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Fondazione McDonald ha dovuto rivoluzionarsi per tenere aperte le sue Case

L'intervista al direttore generale Maria Chiara Roti che spiega «abbiamo cambiato pelle. Diciamo che abbiamo rivoltato il nostro approccio come un calzino. Da beneficiari della comunità McDonald’s ci siamo convertiti tutti in fundraiser»

di Lorenzo Maria Alvaro

Neanche il tempo di sedersi che già è alle prese con l'emergenza Covid19. Maria Chiara Roti è direttore generale di Fondazione per l’infanzia Ronald McDonald dal 7 gennaio scorso e sta lottando per mantenere aperte le tre Case Ronald italiane Firenze, Brescia e Roma che ospitano in utto 70 bambini oncologici, districandosi tra le difficoltà a reperire i presidi medici necessari, l'assicurarsi la salute fisica e psicologica dei propri collaboratori e la necessità di reperire fondi straordinari.


Lei è stata nominata direttore generale dalla Fondazione per l’infanzia Ronald McDonald poco prima dell'emergenza. Con cosa si è trovata a dover misurarsi?
Sì, la mia nomina è del 7 gennaio. Avevo iniziato con l'ordinario sostegno e organizzazione delle attività socio sanitarie delle Case Ronald e di sviluppo di nuove progettualità in altre città. Siamo subito piombati ,come tutti, nel pieno di questa emergenza che ci vede colpiti in prima linea. Questo perché le nostre Case di Firenze, Brescia e Roma ospitano anche le famiglie di bambini oncologici. Sono 70, con le loro mamme e papà, leucemici e trapiantati, neurologici che hanno bisogno di cure che non possono essere sospese o differite. Sono immunodepressi, quindi più esposti al contagio. Ci siamo trovati dalla notte alla mattina a prendere misure di protezione sia per le famiglie che per i nostri operatori.

Che ripercussioni avete subito dal Covid19 rispetto alla raccolta fondi?
Ci sono saltati diversi appuntamenti. Come tutte le organizzazioni avevamo la campagna di Pasqua, con la vendita di uova e colombe in piazza, che è saltata. Poi le maratone di alcune grandi città. Abbiamo dovuto rinunciare ad un bel progetto con il museo delle Mille Miglia di Brescia ed è a rischio il nostro evento annuale di Golf di fine giugno che coinvolge tutti gli attori della comunità McDonald’s. Abbiamo avuto un crash di raccolta fondi molto importante.




Come avete reagito allo stato d'emergenza?
In primo luogo mantenendo le Case attive, mettendo in sicurezza famiglie e operatori. Per farlo abbiamo un dialogo costante con gli ospedali pediatrici partner( Spedali Civili di Brescia, Meyer di Firenze e Ospedale Bambino Gesù di Roma) e seguendo pedissequamente le loro indicazioni. Abbiamo fornitoa tutti gli operatori e alle famiglie mascherine, guanti e gel igienizzanti. Abbiamo chiuso gli spazi comuni, tutte le attività di volontariato sospese, sospesi i fornitori non necessari. Abbiamo subito attivato il servizio spesa per le famiglie per ridurre i tragitti esclusivamente da casa all'ospedale ,che viene fatto attraverso navette dedicate o buoni taxi. Ma forse il servizio più innovativo che abbiamo attivato è grazie a voi di Vita

Quale?
Una cosa che in pochi immaginano è che le famiglie sono certamente molto colpite ma hanno le risorse per farcela perché l'isolamento e la lontananza da casae il vivere in spazi ristretti lo conoscono bene e lo vivono quotidianamente. È una condizione, purtroppo, abituale, per chi ha un bambino gravemente malato. Chi invece più è impreparato siamo noi, gli operatori. Per questo abbiamo ridotto i turni, attivato lo smartworking e siamo andati incontro ad ogni esigenza famigliare che si è posta. Ma non bastava. Avevo bisogno di fare squadra e di ricucire le emozioni. Così abbiamo iniziato a fare ogni lunedì mattina una conference call con lo psicologo Simone Feder della Casa del Giovane di Pavia, che ci guida sul tema del “non puoi non esserci”. Noi del sociale, in questo frangente, non possiamo non essere in prima linea. Ma abbiamo bisogno di capire come. In modo nuovo.

Ma, visti anche i mancati introiti, come fate a tenere in piedi le attività ordinarie dal punto di vista economico?
Abbiamo cambiato pelle. Diciamo che abbiamo rivoltato il nostro approccio come un calzino. Da beneficiari della comunità Mc Donald’sci siamo convertiti tutti in fundraiser. Penso ad esempio agli appelli Whatsapp per il reperimento di materiale sanitario, alle chiamate a tutte le organizzazione del territorio e gli enti erogatori chiedendo aiuto e sostegno immediato. Abbiamo già avuto la splendida risposta della Fondazione Comunità Bresciana che ci ha donato 15mila euro per il funzionamento della Casa di Brescia, anche gli Ultras del Brescia hanno fatto una generosa donazione.Andrea Bocelli Foundation ci ha aiutato nel reperire le mascherine, introvabili. Poi abbiamo aperto raccolte fondi su GoFundMe e Rete del Dono. Siamo diventati i genitori-imprenditori delle nostre case, dobbiamo auto sostenerci, abbiamo ancora tanto bisogno di aiuto. Poi c'è un progetto con l'ospedale pediatrico Buzzi.

In che consiste?
Si tratta in realtà di un progetto su cui stavamo giàlavorando per il futuro. Ma che abbiamo capito di dover velocizzare. Fondazione Buzzi, com'è noto, ha chiamato tutti gli attori della città alle armi per costruire del “nuovo GrandeBuzzi”. Noi, come loro storici partner, ci siamo sentiti chiamati in causa. Così abbiamo deciso di anticipare i tempi e dotare l'ospedale di un letto completo di terapia intensiva. In un'ottica per cui, quello che è molto importante per l'emergenza di oggi, la postazione potrebbe essere prestata al Sacco che fa parte dello stesso presidio ospedaliero, sarà anche fondamentale per la sanità dei minori milanesi di domani. Una soluzione che ci permette di aiutare in questa emergenza e allo stesso tempo sviluppare la nostra azione per il futuro.

La McDonaldspensa di intervenire a sostegno della Fondazione?
Stiamo lavorando alacremente su un intervento molto ampio sulla comunità in emergenza insieme all'azienda. Appena sarà possibile lo presenteremo.

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