Welfare

La Cassazione: “L’obbligo di soccorso si compie portando i naufraghi in un porto sicuro”

Sono state depositate oggi le motivazioni con cui la Cassazione ha confermato il no all’arresto della comandante della nave della ong tedesca. Rackete era stata accusata di aver forzato il blocco navale della motovedetta della Guardia di finanza

di Redazione

Carola Rackete ha adempiuto alle disposizioni sul salvataggio in mare e per questo è corretta la decisione del Gip di Agrigento che non ha convalidato l’arresto della comandante della Sea Watch. E quanto scrivono i giudici della terza sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 17 gennaio confermavano la decisione del gip di Agrigento che aveva rimesso in libertà la comandante della nave approdata a Lampedusa forzando il blocco della Guardia di Finanza, e provocando la collisione avvenuta lo scorso 29 giugno trala Sea Watch 3 con a bordo 40 migranti nel porto di Lampedusa e la motovedetta della guardia di Finanza.

Per i giudici di piazza Cavour "l'obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell'atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l'obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro". Per questo motivo la Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura, dando così ragione alla gip di Agrigento Alessandra Vella, che non aveva convalidato l'arresto di Carola Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, di cui era accusata la donna. Secondo i giudici della Cassazione inoltre "le navi della guardia di finanza sono certamente navi militari, ma non possono essere automaticamente ritenute anche navi da guerra".

Rackete ha agito in maniera «giustificata» dal rischio di pericolo per le vite dei migranti sulla sua nave. L’obbligo di prestare soccorso dettato dalla convenzione internazionale Sar di Amburgo, precisano i giudici della terza sezione penale, non si esaurisce infatti nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro», e tale non può essere qualificata, «una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone».

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.