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Affinati: «Coronavirus, sta nascendo un concetto di comunità sganciato da ogni accezione politica»
Eraldo Affinati, scrittore e fondatore della Penny Wirton, scuola dove si insegna la lingua italiana ai ragazzi migranti, insieme ai volontari continua a fare lezione ai minori stranieri non accompagnati, che vivono nei centri di prima accoglienza, attraverso il cellulare. «La didattica online non è scontata», dice. «In troppe case non c'è neanche il pc». E sul futuro: «Facciamo tesoro delle emozioni che stiamo provando in questi giorni. Manteniamo la coscienza di quello che ci manca per uscirne migliori»
di Anna Spena
«Siamo tutti qui in emergenza». A dirlo lo scrittore e fondatore della scuola Penny Wirton, Eraldo Affinati. Emergenza è la parola che ricorre di più in questi giorni, anzi ci rincorre. Ma anche l’emergenza non è la stessa per tutti. «È una situazione mai vista», continua Affinati, «grave. E sono preoccupato per i ragazzi». La didattica a distanza è un modello che non decolla, almeno non sempre. «In Italia», spiega Affinati, «molte scuole non sono pronte per la didattica online, non hanno gli strumenti. A farla sono le scuole, soprattutto i licei, che erano già attrezzate. Avevano competenze e strumenti anche prima dell’emergenza del Coronavrius. Penso a molti istituti professionali delle regioni del Sud Italia e alle famiglie povere che il pc non ce l’hanno neanche a casa».
Anche in tutte le 50 sedi della Penny Wirton, la scuola dove si insegna la lingua italiana ai ragazzi migranti, senza classi, senza voti, senza burocrazie, le lezioni sono state sospese. «Tutti i nostri insegnanti volontari hanno dovuto inventare una didattica sostitutiva utilizzando cellulari, skype, whatsApp. A Roma, per esempio, ogni giorno sono 50 i volontari che fanno lezione con il cellulare ad altrettanti 50 ragazzi, minori stranieri non accompagnati, che vivono in un centro di prima accoglienza. A Milano funziona allo stesso modo, e anche in tutte le altre sedi in Italia i volontari stanno intercettando i ragazzi in questo modo, ognuno secondo le loro possibilità, attraverso il cellulare che è diventato uno strumento essenziale».
Lo scrittore affronta anche il tema della fase post emergenza: «Facciamo tesoro delle emozioni che stiamo provando in questi giorni», spiega. «C’è un aspetto positivo non banale in questi giorni drammatici: sta nascendo un concetto di comunità sganciato da ogni accezione politica. Parole come fratellanza e patriottismo, utilizzati spesso a scopo propagandistico, adesso riacquistano un valore vero». Il Paese è “tutto nella stessa barca”. «Un sentimento di coralità ci porta a ripensare quanto sia importante un sorriso, una battuta, cose che ci sembravano banali e invece non lo sono perché ci mancano tantissimo. Come ci manca l’incontro umano con l’altra persona, lo stare semplicemente insieme. Quindi non dimentichiamo il sentimento che stiamo provando adesso. Perché se manteniamo la coscienza di quello che ci è mancato ne usciremo migliori». E allora quale sarà il compito dell’educatore? «Prima di tutto», continua Affinati, «quello di non far dimenticare, di tenere viva la memoria di quello che adesso ci sta mancando».
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