Mondo

Rovesciare il paradigma: vita tua, vita mea

Il Coronavirus mette l’intera umanità in uno stato di emergenza, dove l’unica chiave possibile di successo è quella della cooperazione, perché se si ammala uno e più facile che si ammali l’altro e se guarisce uno è più facile che guarisca l’altro

di Giuseppe Lorenzetti

È come essere in guerra, ma il paradigma è invertito. Mors tua vita mea si trasforma oggi in mors tua mors mea, che, guardato da un’altra prospettiva, non significa altro che vita tua vita mea. Il Corona virus mette l’intera umanità in uno stato di emergenza, dove l’unica chiave possibile di successo è quella della cooperazione, perché se si ammala uno e più facile che si ammali l’altro e se guarisce uno è più facile che guarisca l’altro.

Nessun avvertimento è stato sufficiente a farci capire che il sistema che abbiamo costruito non regge più. Non l’esasperata crisi ambientale, che ci sta conducendo consapevolmente verso la distruzione del nostro ecosistema e di noi stessi, secondo molti ricercatori nell’arco dei prossimi decenni. Non la grande recessione del 2008, che non ha sortito alcun effetto sul modello di business delle banche, tuttora incentrato sulla massimizzazione dei profitti nel breve periodo, e sull’estremo scollamento tra il valore dei mercati e l’andamento dell’economia. Non la morte invisibile di migliaia di persone, che da anni attraversano il mediterraneo in cerca di un’opportunità di vita e che noi vorremmo rimandare a casa, senza sapere che costituiscono la base paraschiavistica del nostro sistema produttivo. Potrei andare avanti a lungo, ma in molti hanno già parlato e non è servito quasi a nulla.

Nel 2015 Cyril Dion e Mélanie Laurent hanno diretto un meraviglioso documentario dal titolo Demain, che non solo analizza con una chiarezza sconcertante le cause della nostra attuale crisi, ma propone soluzioni concrete per cambiare, già in atto su piccola scala in diverse parti del mondo


Papa Francesco sottolinea, nella sua seconda enciclica Laudato si' il carattere integrale della nostra crisi, che è insieme una crisi sociale, ambientale ed economica. Egli individua tra le sue radici il modo in cui il progresso tecnologico si è imposto sulla scena globale, creando un modello che divide l’uomo dalla realtà.

Siamo divisi da noi stessi, dagli altri e dalla terra che abitiamo. In molti ci hanno avvertito, ma questa divisione ci impedisce di sentire. Ci rende ciechi e sordi di fronte alla realtà. Il virus tuttavia non ha bisogno di parole. È invisibile, non fa rumore. Entra dentro di noi e ci impone di fermarci, di rimanere uniti e finalmente di cambiare rotta insieme. Il cambiamento di paradigma, come suggerito dal grande psicoterapeuta cileno Claudio Naranjo, non potrà che cominciare con un cambiamento della coscienza individuale e collettiva. La nostra speranza risiede dunque nell’investimento sull’educazione delle nuove generazioni, un’educazione alla conoscenza di noi stessi, del nostro desiderio e della consapevolezza che la vita dell’altro è la nostra vita.

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