Mondo
Nel 2050 gli africani saranno i più numerosi e i più giovani
Nell’arco di questo secolo, il raddoppio della popolazione africana sarà determinante per il destino del mondo. A dirlo è il rapporto “Il secolo Africano”
Entro il 2050 la popolazione del continente africano sarà la più grande e la più giovane del mondo. Il numero di giovani in Africa sarà dieci volte più grande rispetto al numero di giovani nell'Unione Europea.
A dirlo è il rapporto “Il secolo Africano” (scaricabile in allegato), lanciato da One in occasione della conferenza G20 del 12-13 giugno.
Stando ai numeri del rapporto si prevede che la popolazione africana raddoppi fino a 2,5 miliardi di persone, con la metà della popolazione al di sotto dei 25 anni. Questo cambiamento demografico può essere la più grande minaccia o la più grande opportunità per l'Africa e per il mondo, in base a delle chiare azioni dei leader, o alla mancanza di esse.
Non solo l’Africa infatti, ma il mondo intero beneficerebbero della crescita economica che può produrre questa giovane generazione. Senza interventi tuttavia i rischi già latenti ed in alcuni casi palesi, come la carestia in Sud Sudan, porterebbero alla destabilizzazione della regione e a rischi per la sicurezza sia dell’Africa e dell’Europa.
I leader politici concordano sul fatto che milioni di giovani disoccupati senza opportunità, competenze o prospettive di un futuro migliore, saranno vulnerabili agli effetti di estreme povertà, condizioni climatiche ed ideologie.
Il rapporto inoltre include degli esempi di successo in stati fragili – Etiopia, Ruanda, Nigeria e Costa d’Avorio.
Oltre al G20 i prossimi mesi vedranno il vertice G20 (7-8 luglio), nonché il vertice dell’Unione Africana (sempre in luglio) e il summit UE-Africa a novembre (entrambi incentrati sulla gioventù). Se i leader africani e il G20 agissero ora infatti, potrebbero fornire i 450 milioni di nuovi posti di lavoro necessari entro il 2035 e aumentare il PIL di 500 miliardi di dollari all'anno – per i prossimi 30 anni.
Sono momenti chiave per fare dei passi concreti verso un vero partenariato con l’Africa che includa massicci investimenti e riforme nei settori di istruzione, occupazione ed emancipazione per sfruttare il grande potenziale della gioventù africana.
Come fare? Le soluzioni proposte da One sono ambiziose ma chiare. In primo luogo adottando politiche migliori, affrontando la corruzione, migliorando le infrastrutture e dando priorità alla creazione di posti di lavoro, i leader africani hanno l'opportunità di garantire che i 450 milioni di nuovi lavoratori che entreranno nell'economia entro il 2035 (22,5 milioni ogni anno) abbiano accesso a opportunità di lavoro di qualità. Il raddoppio degli investimenti nell'istruzione, nell'occupazione e nell’emancipazione potrebbe portare anche ad un aumento del prodotto interno lordo (PIL) di 500 miliardi di dollari l'anno, pari a circa un terzo del PIL attuale della regione, per i prossimi 30 anni. Stando a questi numeri entro il 2034 l'Africa avrà una forza lavoro maggiore rispetto all'India o alla Cina. Questo unito al fatto che nell'Africa subsahariana l’agricoltura è 11 volte più efficace nella riduzione della povertà rispetto alla crescita di altri settori e che in Africa il giro di consumi per imprese e famiglie dovrebbe raggiungere oltre 5,5 miliardi di dollari sempre entro il 2025, dimostra di che enorme potenziale si stia parlando. Attualmente infatti, l'Africa importa un terzo delle sue merci. Migliorando l'ambiente di produzione tre quarti della domanda potenziale potrebbero essere soddisfatti dalle stesse aziende africane. Con l'accelerazione dell'industrializzazione, questo potrebbe creare fino a 14 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni. E se le imprese e i governi africani sfrutteranno il pieno potenziale economico di Internet, questo potrebbe aggiungere 300 miliardi di dollari al PIL del continente entro il 2025.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.