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Blue Whale, una fake news per nascondere la verità?

Dal febbraio 2017 si è cominciato a parlare di questo game online che porterebbe al suicidio decine di adolescenti. Un fenomeno nato in Russia e, secondo un servizio de Le Iene, approdato oggi in Europa e in Italia. Ma come stanno davvero le cose?

di Lorenzo Maria Alvaro

Balenottera Azzurra. È questo il nome più ricorrente in queste ore. Si riferisce ad un “gioco”, Blue Whale appunto. Solo che lo scopo non è ludico, lo scopo è arrivare al suicidio dei partecipanti.

Una storia che circola dal febbraio 2017 e che è stata portata agli onori delle cronache in Italia da un servizio de Le Iene di Matteo Viviani del 10 maggio, dopo un caso di suicidio a Livorno che sembra avere molto in comune con le centinaia di casi avvenuti in Russia dove Blue Whale è nato.

In breve il funzionamento è questo, come spiegato su Il Giornale:

«Il gioco invita i partecipanti ad affrontare una serie di (assurde) prove. Ad esempio, guardare film dell’orrore per un giorno intero, incidersi sul corpo una balena azzurra, svegliarsi alle 4.20 del mattino, il tutto per 50 giorni. L’ultimo giorno il gioco prevede una provocazione mortale: trovare l’edificio più alto della città in cui si abita e saltare giù. Così gli ideatori di questa terribile moda invitano i partecipanti a togliersi la vita. I ragazzi che si sono lasciati trasportare in questo vortice di orrore, prima di farla finita, lo dichiarano sui social con frasi piuttosto enigmatiche: “Questo mondo non è per noi” oppure “Siamo figli di una generazione morta”».

I primi a parlarne a maggio 2016 sono i redattori della Novaya Gazeta russa, quasi un anno fa. Tutto parte da un social network russo – VKontakte – che, come il nostro Facebook, ha gruppi chiusi di svariato genere tra cui alcuni dedicati ai depressi o agli aspiranti suicidi. Le stesse identiche cose che si trovano sui social network di tutto il mondo come ben sa chi naviga molto.

Su Novaya si racconta che all’interno di questi gruppi chiusi, sin da ottobre 2015, sarebbe stato fatto circolare questo “gioco” e che il tutto avrebbe portato a suicidi improvvisi. Novaya sostiene che il gruppo da cui tutto parte si chiamasse “Svegliati alle 4:20” (РАЗБУДИ МЕНЯ В 4:20).


A confermare la storia ci sarebbe poi l’arresto di un ragazzo, tal Phillipp Budeikin, che sarebbe stato tra i creatori del “gioco”. Tante testate hanno riportato la notizia aggiungendo di volta in volta particolari più precisi (il giovane sarebbe laureato in psichiatria, avrebbe ammesso tutto e avrebbe detto che le persone cui si rivolgeva erano rifiuti della società). L’unica cosa certa in realtà è che il giovane ha sostenuto di aver creato uno strumento di marketing in cui non c’era alcuna ispirazione al suicidio. A oggi non esistono tracce del suo esser ancora sotto accusa o in arresto e il Mirror lo da come rilasciato.

Ed è qui che cominciano i dubbi. Molte testate hanno cominciato a dubitare dell’esistenza e della veridicità di Blue Whale. C’è L’Huffington Post che ha raccolto alcuni articoli e report che parlano apertamente di fake news. Wired nega che esistano legami tra i suicidi e il gioco citando anche il blog di un avvocato, Anne Collier, che definisce la notizia addirittura come bufala.

E poi ci sono i suicidi: come spiegano da Butac – Bufale un tanto al chilo, un blog dedicato proprio a svelare fake news e bufale, che scrive «ogni anno in Russia si uccidono 1700 ragazzi tra i 15 e i 19 anni. In sette mesi del 2012 (la forbice di tempo in cui sarebbero avvenuti i suicidi secondo Novaya) se ne sarebbero uccisi 990, quindi senza Blue Whale Game». Dunque un’emergenza c’è ma Blue Whale non c’entrerebbe nulla.


Due delle immagini più note di The Blue Whale

Ma allora dove sta la verità? Tra le analisi più interessanti c’è quella di The Submarine un giornale online di Milano, specializzato in questo tipo di indagini. La redazione ha scavato su internet e sul darknet (“rete virtuale privata nella quale gli utenti si connettono solamente con persone di cui si fidano” – Wikipedia) ad inziare da marzo scorso.

«Blue Whale non nasce dal nulla: le discussioni riguardanti il suicidio hanno sempre proliferato in angoli non moderati di internet, dalle room di Soulseek a chat su ICQ — forse perché la rete permette di mettere in contatto persone che altrimenti farebbero fatica a comunicare in società», spiegano quelli di The Submarine, «Capire questa relativa consuetudine è fondamentale per affrontare correttamente l’argomento: non è detto che tutti questi “gruppi della morte” abbiano una diretta influenza negativa — sono tantissimi i punti di supporto, di accoglienza, per persone che altrimenti sarebbero completamente sole. È il caso di piattaforme come T., un forum tedesco di persone con tendenze suicide dove molti utenti lavorano per impedire che queste persone si tolgano la vita. Al di là dell’aspetto “dark” – testi bianchi su fondo nero, accenti rossi, estetica edgy – il forum vorrebbe essere un posto sicuro, dove si possa parlare liberamente».

Non solo: «Anche in un contesto deviante come questo, Blue Whale non è un gioco nato organicamente», scrivono, «Non è chiaro se a questo punto il gioco esistesse già, se sia nato per la prima volta su pagine di gossip e poi adottato dagli stessi gruppi della morte, o se nasca quasi come scherzo, come modo da parte degli amministratori dei gruppi della morte di rendersi misteriosi, affascinanti» e aggiungono «Nelle scorse giornate sono arrivate notizie di suicidi teoricamente causati da Blue Whale anche in Spagna, Argentina, e Brasile, ma nessuna evenienza del gioco è mai stata dimostrata con la solidità del caso russo. È difficilissimo, nel mare di informazioni sull’argomento che si possono trovare sul darknet, distinguere tra casi di effettivi gruppi della morte dove “curatori” uccidono persone attraverso abusi psicologici, e semplici casi di emuli, colpiti da effetto Werther».

Insomma a ben vedere, comunque sia nato Blue Wahle, sembrerebbe essere più una consolazione, una spiegazione di un fenomeno che invece pare inspiegabile e molto più agghiacciante: perché tanti nostri figli decidono di togliersi la vita?

Una risposta ha provata a darla su Vita.it Daniela Cardini, docente di Teoria e tecnica del linguaggio televisivo e di Format e serie tv all’Università Iulm di Milano, in una bella intervista con la collega Anna Spena , commentando la serie Netflix "Tredici”, che affronta oltre al bullismo proprio il tema del suicidio adolescenziale.

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