Volontariato

Giovani per la Pace: l’attivismo non si ferma

Bloccati a casa dalla quarantena forzata, i ragazzi del movimento giovanile di Sant’Egidio s’incontrano online e continuano ad “aprire gli occhi sul mondo”.

di Anna Toro

Sono abituati a vedersi di persona, ad abbracciarsi e stringersi le mani, a interagire dal vivo con il proprio gruppo e con le persone che aiutano ogni giorno tramite il volontariato attivo, dai bambini, agli anziani, alle persone senza fissa dimora. In questi tempi di COVID-19 e quarantena forzata, hanno però dovuto adeguarsi e sperimentare un nuovo modo di incontrarsi e “aprire gli occhi sul mondo”: è così che lunedì 16 marzo oltre 200 ragazzi e ragazze da tutta Italia – e non solo – hanno risposto alla chiamata del movimento Giovani per la Pace e si sono connessi in live streaming per l’incontro intitolato: “Giovani per la Pace sulla frontiera. La dura strada dei profughi bambini, i sogni dei migranti”.

Ospite dell’incontro era infatti Francisco Guevara della Comunità di Sant’Egidio che il mese scorso si è recato a Tapachula, alla frontiera tra Messico e Guatemala, dove è stato testimone di “uno dei più terribili percorsi migratori, per il numero di persone che li compiono, le violenze e le difficoltà che si vivono”. Guevara ha raccontato il viaggio disperato compiuto da bambini e intere famiglie provenienti da tutta l’America del Sud – ma anche da Cuba, Haiti, e persino dall’Africa – prima a piedi e poi stipati nella famigerata “Bestia”, il pericolosissimo “treno della morte” senza sedili, tra predoni, abusi, violenze e cartelli, per finire poi bloccati a Tapachula senza la possibilità di proseguire, a causa degli accordi tra l’America di Trump e il Messico. L’attività dei Giovani per la Pace latinoamericani ha però portato una piccola goccia di speranza per i tanti bambini chiusi nei centri di accoglienza visitati da Guevara.

“Era la prima volta che organizzavamo un evento del genere e mi aspettavo non più di una ventina di persone connesse allo streaming – racconta Stefano Orlando, organizzatore e animatore dell’incontro virtuale – Invece è stato un successo: grazie alla chat sotto il video oltre 200 ragazzi e ragazze hanno potuto partecipare e interagire, salutandosi, scrivendo le loro impressioni, ponendo le domande a Francisco Guevara, che ha mostrato loro un pezzo di realtà di cui poco si parla. Il loro entusiasmo ci ha convinto a continuare su questa strada”. Il secondo appuntamento sarà infatti già lunedì prossimo, con un incontro online aperto a tutti e dedicato al processo di pace in Sud Sudan in cui la Comunità di Sant’Egidio è parte attiva: non a caso, l’ospite sarà il Segretario generale di Sant’Egidio, Paolo Impagliazzo, a cui i ragazzi potranno fare domande ed esporre i propri dubbi e pensieri.

“L’idea di questi incontri è nata da tre esigenze – continua Orlando – La prima: evitare di farci prendere dal lamento e dal vittimismo sulla nostra situazione. Perché è vero che la questione del coronavirus è grave ed enorme, ma i problemi nel mondo sono tanti, ed è bene che continuiamo a interessarcene. La seconda, per un discorso culturale: i Giovani per la Pace qui in Italia da sempre fanno conferenze, incontri nelle scuole per invogliare i ragazzi a interessarsi al mondo, e, visto che la tecnologia ce lo permette, vogliamo continuare a farlo. Terzo: permettere ai ragazzi di incontrarsi di nuovo, parlarsi e stare insieme, seppure solo virtualmente. Si tratta infatti di un momento delicato soprattutto per i giovani, in cui il rischio è quello di impigrirsi anche a livello mentale e di dissipare le energie positive”.

I Giovani per la Pace in particolare sono un movimento globale legato alla Comunità di Sant’Egidio, che in Italia è impegnato in tantissime attività di volontariato: doposcuola per i bimbi, visite agli anziani, assistenza alle persone senzatetto. Dopo i decreti del governo, quasi tutte le attività sono state ovviamente sospese. “Le visite agli anziani sono state interrotte già da tempo, alle prime avvisaglie della pericolosità del virus – spiega Orlando – Per fortuna i ragazzi si sono ingegnati: attraverso una raccolta di cellulari, abbiamo fornito un telefono anche a chi ne era sprovvisto e ora gli anziani vengono contattati telefonicamente dai nostri ragazzi, per assicurarsi che stiano bene e farli sentire meno soli. Un altro metodo utilizzato per stare in contatto è quello della scrittura a mano di lettere, che per molti giovani è un’esperienza del tutto nuova”.

L’unica attività che non si è davvero mai fermata è quella per le persone senza fissa dimora nelle città, a cui i ragazzi più grandi del movimento, così come gli adulti di Sant’Egidio, continuano a distribuire i pasti, naturalmente con tutte le dovute precauzioni: mascherine, distanze di sicurezza, fino ai pasti sigillati che ora devono essere consumati individualmente. “Sono persone che vivevano attraverso le elemosine dei passanti, dei bar e dei ristoranti, oggi completamente chiusi. Non hanno una casa per la quarantena, i dormitori sono insufficienti e spesso chiusi, per cui si trovano completamente soli e col rischio concreto di morire di fame. Questo noi non possiamo permetterlo”.

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