Welfare

Sanità: Caritas, sì ai ticket se garantiscono livelli minimi

Regioni e Comuni "siano molto attenti a garantire i livelli minimi di assistenza, per proteggere le fasce piu' deboli, come gli anziani, i disabili mentali, i malati di Aids o i tossicodipendenti".

di Redazione

I ticket sulle prestazioni sanitarie possono essere introdotti ma Regioni e Comuni “siano molto attenti a garantire i livelli minimi di assistenza, per proteggere le fasce piu’ deboli, come gli anziani, i disabili mentali, i malati di Aids o i tossicodipendenti”. La raccomandazione arriva da don Giancarlo Perego, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana, che a margine del 280 convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino al 20 giugno a Bellaria (Rimini) interviene sulla possibilita’ di introdurre di nuovo i ticket sanitari. “E’ un momento molto difficile, perchi la sanita’ rischia di divorare il sociale – osserva don Perego -. E ogni diminuzione delle risorse per lo stato sociale rischia di mettere in pericolo il livello di vita acquisito. Ma con la regionalizzazione dei servizi, mi auguro che si tenga conto dei bisogni dei soggetti piu’ deboli, e che non si applichino i ticket sui medicinali essenziali”. La Caritas mette comunque in guardia dal rischio di “disparita’ territoriale in materia di politiche sanitarie e sociali, con il rischio di forme di migrazioni da una regione all’altra”. In questo senso, spiega don Perego, “e’ compito dell’associazionismo, e anche delle Caritas, vigilare per fare in modo che siano tutelati i livelli minimi di accesso alla salute e di accompagnamento sociale” mentre “continua il fabbisogno sociale, crescono le incertezze istituzionali, nasce il problema dell’equilibrio tra federalismo e centralismo statale, cresce lo spostamento di risorse dal pubblico al privato”. E dunque i nuovi scenari politici, culturali, economici e giuridici che si vanno delineando in Italia, secondo don Perego chiedono di “cogliere e interpretare alcune sfide” e di “costruire nuovi percorsi educativi, salvaguardando la centralita’ della persona, il carattere pubblico anche di alcuni servizi privati, la destinazione comune dei beni, l’allargamento della partecipazione e delle responsabilita’ sociali”. In questa nuova situazione, conclude il sacerdote, “la prima forma di lotta sociale”, sembra essere allora quella di “non innescare nuovi conflitti sociali ma essere capaci di una verifica dei dati e dei problemi; e di costruire nuovi percorsi di ricerca sociale”.


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