Welfare

Repressione etnica in Cina

Pechino proibisce alla principale università dello Xinjiang di tenere le lezioni nella lingua degli uighuri. All'etnia uighura appartiene il 60 per cento della popolazione della provincia

di Daniela Romanello

Nuovo atto di repressione delle autorità cinesi contro l?etnia uighura dello Xinjiang (Cina occidentale). Pechino ha ordinato alla principale università di questa provincia di sospendere, a partire dal prossimo settembre, le lezioni tenute nella lingua degli uighuri. Da quella data in poi i corsi si svolgeranno esclusivamente in cinese mandarino. Motivazione ufficiale della scelta è “elevare gli standard educativi” dell?ateneo, ma il gruppo etnico ritiene che si tratti di un vero e proprio attacco contro la propria cultura e identità. Gli studenti uighuri temono inoltre che questa decisione finirà per incidere in modo pesante sul loro rendimento scolastico, favorendo i compagni che non appartengono a questa etnia e che probabilmente in futuro avranno maggiori occasioni di trovare lavoro. Gli uighuri sottolineano infine che, al momento, sono pochi i libri di testo tradotti dal mandarino nella loro lingua. Lo Xinjiang – regione autonoma prevalentemente desertica e petrolifera, confinante a nord con Kazakistan e Mongolia e a sud con Kashmir e Tibet – è da tempo teatro di attentati del movimento separatista che lotta per la costituzione di uno Stato indipendente del Turkestan orientale. Il 60 per cento dei circa 17 milioni di persone che abitano in Xinjiang appartiene all?etnia uighura. Pechino, che da sempre lotta per mettere a tacere i separatisti, ha intensificato la sua azione di repressione nei mesi scorsi, in nome della guerra al terrorismo internazionale proclamata dagli Usa dopo le stragi dell?11 settembre.

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