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I bambini con disabilità perché al parco non si vedono mai?

Il diritto al gioco è al centro della nuova campagna di Uildm, dedicata al progetto “Giocando si impara”. L’iniziativa ha l’obiettivo di contribuire a rendere accessibili i parchi gioco d’Italia, dotandoli di giostre adatte anche ai bambini con disabilità: oggi una realtà soltanto nel 5% dei Comuni italiani. Dal 1° al 19 aprile un sms solidale può dare un contributo

di Sara De Carli

Pochi giorni fa, il 21 marzo, il serpente Tuiotù ha compiuto un anno. Tuiotù è il simbolo dell’area giochi inclusiva “Tutti a bordo!” di Rimini: uno scivolo alto due metri, accessibile anche ai bambini in carrozzina. Impossibile? Tutt’altro. Per salire sullo scivolo c’è una lunga rampa, con tanto di segnali tattili. La seduta dello scivolo è larga, ci possono scendere anche tre bambini insieme: perfetta per chi ha bisogno di essere sostenuto un po’ da un abbraccio, senza nulla togliere all’ebbrezza della velocità. Ci sorprende solo perché raro. Tanto raro che persino Cristian, che ha 9 anni e mezzo e la SMA, il giorno dell’inaugurazione del Parco disse alla mamma Raffaella che tanto aveva lottato per averlo, insieme alle amiche Claudia e Elvira: «Ma io che ci faccio in questo posto?». Raffaella se lo ricorda benissimo: «Mi sono sentita sprofondare, mi veniva da piangere. Ma come, abbiamo fatto tanto e tu mi dici così? Il fatto è che i bambini con disabilità sono tanto abituati a non poter freequentare i parchi giochi che mio figlio non poteva neanche immaginare di poter andare su uno scivolo alto due metri. Dopo cinque minuti era sullo scivolo, stava giocando ai pirati insieme a bambini che non aveva mai visto prima. Per più di mezz’ora ha giocato con loro, senza bisogno di avermi accanto e non sa cosa significhi questo per un bambino con disabilità, abituato ad avere sempre un adulto appiccicato come un’ombra. Sappiamo tutti che il gioco per i bambini non è solo svago e divertimento, è tutto il loro mondo, il canale per imparare, per crescere, per relazionarsi con gli altri, per imparare la autonomia, per sperimentare la libertà… Perché i bambini con disabilità non devono poter avere tutte queste opportunità, esattamente come gli altri?».

In Italia abbiamo circa 350 fra parchi inclusivi e parchi che hanno almeno uno giostra o un gioco accessibile: anche così significa meno del 5% dei Comuni d’Italia. A volte poi il gioco accessibile viene posizionato sulla ghiaia o sull’erba, diventando inaccessibile

Il diritto al gioco è al centro della nuova campagna di Uildm, dedicata al progetto “Giocando si impara”. L’iniziativa ha l’obiettivo di contribuire a rendere accessibili i parchi gioco d’Italia, dotandoli di giostre adatte anche ai bambini con disabilità. Da sabato 1 aprile fino a mercoledì 19 aprile è possibile donare al numero solidale 45542 per sostenere la Giornata Nazionale Uildm, mentre dal 3 al 16 aprile i volontari dell’associazione saranno presenti in tante piazze d’Italia per offrire una tavoletta di cioccolata, con un contributo minimo di 6 euro. «Abbiamo scelto questo tema perché è quello al gioco è un diritto importante per i bambini ed è un modo per dare la possibilità a tutti di sentirsi a proprio agio nella propria città. Ma allo stesso tempo è un investimento sul futuro», spiega Marco Rasconi, presidente di Uidlm: «un gioco inclusivo in un parco non ha un costo eccessivo ma semina cultura in ogni luogo in cui arriva. E poi abituare i piccoli, che hanno straordinarie capacità di accettazione della differenza, a giocare fra loro è di sicuro un contributo a costruire una società diversa domani».

Lavoro da fare ce n’è molto. Il parco “Tutti a bordo!” di Rimini, nato un anno fa dietro la spinta di Elvira Cangiano, mamma di tre bambini di cui due con disabilità, è uno dei soltanto 40 parchi inclusivi d’Italia. Un numero bassissimo, significa che appena lo 0,5% dei Comuni italiani ne ha uno. A mapparli sono state due mamme, Raffaella Bedetti, la mamma di Cristian e Mattia, e Claudia Protti, mamma di Samuele: da qualche anno gestiscono il blog Parchi per tutti «Non vendiamo giochi e non siamo tecnici, siamo soltanto due mamme che desideravano che i loro figli, che sono amici, potessero giocare insieme anche al parco», raccontano. Altri 250 parchi in Italia hanno un’altalena per carrozzine, «che però è vietato ai bambini non in carrozzina, quindi non è un gioco inclusivo», spiega Raffaella, «meglio sarebbe un gioco in meno ma avere un ambiente che permette l’interazione fra i bambini e il gioco libero fra loro». In totale, insomma, in Italia abbiamo circa 350 fra parchi inclusivi e parchi che hanno almeno uno giostra o gioco accessibile: anche così significa meno del 5% dei Comuni d’Italia. A volte poi il gioco accessibile viene posizionato sulla ghiaia o sull’erba, diventando quindi inaccessibile alle carrozzine come pure ai bambini ipovedenti, dal momento che la mappatura braille evidentemente sull’erba non si può fare, serve per forza la pavimentazione antitrauma: «Insomma, è tutto il parco che dovrebbe essere progettato pensando fin dall’inizio all’accessibilità, a volte mettono tutto nuovo e poi fuori c'è il marciapiede senza scivolo…», raccontano le due mamme.

Raffaella e Claudia si sono conosciute nell’autunno del 2012 a un banchetto di un’associazione. Sono diventate amiche, i bambini anche, hanno iniziato a passare i pomeriggi insieme… ovunque tranne che al parco. «Finché un bambino ha 4 o 5 anni è facile sollevarlo e metterlo su uno scivolo, man mano che cresce diventa faticoso. Io mi sono ritrovata a cambiare le strade per non passare davanti al parco, perché negli occhi di Cristian calava un velo di tristezza, “uffa mamma, io non posso andarci”», racconta Raffaella. Ma perché un bambino con disabilità non deve poter andare al parco a giocare con i suoi amici? Perché se tutti sappiamo che il gioco è crescita, è il modo in cui un bambino impara? Il loro punto di partenza è una constatazione, che dalla primavera del 2013 rimbalzano sotto forma di domanda a quante più persone possibile: «Nei parchi giochi non si vedono quasi mai bambini con disabilità: ti sei mai chiesto perché?».

La risposta è semplice quanto amara: perché la stragrande maggioranza dei parchi giochi d’Italia sono inaccessibili ai bambini con una disabilità e tutto lì sembra dire “questo posto non è per te”. La loro avventura è iniziata così «e mai ci saremmo aspettate tanta eco. Ci scrivono in tantissimi, ci invitano a convegni, in tre cose piano piano le cose stanno cambiando, c’è più sensibilità, tre anni fa in Italia pochissime aziende proponevano giochi inclusivi, adesso tutte li hanno», racconta Claudia. Il loro primo successo è stato avere una giostra inclusiva nel parco di Sant’Arcangelo di Romagna, dove vice Cristian, poi hanno saputo della “battaglia” di Elvira a Rimini e hanno partecipato alla progettazione di “Tutti a bordo!”: «A Rimini è stato fatto un lavoro bellissimo perché il parco è frutto di una progettazione partecipata, con un progettista e con le associazioni del territorio coinvolte», spiega Raffaella, «perché un conto è studiare sui libri o il bollino di accessibilità sui cataloghi delle aziende, un altro è chiedere ai bambini e ai genitori quali sono le difficoltà reali che incontrano e i loro bisogni».

I costi non sono il primo problema, ci sono tante persone disposte a dare una mano nella raccolta fondi, tanti parchi nati negli ultimi anni sono nati proprio così. Il problema vero è culturale: non ci si pensa. Abbiamo mandato una mail a più di mille amministrazioni comunali, per sensibilizzare su questo tema: ci hanno risposto in dieci

I costi? Il parco di Rimini è costato 150mila euro, tutto incluso, mentre il costo di un singolo gioco – nella logica dei piccoli passi – è sui 6mila euro. «I costi non sono il primo problema, ci sono tante persone disposte a dare una mano nella raccolta fondi, tanti parchi nati negli ultimi anni sono nati così», dice Raffaella. A Livorno ad esempio un parco giochi inclusivo è stato realizzato grazie all’associazione Camminatori Folli, a Triggiano in provincia di Bari grazie all’associazione L’altra Via, a Cosenza grazie a La Terra di Piero, a Milano grazie ad Atlha e a Vercelli grazie a Buid10, mentre a Scandiano e Malnate diverse associazioni si sono unite per raggiungere questo obiettivo. Il problema vero è ancora culturale: non ci si pensa. «Abbiamo mandato una mail a più di mille amministrazioni comunali, per sensibilizzare su questo tema», confida Claudia, «sa in quanti ci hanno risposto? Dieci». La campagna Uildm vuole agire proprio su qeusto punto, conclude Marco Rasconi: «se in tanti comuni mettiamo a disposizione una piccola cifra, i Comuni intanto saranno portati a fare una riflessione sul tema dell'accessibilità dei loro parchi gioco e poi forse si sentiranno invogliati a metterci del loro. Insomma, ci piacerebbe fare da effetto leva».

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