Mondo

Argentina: cosi’ lo stato uccide i suoi “paisani”

La storia di un malato di cancro che da mesi non riceve piu' le medicine per curarsi da un sistema sanitario allo sbando. E uno stato che, con il corralito, lo condanna a morte certa

di Paolo Manzo

Buenos Aires, 17 giugno 2002 Rodolfo Guercio vive in Rivadavia, al 2396. Decimo piano A e sul citofono non e’ neanche segnato il nome, perché qui non usa, tanto c’e’ il portiere che pensa ad indirizzare i bene e i male intenzionati. O almeno cosí era sino a sei mesi fa. Oggi a Buenos Aires le spese si riducono all’osso e anche i lussi superflui dell’ex classe media d’origine italiana tendono a sciogliersi come neve al sole. Risultato? Nessun portiere, oltre a nessun cognome sul citofono della planta baja, come si chiama qui il piano terra. E quindi se cerchi il Rodolfo di turno e non conosci l’interno, non ti resta che provarli tutti. Un modo come un altro per socializzare in questa Argentina d’inizio millennio, sempre piu’ triste e isolata. Il signor Guercio e’ cittadino italiano e residente argentino. Lui non ha mai accettato quella strana legge che introdussero i governanti locali, per cui se volevi la cittadinanza locale, eri costretto a rinunciare a quella italiana. Per sempre. Rodolfo ad essere italiano non ha mai rinunciato e, in Argentina, in quasi sessant’anni di lavoro non ha potuto votare. Mai. Gia’, perché questo strano Paese ha sempre negato di concedere i diritti politici agli italiani che non rinunciava ad essere italiano. Rodolfo e’ arrivato a Baires qui nel 1947, ha cambiato parecchi lavori, tanto che il suo curriculum scritto su un papiro “similegizio” e’ piu’ alto di me, quando me lo srotola tutto davanti, orgoglioso: tornitore, cameriere, scaricatore ai mercati generali, di nuovo cameriere, aiuto gelataio, gelataio, imprenditore (Heladería Torino, in Avenida Corrientes, sempre a Buenos Aires) e, a 73 anni, pensionato. Finalmente. Adesso il signor Guercio di anni ne ha 77 anni, e’ sposato con una catalana e, da due anni, gli e’ stato diagnosticato un carcinoma un tumore alla prostata. Maligno ma curabile. Sino a marzo 2002 il Pami, la mutua locale cui ha versato per 55 anni i contributi lavorativi, gli passava le medicine necessarie per curare il cancro. Ma da tre mesi buoni il Pami non passa piu’ nulla a nessuno, nemmeno a chi ha problemi oncologici, neanche ai malati di cancro. Come il signor Guercio. Cui non resta che una speranza: comprarsi le medicine o tornare in Italia per farsi curare a carico della sanita’ pubblica italiana. Unico problema le medicine che gli costerebbero 600 dollari al mese, mentre i risparmi di una vita di Rodolfo sono stati “congelati” nel corralito. Una beffa del destino che, de facto, lo condanna a morte senza colpa alcuna. Se non quella della malattia. Ma dei tanti signor Guercio che vivono in questa parte del mondo i “soloni” dell’Fmi e i politici locali non pare tengano conto quando dicono di “ricercare la sostenibilita’ finanziaria per l’Argentina”. Una vergogna.


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