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A Bruxelles 50 Paesi per raccogliere fondi contro i tagli di Trump

Un evento di fundraising che mobilita oltre 50 Paesi per colmare il vuoto lasciato dai tagli dell’amministrazione Trump alla cooperazione, dopo la reintroduzione della normativa che impedisce qualsiasi sostegno del governo americano a organizzazioni che prevedono l’assistenza o anche solo la diffusione di informazioni relative all’aborto. Un buco da 600 milioni di dollari che rischia di avere un effetto a catena su tutti gli aiuti sanitari nei Paesi in via di sviluppo

di Ottavia Spaggiari

Una risposta compatta quella dei 50 Paesi riuniti mercoledì a Bruxelles per la conferenza She Decides, l’iniziativa di raccolta fondi che punta a colmare il vuoto lasciato dai tagli di Trump alla cooperazione, dopo la decisione del mese scorso di ristabilire la normativa che era stata istituita negli anni ’80 dall’ allora presidente Reagan e che impedisce la destinazione di aiuti esteri da parte degli Stati Uniti a organizzazioni che prevedono l'assistenza o anche solo l’offerta di informazioni relative all’interruzione di gravidanza.

Secondo il New York Times, Trump avrebbe reso la normativa ancora più stringente, congelando i contributi alle ONG che lavorano nei Paesi in via di sviluppo e che offrono consulenza sull’interruzione di gravidanza o portano avanti campagne per il diritto di scelta.

Un buco enorme quello lasciato dagli Stati Uniti, basti pensare che il contributo degli americani per i programmi di pianificazione familiare ammontano a 575 milioni di dollari in 40 Paesi, mentre la somma destinata agli aiuti sanitari a livello globale si aggira intorno ai 9 miliardi in 60 Paesi. Oggi tutte le organizzazioni che ricevono fondi dagli Stati Uniti per l’assistenza sanitaria dovranno certificare che non offrono né servizi di assistenza all’interruzione di gravidanza, né consulenza, né informazioni di qualsiasi rispetto all’aborto, e che non portano avanti campagne a favore di diritto di scelta, nemmeno se queste sono sostenute da fondi non americani.

Organizzata dal ministro della cooperazione allo sviluppo belga, insieme ai ministri della cooperazione di Olanda, Svezia e Danimarca, punta a raccogliere 600 milioni di dollari, per compensare il mancato sostegno degli Stati Uniti alle organizzazioni e alle agenzie delle Nazioni Unite, che rischia di ripercuotersi pesantemente anche su tutti gli altri tipi di aiuti sanitari, incluse le azioni messe in campo per contrastare la polio, il virus Zika e l’HIV poiché, nella maggior parte dei casi, le informazioni sull’ interruzione di gravidanza e l’accesso all’aborto rappresentano solo una parte dei servizi garantiti dalle organizzazioni che si occupano di assistenza sanitaria non solo alle donne, ma anche ai neonati.

“Non si tratta di una conferenza contro l’amministrazione americana, questa è una conferenza per qualcosa”, ha dichiarato al quotidiano britannico Guardian il ministro della cooperazione svedese Isabella Lövin. “È un modo per esprimere il nostro forte supporto per i diritti delle donne e per i progressi che sono stati fatti fino ad oggi. L’accesso ai contraccettivi e alla pianificazione familiare è un veicolo per lo sviluppo e per l’eliminazione della povertà”.

Oltre ai 50 Paesi presenti all’evento, tra cui Regno Unito, Finlandia, Lussemburgo, Canada ed Estonia, anche diverse fondazioni e sponsor privati, oltre a rappresentanti dai Paesi in via di sviluppo, tra cui Afghanistan, Chad ed Etiopia. Secondo l’Ong Marie Stopes International, la normativa reintrodotta dall’amministrazione Trump potrebbe tradursi in 2.2 milioni di aborti in condizioni a rischio e alla morte di 21.700 giovani madri nei prossimi quattro anni.

Belgio, Danimarca, Olanda e Norvegia hanno già stabilito il proprio contributo di 10 milioni di dollari, altri Paesi occidentali, fondazioni e privati hanno espresso l’intenzione di donare, basterà per colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti?

Foto: ERIC FEFERBERG/AFP/Getty Images

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