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“Vogliamo ritornare in zone sicure della Siria”. L’appello dei profughi siriani in Libano

Per la prima volta in sei anni e tre mesi di guerra civile centinaia di cittadini uniscono la loro voce con richieste ben precise per la comunità internazionale. Ecco quello che chiedono, supportati dai volontari del corpo civile di pace italiano Operazione Colomba

di Daniele Biella

"Pace in Siria". Questo il titolo dell'appello di persone siriani attualmente ospitate in condizioni difficili nei campi profoughi libanesi. Un tentativo di fare breccia in modo nonviolento – i firmatari chiedono la possibilità di tornare in zone della Siria appositamente sicure ovvero sotto il controllo della Comunità internazionale. Ecco il testo.

Noi siriani, profughi nel nord del Libano, riuniti in organizzazioni ed associazioni, semplici cittadini e famiglie, scampati alla morte e alla violenza, a cinque anni dall'inizio della guerra che ha distrutto il nostro Paese, viviamo a milioni senza casa nè lavoro, senza sanità nè scuola per i nostri figli, senza futuro. Nel nostro Paese ci sono centinaia di gruppi militari che, con la sola legittimità data loro dall’uso della violenza e dal potere di uccidere, ci hanno cacciato dalle nostre case. Veniamo ancora oggi uccisi, costretti a combattere, a vivere nel terrore, a fuggire, umiliati e offesi. Ai tavoli delle trattative siedono solo coloro che hanno interessi economici e politici sulla Siria. A noi, vere vittime della guerra e veri amanti della Siria, l'unico diritto che è lasciato è quello di scegliere come morire in silenzio. Ma noi, nel rumore assordante delle armi, rivendichiamo il diritto di far sentire la nostra voce, e insieme a coloro che ci sostengono e a chi vorrà unirsi al nostro appello.

Chiediamo:

la creazione di zone umanitarie in Siria, ovvero di territori che scelgono la neutralità rispetto al conflitto, sottoposti a protezione internazionale, in cui non abbiano accesso attori armati, secondo il modello, ad esempio, della Comunità di pace di San Josè di Apartadò. Vogliamo che siano aperti corridoi per portare in sicurezza i civili in pericolo fino alla fine della guerra e che tutti i rifugiati ritornino a vivere in pace e sicurezza nella loro Patria;

– che si fermi la guerra: che si fermino immediatamente i bombardamenti, si blocchi il rifornimento di armi e le armi già presenti vengano eliminate; che si ponga fine all'attuale assedio di decine di città siriane, che gli abitanti di queste città, senza cibo e medicine, siano assistiti immediatamente e posti in sicurezza;

– che siano assistite le vittime e sostenuto chi le soccorre: che siano liberati i prigionieri politici, ricercati i rapiti e dispersi; che siano soccorsi e assistiti anche in futuro i feriti e i disabili di guerra;

– che si combatta ogni forma di terrorismo ed estremismo, ma che questo smetta di essere, com'è ora, un massacro di civili innocenti e disarmati, che oltretutto alimenta il terrorismo stesso;

– che si raggiunga una soluzione politica e che ai negoziati di Ginevra siano rappresentati i civili che hanno rifiutato la guerra, e non coloro che hanno distrutto e stanno distruggendo la Siria;

– la creazione di un governo di consenso nazionale che rappresenti tutti i siriani nelle loro diversità e ne rispetti la dignità e i diritti. Vogliamo che sia fatta verità e giustizia sui responsabili di questi massacri, distruzioni, e della fuga di milioni di profughi, e lasciato spazio a chi vuole ricostruire. Vogliamo convocare ora le migliori forze internazionali, in grado di costruire convivenza e riconciliazione, per sostenere ed elaborare insieme a noi civili un futuro per il nostro Paese.

L'appello dei civili siriani è supportato da Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni Operazione Colomba è presente in Libano dal settembre 2013, a partire dall'aprile 2014, stabilmente nel campo profughi e nel villaggio di Tel Abbas, a 5 chilometri dal confine con la Siria.

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