Mondo
Macron ha davvero cambiato idea sui migranti?
Già nel 2016 Emmanuel Macron invitava a distinguere fra migranti economici e rifugiati. Un tema che il Presidente francese chiede oggi di affrontare in chiave di realismo politico
di Marco Dotti
Hanno destato un certo clamore, in Italia, le parole di Emmanuel Macron. Alla vigilia del vertice di Berlino, preliminare al G20, il Presidente francese aveva sorpreso gli entusiasti dell’ultima ora con un lapidario: «l’80% di chi arriva in Italia lo fa per ragioni economiche». Era il 28 giugno, nemmeno una settimana fa.
Tutto si potrà imputare al neo Presidente, ma non di aver espresso a più riprese la propria posizione.
È vero che – la critica gli era stata mossa in campagna elettorale – nel programma su carta di En Marche!, il movimento che ha sbaragliato i partiti storici e trasformato una vittoria personale nella coda lunga di un vero cambio di sistema, la parola “immigration” non compare. Compare, invece, sul sito web del movimento, segno di una precisa strategia.
Ancora nel maggio scorso, in un’intervista pubblicata dal settimanale protestante Reforme, Macron osservava che la sfida dell’integrazione richiede complessità e realismo. L’accompagnamento alla frontiera – spiegava Macron – resta la questione aperta: come coniugare «umanità e efficacia»? Macron affermava: «non credo alla politica delle quote, perché non sappiamo farla rispettare», mentre oggi «regna l’ipocrisia (…) e la verità è che non abbiamo alcun accordo con i Paesi terzi per questo accompagnamento alla frontiera».
Macron sembra collocarsi nel solco di un realismo politico temperato, ma pur sempre attento ai dati e ai fatti. Piaccia o no. Per Macron le migrazioni sono un fatto geopolitico totale, impossibile fermarle. Ma va data forma alla sfida dell'integrazione.
Si può opinare sulla distinzione, ma Macron non ha certo torto quando afferma che gli slogan non bastano per affrontare un fenomeno complesso. Un dibattito va aperto. Forse le sue parole andrebbero lette così: il dito nella piaga di un problema che non si risolve a colpi di slogan, né voltandosi dall’altra parte. Tanto meno chiedendo “più Europa”, senza mai domandarsi “quale Europa” vogliamo, in quale Europa speriamo. Se ci crediamo e ci speriamo ancora, beninteso.
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