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Coronavirus e crisi economica: l’Europa dov’è?

L'impatto del coronavirus sull'economia del nostro Paese sarà devastante, per questo servono misure urgenti. Ecco la nostra proposta: i virus bond. Ma l'Europa deve fare la sua parte

di Marcello Esposito

Nel suo recente intervento sull’Huffington Post l'economista Alberto Quadrio Curzio ha espresso una posizione chiara. Quadro Curzio ha ragione: l’impatto economico del coronavirus sull’economia mondiale sarà devastante.

In assenza di vaccini o cure specifiche, l’unico modo per contenere la diffusione di una malattia – che non è poco più di un raffreddore – consiste nell’isolare i focolai. Lo strumento della quarantena è efficace ma estremamente costoso da un punto di vista economico. A pagarne le conseguenze maggiori, oltre alla Cina, saranno tutti i Paesi maggiormente esposti al commercio internazionale. L’Italia, la Germania e molti altri paesi europei sono tra questi.

Su Vita, sabato scorso, ho avanzato una proposta (qui) che in parte riecheggia una vecchia proposta del professor Quadro Curzio e di Romano Prodi, quella degli euro-bond. Una proposta ispirata alle misure eccezionali di sostegno che la Cina ha varato per aiutare le imprese più impattate dal coronavirus. Si tratta dei cosiddetti “virus bond”, cioè di forme di garanzia statale e di sussidio alle imprese che si concretizzano in un tasso d’interesse più basso sulle emissioni obbligazionarie dei soggetti che hanno subito un significativo danno economico a causa delle politiche di contenimento del contagio.

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Nella mia proposta i virus euro-bond dovrebbero essere garantiti collettivamente da tutti gli Stati aderenti all’euro e dovrebbero essere utilizzati per finanziare le misure di sostegno all’economia dei paesi colpiti dal coronavirus. D’altro canto, se un paese mette in quarantena una certa area, a beneficiarne non sono solo gli altri cittadini di quel paese ma anche tutti i cittadini degli altri Stati europei. Ed è quindi giusto che il costo della quarantena sia sostenuto in quota parte da tutti i paesi della comunità.

I virus euro-bond sono quindi una sorta di euro-bond di scopo. Non verrebbero utilizzati per finanziare una generica spesa pubblica ma per finanziare la risposta ad una minaccia esistenziale per l’intera comunità dei cittadini europei.

Quindi, oltre alle spese sanitarie dirette, servirebbero per il costo della Cassa Integrazione, per l’indennità malattia, per la disoccupazione che sarà causata dall’inevitabile recessione in cui l’economia europea cadrà nel corso del 2020. Ed anche per indennizzare e aiutare tutte le aziende che contavano sugli eventi sportivi, sulle manifestazioni commerciali, sui viaggi e sul turismo …

Stiamo parlando di cifre molto consistenti, probabilmente superiori all’1% del PIL europeo e quindi enormemente superiori ai 232 milioni che la Commissione ha già messo a disposizione e fuori portata per il bilancio comunitario. Spese che quindi possono essere finanziate solo dai bilanci nazionali, ma che non possono e non devono essere conteggiate nel deficit ai fini di Maastricht.

In questa fase storica, con i tassi negativi per quasi tutti i paesi europei, il “costo” dei virus eurobond sarebbe nella peggiore delle ipotesi nullo. Nel senso che nella peggiore delle ipotesi, la cedola sarebbe uno zero tondo (come accade già per i Bund tedeschi o gli OAT francesi). Ma, visto che sarebbero più sicuri dei Bund, in realtà è molto probabile che avrebbero un tasso negativo e quindi sarebbero una fonte di ricavo più che di costo per i contribuenti europei.

D’altro canto, se anche a fronte di un costo nullo o negativo, i leader europei non colgono l’occasione della minaccia del virus per mostrare ai propri cittadini e alle proprie imprese il volto buono dell’Europa, quello della solidarietà, viene effettivamente da chiedersi a cosa serva Bruxelles.

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