Comitato editoriale
Italiano il primo studio al mondo su Sclerosi multipla e Covid-19
Lancet Neurology ha accettato di pubblicare i primi dati della piattaforma internazionale MuSC-19 sulla situazione italiana. Sin ed Aism presentano il progetto pilota di raccolta delle informazioni cliniche sulle persone con Sm che hanno sviluppato l’infezione da Coronavirus. «L’impegno continuerà nei prossimi mesi e i dati saranno studiati e approfonditi», annuncia Mario Alberto Battaglia, presidente della Fism
Sono pubblicati su Lancet Neurology i primi dati preliminari della piattaforma Covid-19 e Sclerosi Multipla (Sm), il progetto pilota di raccolta di informazioni cliniche sulle persone con Sm che hanno sviluppato l’infezione da Covid-19.
Alla piattaforma MuSC-19, attivata il 14 marzo 2020, ad oggi hanno contribuito a fornire dati 78 centri clinici italiani specializzati nella Sm oltre a 28 centri di altre 15 nazioni.
I dati disponibili all’8 aprile e pubblicati sulla rivista internazionale riguardano 232 persone con Sm con sintomi da Covid-19; il tampone era stato eseguito in 58 persone, con positività in 57. In questa coorte ci sono stati 5 decessi, 2% del totale, un altro paziente, oltre ai precedenti, è stato ricoverato in unità ad alta intensità di cura e altri 17 pazienti sono stati ricoverati in reparti non intensivi. In 209 pazienti l’espressione della malattia si è limitata ad una varia combinazione di sintomi che non hanno comportato ospedalizzazione.
Tutti i decessi riguardavano persone con particolare fragilità legata alla disabilità, alle comorbidità e/o all’età avanzata.
Il 90% delle persone era in trattamento con Disease Modifying Treatment (DMT). Ad oggi non sono emersi elementi di rischio legati alla terapia. Non è possibile da questi dati dare alcuna informazione sul rischio connesso con uno specifico trattamento. Questi dati devono essere presi come preliminari.
«Al momento, questi risultati sembrano essere abbastanza rassicuranti per la maggior parte delle persone con Sm», sottolinea il professor Marco Salvetti dell’Università Sapienza, Ospedale Sant’Andrea, di Roma. Sono in linea con quanto la Società Italiana di Neurologia (Sin), insieme ad Aism e alla Federazione Internazionale delle Associazioni Sm avevano già pubblicato sulla gestione dell’emergenza da parte delle persone con Sm e anche in relazione ai trattamenti innovativi di uso corrente. «Peraltro viene confermato che persone con Sm con comorbidità, con disabilità e in età avanzata variabilmente combinata sono esposte al rischio di una peggiore evoluzione della malattia», continua Salvetti . «Queste persone richiedono quindi una particolare cura nel prevenire l’infezione».
«Il monitoraggio e l’aggiornamento dei dati continueranno per tutta la durata dell'epidemia. Sarà inoltre fornita la prevalenza della Sm tra i casi che hanno sviluppato Covid-19, quando verrà messo in atto un sistema per verificare che tutti i casi di Sm positivi vengano rilevati» sottolinea il professor Francesco Patti dell’Università di Catania, coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Sin. Nel corso della conferenza stampa online (nell'immagine in apertura i relatori in un momento della call) è stato fatto notare che a oggi, 29 aprile, i casi riguardano 500 pazienti.
«Tra i Paesi occidentali, l'Italia è stata tra le prime a sperimentare gli effetti della pandemia di Covid-19» afferma il dottor Nicola De Rossi neurologo degli Ospedali Civili di Brescia, P.O. Montichiari (BS). «L'impatto complessivo in tutta Italia è stato tragico, come noto, in particolare nell’Italia del nord. Tuttavia questo ha consentito ai ricercatori italiani, in particolare ai medici ricercatori delle regioni più colpite, nonostante la terribile emergenza clinica, di studiare l’infezione di Covid-19 e questi sono i primi dati disponibili al mondo su Sm e Covid-19». De Rossi ha inoltre fatto notare come il 60% dei dati italiani riguardino pazienti lombardi e questo rispecchia la presenza del Coronavirus. Il neurologo ha anche ricordato che in questa circostanza è stata implementata la telemedicina via telefono e web per rimanere in contatto con i pazienti, attività che era già stata avviata negli anni scorsi. «Al momento il feedback dai nostri pazienti è positivo», ha concluso De Rossi.
L’obiettivo dell’iniziativa internazionale MuSC-19 in corso è proprio quello di fornire dati per contribuire a definire una strategia a medio e a lungo termine per le persone affette da Sm nelle diverse fasi di evoluzione di questa pandemia, con particolare riguardo alle diverse terapie seguite. Inoltre le informazioni derivanti da questo studio potrebbero essere utili anche per altre patologie.
«In questo scenario per far fronte ai problemi più urgenti e pianificare una risposta a lungo termine ai cambiamenti che la pandemia Covid-19 impone nella vita e sull'assistenza sanitaria delle persone con Sm, l’Associazione dei pazienti Aism con la sua Fondazione (Fism) e il Gruppo di studio sulla Sm della Società Italiana di Neurologia (Sin) hanno, già dalle prime settimane dell’epidemia, istituito un Programma di attività per affrontare l’emergenza a breve, medio e lungo termine anche relativamente alle tematiche di sanità pubblica e di advocacy”», afferma il professor Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla.
Da parte sua il professor Gioacchino Tedeschi, presidente della Società Italiana di Neurologia afferma: «Il programma è stato realizzato secondo i suggerimenti ricevuti da un gruppo di diversi neurologi che operano in condizioni di elevata emergenza e da rappresentanti di Aism e Fism e costituisce un esempio di collaborazione virtuosa tra una società scientifica e un’associazione di persone con una malattia neurologica. Questa attività di ricerca ed assistenza è anche possibile grazie all’Aism e alla rete dei centri clinici di riferimento per la Sm in Italia, una realtà unica nel panorama internazionale, che in Italia è attiva dal 1996. Questa rete da sempre permette di affrontare i temi scientifici che riguardano la SM in modo collegiale su tutto il territorio nazionale».
Per la raccolta dei dati sui casi Covid-19 e Sm è stata creata la piattaforma specifica MuSC-19, donata da Roche, per far fronte all’emergenza. «La piattaforma è accessibile, previa registrazione, a tutta la comunità scientifica interessata a raccogliere questo tipo di dati, indipendentemente dalla loro nazionalità e disponibilità a partecipare a questa o ad altre iniziative collaterali di raccolta di dati clinici e campioni biologici» dichiara la professoressa Maria Pia Sormani dell’Università di Genova, che gestisce la piattaforma MuSC-19. A livello internazionale tra i diversi centri specialistici che stanno partecipando alla piattaforma si possono segnalare quelli di Canada, Stati Uniti, Portogallo, Danimarca e Svezia, partecipano inoltre a livello nazionali Turchia, Austria ed Egitto. «È uno sforzo collettivo. Ma è importante riuscire a replicare i risultati italiani anche perché c’è una forte eterogeneità nei diversi Paesi».
I dati sull'infezione Covid-19 nelle persone con Sm continuano ad essere raccolti dai centri clinici attraverso una cartella clinica elettronica. Il set di dati di base include caratteristiche cliniche e demografiche e informazioni sui trattamenti modificanti la malattia. Per essere inclusi, i pazienti devono presentare sintomi e segni di infezione da Covid-19, con o senza un test positivo (tamponi nasali e faringei).
Il collegamento con il Registro Italiano Sclerosi Multipla, che attualmente annovera oltre 60mila persone con Sm in Italia, permetterà di derivare importanti informazioni di tipo epidemiologico. «Avendo attivato l’intera rete tracceremo tutte le persone che sono seguite dai centri», ha precisato il professor Battaglia.
«Per le persone con Sm è importante avere dalla ricerca scientifica indicazioni che abbiano una ricaduta concreta sulle scelte di trattamento e di vita» ha concluso Francesco Vacca, presidente nazionale Aims. Da parte sua anche l’invito rivolto alle persone con Sm «è importante che noi portiamo alla ricerca le nostre esperienze di malattia: per questo invito tutte le persone che hanno affrontato l’infezione a domicilio a raccontare la loro esperienza ai ricercatori, anche attraverso i loro medici di base».
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