Famiglia

Le esperienze: Banca Popolare Etica – Europa (Italia)

Tre anni di vita e un grande avvenire davanti. L'esperienza italiana di banca per lo sviluppo del Terzo settore. Dalla raccolta di quote al prossimo prodotto di investimento finanziario.

di Redazione

L’esperienza di Banca Etica presenta tre elementi di novità importanti nell’era della globalizzazione. Stiamo assistendo a un processo dal basso e quindi le organizzazioni del Nord e del Sud del mondo si stanno mettendo insieme, stanno dialogando, e questo mercato delle persone non bancabili, questo mercato dei poveri, questi due o tre miliardi di poveri che vivono con meno di un dollaro e mezzo al giorno, costituiscono un mercato. Questo mercato, che aumenta di giorno in giorno, si sta organizzando e ha necessità d’avere strumenti nel campo del credito e in quello della commercializzazione dei prodotti e dei servizi. Una banca virtuale Nel campo del credito il progetto che sta emergendo è quello del microcredito o finanza etica. C’è una tendenza di questi movimenti dal basso di organizzarsi per chiedere una maggior qualità della vita, un benessere che vada oltre la monetizzazione. C’è una tendenza a mettere insieme l’anima, la qualità della vita, le relazioni, le reti sociali che non sono prodotti che si possono acquistare al supermercato. Quindi, abbiamo la necessità di disegnare un futuro per le prossime generazioni che possa mettere insieme sviluppo sostenibile, qualità della vita e benessere della collettività. All’interno di questo percorso, nasce un progetto concreto, quello di fare una banca: noi ci definiamo una “banca non banca”. Qui vorrei solo, visto che abbiamo compiuto tre anni, accennare due o tre elementi di novità che non sono di norma molto presi in considerazione. La nostra è una banca virtuale, dialoghiamo con tutto il mondo, abbiamo un gruppo di clienti indiani che depositano i soldi regolarmente presso di noi, dal parroco di Mazara del Vallo a clienti norvegesi. Per l’Europa è “best practice” Qual è il problema delle banche virtuali? Che non conoscono il cliente, che la fedeltà del cliente è debole. Perciò noi abbiamo diviso l’Italia in circoscrizioni in cui i soci hanno democraticamente eletto i coordinatori, quindi quasi 500 rappresentanti, una realtà di rappresentanza difficile da gestire. Siamo partiti da una banca monosportello e oggi possiamo parlare di un gruppo bancario, ma anche più in generale di un sistema di banche. Abbiamo ricevuto dei riconoscimenti significativi, nel 2000 la Comunità Europea ci ha segnalato come “best practice” nel campo nella finanza etica in Europa, all’interno dei progetti leader abbiamo vinto 30 miliardi di lire per progetti dedicati alla nuova occupazione, siamo stati indicati come progetto di riferimento. La Repubblica di San Marino, con una giuria internazionale di giornalisti, ci ha premiato come una delle idee più innovative del terzo millennio: noi non sapevamo di partecipare a questo premio e abbiamo battuto PlayStation e Viagra! Siamo dei consulenti ufficiali del ministro francese dell’Economia sul problema del microcredito e della microfinanza. A livello europeo abbiamo costituito la Federazione europea delle banche etiche e alternative con l’obiettivo di costituire, più che una banca europea alternativa, una cassa centrale che vada a costituire progetti di banche in Corsica, in Spagna, in Nord Europa; siamo naturalmente legati alla Gemeinshaft in Germania e c’è una banca di credito cooperativo che partecipa al progetto che entro la fine del 2002 varerà una banca di investimento per capitalizzare la costituzione di altre banche sul modello di banca etica. La trasparenza Un’altra nostra caratteristica è la trasparenza, sia dal lato della raccolta (noi chiediamo la provenienza del denaro) che riguardo l’indicazione dei settori di impiego e utilizzazione del denaro: abbiamo addirittura dei certificati di deposito finalizzati al singolo progetto perché il senso della banca etica è quello di mettere insieme raccolta e impiego del denaro. In questo momento il risparmiatore va in una banca, mette il proprio denaro e questo denaro non si sa bene dove vada a finire. Abbiamo elaborato un’istruttoria economico sociale, una sorta di questionario per i beneficiari e siamo una delle poche banche al mondo che applichi correntemente questo tipo di richiesta. Abbiamo costituito con Bpm, Crea Holding e Banca Popolare di Sondrio una società di gestione fondi etica (Ecgr) che partirà in autunno con un advisor belga che elabora criteri molto selettivi nella scelta delle aziende: questa società ha come obiettivo di raccogliere più di 500 milioni di euro. Un centro di ricerca e cultura Abbiamo sostenuto la fondazione di un mensile, Valori, assieme ad altre organizzazioni. È una rivista d’impronta economica perché all’interno di questa comunità virtuale in cui viviamo, è importante cominciare a far cultura. Ma un’altra cosa estremamente importante è che noi crediamo che occorra radicalizzare questa cultura della finanza etica. Oggi non posso dire dove, ma nel centro dell’Italia, nei prossimi mesi, procederemo alla costituzione di un centro, di un luogo, dove, anche nel nostro Paese, ci sia la possibilità di informarsi sulle alternative economiche esistenti e di formare ricercatori. La società civile dovrebbe costituire dei centri di ricerca applicata. Il Wuppertal Institute, per esempio, dà le pagelle, per quanto riguarda l’ecocompatibilità, alla Volkswagen e propone progetti sostenibili all’industria automobilistica: ecco dovremmo moltiplicare esperienze simili. Bisogna lanciare questi ponti tra profit e non profit, e quindi occorre una cultura che possa trovare una rispondenza nel mondo della società e delle imprese. Stiamo lavorando nell’ambito delle assicurazioni alternative, stiamo costruendo una nuova sede a Padova, completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, probabilmente venderemo energia. Sul fronte del microcredito, in collaborazione con il consorzio finanziario Etimos, ci stiamo specializzando per lo sviluppo di un concetto di microcredito nei Paesi del Sud del mondo. La via europea C’è una via europea al microcredito e, credo sia molto importante sottolinearlo, prendiamo innanzitutto in considerazione la comunità e i suoi bisogni e i bisogni che i singoli individui hanno nei confronti della comunità. Quello che siamo riusciti a fare in questi anni è qualcosa di miracoloso, perché ottenere una licenza per l’esercizio del credito in un Paese occidentale è estremamente difficile. Dobbiamo sempre lavorare sul filo del rasoio di una banca che ha come obiettivo la massimizzazione dell’utilità sociale, con una legislazione che invece tende sempre di più verso la concentrazione e sempre di meno verso il microcredito. E qui sta il nodo, perché la partita si gioca in Occidente. Nel 2005 dovranno entrare in vigore gli accordi di Basilea: bene questi accordi dovrebbero obbligare tutte le banche del mondo a utilizzare dei parametri ancora più penalizzanti per le piccole banche. La tendenza del legislatore è quella di non prendere in considerazione questo bisogno mentre c’è la necessità di avere anche un inquadramento legislativo e fiscale. Fabio Salviato presidente Banca Popolare Etica


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