Non profit
Spostamento delle Sale Bingo sotto sfratto: perché questo emendamento?
Oggi la legge vieta di spostare una sala bingo in un diverso immobile, ma un emendamento alla "manovrina" fiscale, presentato in V Commissione Bilancio e Tesoro della Camera, potrebbe cambiare le carte in tavola. A vantaggio delle sale sotto sfratto
di Marco Dotti
Viviamo in un Paese bellissimo. Ce lo ricordano i cartelli sulle autostrade. A ricordarci che questo "Paese bellissimo" è anche la terra dei guazzabugli e delle eccezioni, più che delle regole, ci pensano emendamenti, subemendamenti, emendamenti di emendamenti. Prendiamo quello alla “manovrina” di correzione finanziaria, presentato il 15 maggio in V Commissione Bilancio e Tesoro della Camera. A presentarlo, il deputato Marco Di Maio (Pd), eletto in Emilia Romagna, nessuna parentela con il più noto Luigi.
L’emendamento parla di gioco d’azzardo. O meglio, di sale Bingo. Fin qui nulla di strano. Il problema, continuando la lettura, è che qualcosa non torna. Ecco il testo dell’emendamendamento:
«Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
4-bis. All'articolo 1, comma 838, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo le parole: "e il divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga" sono aggiunte, infine, le seguenti: “ad eccezion fatta per quei concessionari che, successivamente al termine del 31 dicembre 2016, si trovino nell'impossibilità di mantenere la disponibilità dei locali, per cause di forza maggiore e, comunque, non a loro imputabili o per scadenza del contratto di locazione oppure di altro titolo, e abbiano la disponibilità di altro immobile, situato nello stesso comune, nel quale trasferirsi, ferma, comunque, la valutazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli”».
Capito qualcosa? Vediamolo assieme togliendo strato dopo strato. L’emendamento propone una modifica alla norma che vieta gli spostamenti delle sale bingo in attesa della legge di riordino del settore giochi più volte annunciata dal Governo e tuttora in discussione in Conferenza Unificata Stato Regioni. Una contraddizione istituzionale, a prescindere dal contenuto dell'emendamento.
Poiché non possono esistere emendamenti ad personam, si presume che la norma proposta dal PD Marco Di Maio vada nella direzione dell’interesse generale. Ma nell’ambiente, fra i tecnici del settore, non certo tra attivisti antiazzardo, si avanzano altre ipotesi, il malumore cresce e molte voci affermano che non sia così. Anche perché i problemi di alcune sale sono ben noti.
A oggi, le concessioni sono in regime di proroga e nessuno spostamento può essere autorizzato, nemmeno dall’Agenzia dei Monopoli di Stato.
I bingo operano in regime di proroga in attesa di bando che doveva essere espletato nel 2014 ma è caduto al TAR Lazio, su ricorso della società Battistini Srl, concessionario della sala di Cesenatico.
In Italia, ci sono 220 sale bingo e ogni sala, per operare, ha bisogno di una concessione. Facile il calcolo: in Italia ci sono, su tutto il territorio, 220 concessioni bingo. Ovvero 220 sale. Quante di loro sono interessate, oggi, a un potenziale trasferimento? Una, nessuna? Il problema è tutto qui: chi può avere pronta una sala nuova in questa condizione di incertezza, dove gli spostamenti sono vietati? Non si può, in sostanza, spostare la concessione in un’altra sala o in un diverso immobile.
Strutturare una nuova sala bingo comporta costi ingenti – circa 2milioni di euro, fra concessione e investimenti vari -, oltre che tempi lunghi -circa 1 anno. Chi si butterebbe, oggi, in regime di proroga in un investimento del genere? Forse chi sa che le eccezioni sono sempre possibili. Ma se fosse vero, saremmo davanti a una delle tante asimmetrie informative che riguardano questo settore.
Avere un immobile, rispettando le norme e pagando l’affitto è precondizione per operare nel sistema-bingo, oltre che precondizione per stare sul mercato. Se il concessionario di una sala Bingo viene sfrattato dai proprietari di un immobile – sembra questa la ratio irrazionale della norma proposta nell’emendamento – perché lo Stato dovrebbe correre in suo aiuto anziché lasciare che il mercato e le sue leggi facciano il proprio corso? Quante sono, oggi, le sale sottoposte a sfratto e interessate all’emendamento proposto in V Commissione?
«Pochissime, ma una già al centro delle cronache in particolare», ci conferma un operatore locale del settore che chiede di restare anonimo. Dove? «In Romagna». La città? «Scopritela, ne hanno parlato i giornali». Sarà così? Fosse vero, sarebbe un vulnus istituzionale gravissimo per l'intero Paese. E forse qualcosa di più.
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