglia

Pasticci e discriminazione in una legge creata sugli slogan anti clandestini

Il commento di Livia Turco sulla legge Bossi-Fini sull'immigrazione

di Livia Turco

Ci sono dettagli rivelatori di una cultura e di una visione della politica. Per esempio, seguire il dibattito parlamentare che cambia la legge sull?immigrazione non esercitando la propria responsabilità di deputato, rinunciando a prendere la parola e a far valere la propria coscienza e obbedire, invece, al proprio capogruppo. Se un cittadino va a leggere gli atti del dibattito parlamentare sulla legge sull?immigrazione voluta dalla Lega, scoprirà che nessun deputato di tale partito è intervenuto. Neanche da Forza Italia si è alzato nessuno a prendere la parola. Mirabile sintesi dell?indifferenza, del fastidio e forse anche di un po? di disagio! Voglio sperarlo. Per non parlare del coraggioso plotone di parlamentari dell?Udc, quelli che avevano promesso grandi battaglie per contenere la slavina razzista di Bossi. Loro, proprio non sono esistiti, se non per ritirare gli emendamenti che avevano copiato dalle associazioni e che, ingannandole, si erano impegnati a sostenere. E sempre per stare ai dettagli rivelatori di una cultura discriminatoria, ipocrita e anche pasticciona, che dire del modo con cui è stato risolto lo scandalo dello ?scippo? dei contributi Inps ai poveri immigrati? Dopo la battaglia parlamentare che ha provocato disagio e indignazione anche all?interno della maggioranza, la soluzione è che l?immigrato avrà quelle poche lire che gli spettano, però soltanto dopo i 65 anni, quando andrà in pensione. E che dire del pasticcio sui ricongiungimenti familiari? A fronte della mobilitazione dell?opposizione, delle associazioni e della Chiesa, hanno modificato in parte la normativa, introducendo la possibilità di ricongiungersi con il genitore se è ultrasessantacinquenne! Per non parlare della questione delle impronte digitali per gli extracomunitari che entrano con il permesso di soggiorno o lo rinnovano. Al di là dell?inutilità e del carattere discriminatorio della norma, non si capisce perché le impronte digitali debbano essere prese a chi fa già lunghe trafile burocratiche per accertare le sue generalità e non a chi entra solo con un visto. Non vorremmo si cadesse nel paradosso per cui una colf ecuadoregna che fa tanta fatica per avere un permesso è costretta alle impronte digitali, e una persona poco raccomandabile che ottiene ?facilmente? un visto di ingresso ne è invece esonerata. Sono i paradossi cui conduce una legge che ha avuto come scopo primario quello di mandare messaggi simbolici al Paese anziché risolvere i problemi.


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