Cultura

Caritas friuliane dicono no all’apertura delle case da gioco

In un documento elencano tutti i fattori negativi che sconsigliano di aprire casinò e di incentivare il gioco d'azzardo. Mentre la commissione del consiglio regionale ha approvato una legge che ne pr

di Daniela Romanello

Parlano a nome di coloro che “si sono liberati a fatica dalla schiavitù del gioco d’azzardo” e elencano tutta una serie di fattori negativi che sconsigliano dall’aprire casinò: è questa la presa di posizione delle Caritas diocesane di Gorizia, Pordenone, Udine e Trieste, che questa mattina hanno diffuso un comunicato congiunto in cui dicono “no” alla prospettiva di incentivare il gioco d’azzardo, a seguito dell’approvazione, da parte della commissione del Consiglio regionale del Friuli – Venezia Giulia, della “legge Piatti”, che prevede la possibilità di autorizzare l’apertura di case da gioco sul territorio regionale. “La decisione del consiglio non tiene in debito conto le conseguenze che tale scelta determina – dicono le Caritas – dai drammi personali e familiari di indicibile sofferenza, alla diffusione di una cultura dell’azzardo nel miraggio del facile guadagno che coinvolge soprattutto le fasce sociali più esposte”. Secondo le Caritas, nemmeno si può parlare di “interesse turistico verso la nostra regione”, ma semmai del contrario, considerando i “danni sociali” che soffre la vicina Slovenia a seguito della presenza di case da gioco: “Queste infatti attirano organizzazioni malavitose dedite ad attività di riciclaggio di denaro ed usura, che trovano nel sottobosco delle case da gioco il luogo ideale per proliferare”. Ancora il documento delle Caritas parla di “microeconomia locale ‘drogata’ che si fonda sugli introiti delle case da gioco e non costituisce un reale sviluppo e economico e produttivo per il territorio”. Le Caritas diocesane evidenziano che “le autorità regionali non possono cercare nell’apertura dei casinò l’opportunità di impinguare le casse regionali e statali, rilanciare il turismo, contrastare la fuoriuscita di denaro verso la vicina Slovenia” e invitano i politici a “individuare altri e ben più urgenti ambiti sia sociali che economici” per sostenere la regione nei suoi aspetti sociali e lavorativi.


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