Non profit

No allo spamming contro la privacy

Un quesito di un nostro lettore su come difendere la propria posta elettronica dallo spamming

di Christian Carosi

La posta elettronica ha molti vantaggi, è veloce e permette di tenere i contatti con gli amici anche lontani. Ma da un po? di tempo mi sta creando una serie di piccoli problemi, più che altro di fastidi. Ogni volta che apro la mia casella di posta elettronica ci trovo messaggi pubblicitari da me non richiesti. Come fanno a conoscere il mio indirizzo e come faccio io a impedirgli di continuare a utilizzarlo? A. M. (email) Con il termine spamming si indica l?invio di comunicazioni elettroniche non richieste a un lungo elenco di destinatari, utilizzando solitamente la posta elettronica. Accade così che ci si ritrovi la propria casella piena di messaggi di varia natura che non sono stati richiesti. Le società che praticano questo ?bombardamento? si riforniscono di indirizzi email acquisendoli da elenchi presenti in rete, dai newsgroup e da siti vari: si pensi a quante volte è necessario dare il proprio recapito per ottenere un servizio internet. È lecito questo utilizzo indiscriminato, senza il consenso delle persone interessate? Va ricordato che per la legge sulla privacy (art. 12 l. 675/1996) solo «i dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque» possono essere trattati senza la previa manifestazione di consenso da parte degli interessati. Tuttavia, il Garante per la privacy ha già in passato affermato (decisione dell?11 gennaio 2001) che gli indirizzi email reperiti su pagine web non protette, newsgroup e forum non possono considerarsi rientranti in questa eccezione: il loro trattamento è comunque soggetto al necessario, previo consenso dell?interessato. Più di recente (decisione del 13 maggio 2002) l?autorità garante ha ribadito che è illegittimo utilizzare a scopi commerciali un indirizzo email, che non compare in elenchi pubblici, senza il consenso del destinatario. Nel suo provvedimento il Garante ha accolto la richiesta del consumatore ordinando alla società di interrompere l?utilizzazione dei dati personali in quanto illegittima e di astenersi da ogni loro ulteriore trattamento, in particolare dell?indirizzo email. In base alla normativa vigente in materia di privacy e a quella sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza, ha chiarito infatti il Garante, l?invio di materiale pubblicitario rientra nei casi in cui è vietato l?impiego della posta elettronica da parte di un fornitore senza il consenso preventivo del consumatore (legge n. 675/96 e decreto legislativo n. 185/99). Il Garante ha inoltre ritenuto di dover procedere d?ufficio all?apertura di un procedimento autonomo per la verifica della liceità e della correttezza del trattamento complessivo dei dati e per valutare i presupposti per l?applicazione di eventuali sanzioni. Ha dichiarato, invece, inammissibile la richiesta di risarcimento dei danni morali che può essere rivolta solo al giudice ordinario. Ciononostante, la società, che non aveva dato immediato riscontro all?istanza dell?interessato, è stata ?condannata? al pagamento di 250 euro per le spese del procedimento, da versare al consumatore.


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