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Coronavirus, le aziende scelgono lo smart working

Uno dei decreti attuativi del dl 23 febbraio 2020 n. 6 - misure urgenti sul coronavirus - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, rende il lavoro agile immediatamente applicabile anche in assenza di accordi con l’azienda. In questo clima di emergenza lo smart working sembra configurarsi come lo strumento in grado da un lato di abbassare la possibilità dei contagi e dall’altro di mantenere stabile il livello di produttività

di Anna Spena

Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, nei comuni della zona rossa, le attività lavorative per le imprese, ad esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità, possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza. Sono 219 i contagi in Italia e questa mattina è salito a 5 il numero delle vittime. Il nostro Paese è così il terzo al mondo per numero di contagi, dopo Cina e Corea del Sud. In questo clima di emergenza lo smart working sembra configurarsi come lo strumento in grado da un lato di abbassare la possibilità dei contagi e dall’altro di mantenere stabile il livello di produttività.

Dopo l’emergenza Coronavirus sono diverse le aziende che si sono organizzate: «Già oggi le grandi multinazionali, gruppi come Unicredit e Generali stanno lavorando a pieno ritmo, nonostante gli uffici siano chiusi», ha dichiarato al quotidiano la Repubblica Mariano Corso, responsabile dell'Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano. «Hanno percentuali di lavoratori attrezzati per il lavoro agile del 60-70%, e un'organizzazione corrispondente. Chi invece non è attrezzato avrà maggiori difficoltà, e magari se sarà costretto a organizzarsi nel giro di pochi giorni avrà anche un calo della produttività, che di regola con lo smart working invece sale anche del 15-20%, perché si lavora per obiettivi. Ma è comunque meglio che stare fermi, costringendo anche i lavoratori a farlo».

Altre aziende come Heineken a Sesto San Giovanni chiede a tutti di i dipendenti, per quanto possibile, di lavorare da casa; la stessa cosa accade a Luxottica e Zambon (casa farmaceutica a Bresso). Intesa San Paolo ha comunicato di aver chiuso le filiali dei Comuni interessati dai provvedimenti Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano. Sky e Wind che hanno messo in smart working i dipendenti. La compagnia assicurativa Zurich ha disposto il lavoro in smart working per i dipendenti di Milano, Brescia, Modena, Rimini, Padova e Torino mentre Leonardo e Pirelli hanno sospeso le trasferte nazionali e internazionali.

Ad oggi in Italia sono 570mila i lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro. I dati della ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, descrivono una crescita del 20% nel 2019 rispetto al 2018. E un dipendente su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità.

«Oggi», dice Arianna Visentini, Ph.D. in Relazioni di Lavoro, che insieme a Stefania Cazzarolli ha scritto il libro “Smart Working: mai più senza” edito da Franco Angeli nell’ottobre 2019, «non è importante “dove sei” ma “se ci sei”. Le tecnologie ci consentono di svolgere dei compiti che fino a pochi anni fa potevamo fare solo dall'ufficio. Ora possiamo lavorare, mandare mail, scrivere progetti, stendere relazioni, fare meeting attraverso i nostri device. Non è più importante dove siamo fisicamente ma se siamo "connessi"».

Sempre stando ai dati dell’osservatorio del Politecnico di Milano nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è del 58%, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018. A queste percentuali vanno aggiunte un 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. Del restante 30%, il 22% dichiara probabile l’introduzione futura e soltanto l’8% non sa se lo introdurrà o non manifesta alcun interesse.

Anche tra le piccole e medie imprese si registra però un aumento della diffusione dello smart working: i progetti strutturati passano dall’8% del 2018 al 12% nel 2019, quelli informali dal 16% al 18%. Nonostante un raddoppio dei progetti strutturati rispetto al 2018, il lavoro agile nella pubblica amministrazione invece è un fenomeno ancora troppo poco diffuso. I progetti di smart working nel settore pubblico coinvolgono mediamente solo il 12% dei dipendenti.

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