Mondo

Siria, primo caso di Coronavirus

Nel Paese, provato da nove anni di guerra civile, le autorità annunciano il primo contagio. Un fattore che dovrebbe preoccupare l'Europa e i suoi già fragili equilibri geopolitici

di Marco Dotti

È stato registrato ieri, domenica 22 marzo, il primo caso di contagio da Coronavirus in Siria. Lo riferiscono le autorità, che annunciamo misure di prevenzione in un Paese già dilaniato dalla guerra civile. Un conflitto iniziato nel marzo del 2011, che ha causato milioni di sfollati e migliaia di morti.

Il ministro della Salute Nizar Yaziji ha riferito di una «prima contaminazione con il coronavirus in Siria», specificando che si trattava di «una persona venuta dall'estero». Si tratterebbe di una persona sui vent'anni, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa siriana SANA.

«Sono state prese le misure necessarie per trattare», ha dichiarato il ministro alla televisione di Stato (qui sotto il video), senza specificare la regione in cui è stato registrato il contagio.


Nel frattempo, il ministero dell'Interno ha annunciato che sono sospesi i trasporti pubblici e privati nelle città e la chiusura, da martedì, delle linee di trasporto che collegano le province del Paese. Chiusi anche i varchi con il Libano.

La settimana scorsa il primo ministro Imad Khamis aveva già annunciato che le scuole e le università sarebbero state chiuse fino al 2 aprile e che le attività scientifiche, culturali e sportive sarebbero cessate. Le elezioni parlamentari, originariamente previste per il 13 aprile in Siria, sono state rinviate al 20 maggio.

Ricordiamo che il regime siriano controlla oggi più del 70% del territorio. Solo la provincia di Idleb, nel nord-ovest del Paese, sfugge al controllo. Inoltre, alcune parti del nord-est sono sotto il controllo curdo.
Il rischio di diffusione del virus è particolarmente preoccupante soprattutto a Idleb, che negli ultimi mesi ha subito bombardamenti da parte del regime e del suo alleato russo.

La violenza ha costretto quasi un milione di persone a fuggire dalle loro case, la maggioranza delle quali vive in condizioni difficili nei campi profughi. Difficilmente la popolazione della Siria potrà far fronte all'epidemia, con un sistema sanitario al collasso.

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