Mondo
«La cura è nella forza di tanti, piccoli gesti di grazia». Ecco il video del nostro incontro
La seconda puntata dei nostri dialoghi è partita dal senso dell'aver cura e del curare. Un senso messo in discussione dalla pandemia. Enti, imprese sociali, associazioni, comunità: tutti sono chiamati a un cambio di mentalità. Partendo da quelle piccole pratiche, da quei grandi gesti di infermiere, medici, operatori sociali, volontari che hanno dato prova di come il legame sociale tenga, finché tiene il Terzo settore
di Redazione
Sono «piccoli gesti di grazia». Sono il segno di un insieme di pratiche e conoscenze, competenze (vere) e umanità che ha permesso al nostro tessuto sociale di reggere. Nel dolore, «perché tutti, qui al Nord, abbiamo avuto in casa parenti o abbiamo amici che hanno perso la vita» ha spiegato il professor Ivo Lizzola, docente di pedagogia all'Università di Bergamo, nell'incontro de L'ora di tutti – il nostro appuntamento settimanale coordinato da Marco Dotti e organizzato con la Bottega del Terzo settore e la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno – trasmesso in diretta questa mattina, come ogni giovedì.
Ecco il video del nostro incontro. Come tutti gli altri, a disposizione di tutti, anche dopo la diretta:
Abbiamo capito, ha sottolineato padre Paolo Benanti, uno dei massimi esperti di etica applicata alle nuove tecnologie, che «a queste competenze di base, oggi, dobbiamo affiancarne di nuove: quelle che ci permetteranno, se davvero sapremo far leva sulle tecnologie avanzate, di da un supporto alla cura e alla salute di tutti». Ma con un punto imprescindibile: dobbiamo partire dal fatto che queste tecnologie devono incorporare un'idea al tempo stesso alta e concreta di bene comune. Troppo, ha proseguito Benanti, è stato sacrificato in nome del "privato".
Abbiamo bisogno di competenze alte, politiche della cura capaci di stare a quell'altezza. Perché c'è da reinventare la vita. Reinventare la vita: non riusciamo neance dirlo, perché stiamo ancora vivendo questo dramma. Ma è e sarà una grande sfida per noi e i nostri figli. Rincorreremo la frenesia del fare a tutti o costi o capiremo davvero che nessuno deve essere escluso? Non so cosa accadrà, ma di certo come persone e come società civile dovremo imparare a vivere dentro una nuova condizione, che chiede affidamento reciproco.
Ivo Lizzola
Serve una nuova apertura. Anche per superare le disparità e le disuguagliane che, oggi, non scompaiono magicamente con l'uso delle tecnologie: quante persone non hanno accesso alla rete internet in Italia? O non sanno usarla? O hanno giga e strumenti limitati?», ha commentato Donatella Albini, medico, delegata per le politiche della sanità del Comune di Brescia e a lungo a bordo della nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. Per prima cosa, ha spiegato ancora la dottoressa, figura chiave, a Brescia, nei rapporti tra istituzioni e realtà associative «dovremmo iniziare a parlare di servizi, non di sanità». Servizio è una parola chiave.
Esistenza, affidamento e responsabilità: sono queste – ha osservato Marco Bollani di Anffas, Consigliere Regionale Federsolidarietà Lombardia – sono le parole chiave per declinare le nuove competenze. Ma per arrivare a queste competenze, puntualizza Bollani, «abbiamo bisogno di un vero cambio di mentalità. Troppo ci siamo scontrati, in queste settimane e in questi giorni con la mentalità del "non è di mia competenza". O andiamo oltre, o cambiamo visione e passo o rischieremo di non farcela».
Eppure, la forza della società civile che si sta riorganizzando è tanta: «quanti aiuti inaspettati, fuori dalla visione ristretta del "non è di mia competenza" abbiamo ricevuto in queste settimane… Tantissimi. E questa forza, questa capacità di resistere, deve diventare forza e capacità di esistere». Per non produrre nuove esclusioni, «perché la dimensione del curare è una dimensione della vita comune». Una dimensione alta, che «include un cambio di sguardo», ha concluso Donatella Albini.
Per questo non possiamo dimenticare nessuno: ne i nostri nonni, madri, padri e figli, né chi, in mare, oggi sta perdendo la vita. «In queste terre, a Brescia e a Bergamo, stiamo capendo cosa significa essere soli, ma anche cosa significa aiutare e essere di aiuto per l'altro». La forza di questo legame saprà diventare concretamente generativa solo se si farà provocare, dentro, dopo, oltre l'emergenza da questa visione. Una visione del noi.
Appuntamento a giovedì prossimo, 23 aprile, alle 11. Parleremo di EDUCARE!
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