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Ma più sociale di così…

"La riforma non penalizza affatto il mondo del volontariato.Anzi, ci siamo messi nella prospettiva di costruire un sistema di protezione sociale davvero integrato".

di Francesco Maggio

Quando il riordino generale dei ministeri, e in particolare la costituzione di un dicastero unico del welfare che accorpasse Solidarietà sociale, Sanità e Lavoro, era ancora poco più che un?ipotesi scuola, Livia Turco, ministra della Solidarietà sociale, sorprese non pochi dichiarandosi subito favorevole alla riform. Anche a costo di perdere eventualmente il ?posto di lavoro?. Adesso che la riforma in questione non è più un?ipotesi accademica ma una realtà che diventerà operativa a tutti gli effetti sin dalla prossima legislatura, la ministra ha cambiato opinione in proposito? Teme l?eventualità di difficili ?convivenze?? Oppure è rimasta dello stesso avviso? Come giudica nel complesso il decreto legislativo approvato venerdì scorso dal governo e la discussione aspra nella stessa sede del Consiglio dei Ministri? ?Vita? lo ha chiesto alla diretta interessata.
Allora, onorevole Turco, cosa ne pensa di questa riforma? Ha cambiato idea?Assolutamente no, penso tutto il bene possibile della riforma Bassanini. Ritengo che questa decisione del governo di snellire e razionalizzare le strutture dei suoi ministeri comporti dei benefici in assoluto e, in più, consenta al Terzo settore di rivendicare a pieno titolo uno ?storico? risultato: quello di aver ottenuto quanto chiedeva un anno e mezzo fa a Padova, in occasione della firma del Patto sulla solidarietà tra Forum del Terzo settore e governo. E, cioè, un super ministero del sociale, del welfare, che avesse lo stesso ?peso? del super ministero del Tesoro e dell?Economia. Ebbene, credo proprio che stavolta il non profit abbia di che cantare vittoria.
Si spieghi meglio, perché le reazioni del Terzo settore non vanno in questa direzione, anzi.
Le ragioni sono molteplici. Mi limiterò perciò a sottolinearne solo un paio. Innanzitutto perché si tratta di una riforma che guarda alla sostanza dei problemi ed il non profit ci ha insegnato che noi dobbiamo costruire un sistema di protezione sociale che presti attenzione alla persona nella sua interezza e non la scomponga, al contrario, in categorie. Ciechi piuttosto che diasagiati psichici, minori invece che anziani, disoccupati piuttosto che pensionati. Nel nuovo ministero ciascun problema di natura sociale verrà affrontato in un quadro d?insieme cercando, caso per caso, di offrire le risposte che soddisfino meglio le esigenze della persona e i suoi bisogni. La seconda ragione è che da questa riforma emergono due parole chiave che, lo ribadisco ancora una volta, il non profit ci ha insegnato in questi anni: rete ed integrazione. Rete, perché il nuovo ministero del Welfare punta a coordinare le varie strutture periferiche cercando di ?esaltarne? le complementarità, fornendo loro standard di qualità validi per tutto il territorio nazionale. Ricordo che proprio dall?associazionismo sociale e sanitario sono partite numerose denunce sulla disparità di trattamento dei bisogni sul territorio nazionale. Integrazione, perché si uniscono e si valorizzano le tante, preziose esperienze del non profit che in un sistema di pari dignità potranno rapportarsi con l?amministrazione pubblica.
Non tutti però la pensano così. C?è chi, per esempio, ritiene che troppi accorpamenti possano finire con il creare confusione.
È vero esattamente il contrario. Finora siamo andati avanti con parcellizzazioni e sovrapposizioni di competenze che, di fatto, finivano spesso con il provocare la paralisi completa di ogni tentativo di affrontare seriamente nel merito i problemi. Con la riforma, invece, l?accento viene posto sul coordinamento delle attività dei vari Dipartimenti che, vorrei ricordarlo, non sono affatto, come qualcuno ha scritto, dei ministeri di serie B ma solo delle strutture più agili ed efficienti, ciascuna con a capo un responsabile che oggi si chiama ministro e che domani, probabilmente, avrà un altro nome.
Insomma, questa riforma proprio la soddisfa?
Assolutamente sì. Grazie ad essa finalmente si porrà fine a una antica quanto iniqua distinzione tra welfare dei garantiti e welfare degli esclusi. E scusi se è poco.

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